L’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) ha incontrato i cinque principali operatori energetici della Penisola – A2A, Edison, Enel Italia, Eni e Terna – nell’ottica di valutare le loro capacità ed esperienze per lo sviluppo di best practice in un quadro strategico di cooperazione tra pubblico e privato.
Nell’incontro, in particolare, è stato deciso di coinvolgere i maggiori player nazionali energetici lungo tre direttrici: organizzare esercitazioni, coinvolgendo le telecomunicazioni e tenendo anche conto di quanto appreso dalle recenti emergenze blackout in Spagna, Francia e Portogallo per l’importanza di assicurare la continuità dei servizi per le forti interdipendenze; rafforzare la maturità cyber delle pmi nelle filiere critiche; continuare a investire sulla formazione delle risorse umane quale elemento strategico per la difesa dal rischio cyber.
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Un ambito nevralgico da proteggere con la massima attenzione
Le infrastrutture critiche, ricorda l’Acn in una nota, in particolare quelle a cui è legata la continuità delle funzioni e dei servizi essenziali di un Paese – e il settore energetico è tra quelli più sensibili in questo contesto – rappresentano, nell’attuale scenario di turbolenza geopolitica, un ambito nevralgico da proteggere con la massima attenzione anche dal rischio cibernetico.
L’integrazione delle diverse capacità di protezione e risposta è stata tra l’altro sul Tavolo del vertice Nato dell’Aia, dove si è fatto riferimento a un concetto allargato di prontezza in cui rientrano i temi di protezione civile, difesa civile e, naturalmente, di difesa cibernetica dei Paesi che fanno parte dell’Alleanza.
In questo quadro rientra l’incontro con le cinque primarie aziende attive a livello nazionale nel settore energetico. Anche e soprattutto in questo modo Acn sta operando a favore della resilienza sistemica del Paese, per prevenire e contrastare con efficacia ed efficienza crisi cibernetiche di vasta scala e ad ampio spettro, suscettibili di impatti anche di tipo cinetico su altri settori vitali per gli interessi nazionali.
Il precedente da non ripetere: il blackout nella penisola iberica
Il tema è balzato agli onori delle cronache dopo il già citato blackout elettrico che lo scorso aprile ha interessato l’intera penisola iberica, interrompendo le comunicazioni, la rete internet e quella telefonica nel Paese e causando gravi disagi ai trasporti, alle telecomunicazioni e alle infrastrutture strategiche nazionali.
Tra i primi settori ad aver subito da subito le conseguenze del blackout ci sono i trasporti, con la compagnia nazionale Renfe che ha deciso di bloccare i treni nelle stazioni. Disagi a catena anche negli scali aerei, in particolari negli aeroporti di Madrid e Lisbona. Bloccate anche le metropolitane a Madrid, Barcellona e Valencia, mentre le autorità hanno invitato i cittadini a rimanere a casa e a non prendere le automobili a causa del blocco dei semafori e delle congestioni al traffico determinate da questo disservizio.
Il collasso della rete digitale
Con il crollo della rete elettrica, anche il cuore pulsante della società digitale – la connettività – ha mostrato tutta la sua fragilità: Internet down nel 90% in Portogallo, con un crollo dell’80% in Spagna. Anche le reti mobili sono rimaste paralizzate, con le applicazioni di messaggistica ridotte al silenzio.
È bastato un fenomeno di “oscillazioni anomale” sulle linee ad altissima tensione, complice il maltempo estremo, per tagliare fuori la penisola iberica dalla rete europea. Ed è bastata qualche ora senza corrente per mettere in crisi anche i più robusti sistemi di backup delle telecomunicazioni.
C’è comunque un lato positivo in questo disastro, che per fortuna ha avuto vita breve: il blackout iberico ha destato l’allarme in tutta Europa, e l’iniziativa dell’Acn è una delle prime risposte che si sono registrate dopo l’emergenza. Ora bisogna passare all’attuazione di strategie concrete. Nello specifico, occorre:
- Investire in backup energetici intelligenti, possibilmente ibridati con fonti rinnovabili.
- Dare priorità assoluta ai servizi critici nelle emergenze, garantendo la loro operatività anche in condizioni estreme.
- Collegare le telecomunicazioni alle strategie di protezione civile, trattandole come infrastrutture salvavita, non solo come servizi commerciali.
- Sviluppare una resilienza di sistema, non affidarsi alla fortuna che le batterie durino abbastanza.
La collaborazione tra telco, operatori energetici e governi deve diventare in questo senso sistematica. Non bastano più protocolli di emergenza scritti sulla carta: serve un ecosistema realmente resiliente, in grado di sostenere le nuove esigenze di una società che, senza connettività, non può funzionare.