IL CASO

Attentati Hamas, contro Facebook causa da un miliardo di dollari

I parenti delle vittime denunciano la piattaforma perché fornirebbe “un mezzo che consente ai terroristi di incitare alla violenza e di organizzare attacchi”. La replica dell’azienda: “Non diamo spazio ai contenuti che promuovono odio”

Pubblicato il 12 Lug 2016

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Causa da un miliardo di dollari per Facebook. Il social network è stato denunciato dai parenti delle vittime dei recenti attacchi terroristici in Israele per aver, come spiega Reuters, “aver deliberatamente fornito materiale di supporto e risorse ad Hamas”, questo almeno secondo quanto riferito dai Reuters.

L’azione legale, presentata da quattro cittadini che hanno la doppia cittadinanza (israeliana e americana) e da un turista americano, è stata depositata presso la Corte Distrettuale degli Stati Uniti nel Distretto Meridionale di New York. Secondo i ricorrenti Facebook sarebbe stato usato per comunicare e coordinare gli attacchi e veicolare anche alcune foto di propaganda palestinese dove si inneggia all’uccisione di soldati israeliani.

Lo studio legale Darshan-Leitner che ha presentato la denuncia ha anche chiesto un’ingiunzione contro Facebook per bloccare il social network nelle case dei palestinesi che istigano alla violenza contro Israele. Dal canto loro i rappresentanti di Hamas sostengono che anche i soldati israeliani celebrano sul social network la morte dei palestinesi.

Pronta la risposta di Facebook. “Vogliamo che le persone si sentano al sicuro quando usano Facebook. Non c’è spazio per contenuti che promuovono la violenza, minacce, terrorismo o odio sulla nostra piattaforma. Abbiamo stabilito degli standard pensati per aiutare le persone a capire cosa è concesso su Facebook, e invitiamo gli utenti a segnalare quando ritengono che un contenuto violi queste regole, in modo da poter esaminare ciascun caso segnalato e agire prontamente”.

Ma non sarà facile spuntarla per i ricorrenti. In questi casi la parte citata in giudizio fa appello al Communications Decency Act del 1996 dove si specifica che un provider di servizi internet o servizi web che ospita contenuti di terze parti non è responsabile per le azioni dei suoi utenti.

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