Balocco (Polimi): “Pmi online, c’è ancora ritardo da smaltire”

Il Responsabile scientifico dell’Osservatorio Ict and Pmi, School of Management Politecnico di Milano: “Soltanto una piccola parte delle piccole e medie imprese italiane usa il sito in modo efficace”

Pubblicato il 14 Nov 2011

Si sta sciogliendo il blocco culturale che finora ha tenuto lontana
da Internet la massa delle Pmi italiane: un po’ per fronteggiare
la crisi, un po’ perché la filiera sta maturando. Buone notizie,
quindi, anche se c’è ancora un grosso ritardo da smaltire,
secondo Raffaello Balocco, che cura questi temi per School of
Management-Politecnico di Milano.
Come usano il Web le Pmi italiane?
L’80%
delle Pmi ha un sito. Non sarebbe tanto in meno rispetto
all’Europa. Ma il problema è un altro: come lo usano, questo
sito Web. Ebbene, lo usano in un modo ben poco efficace. Solo una
piccola percentuale di loro sa adoperarlo bene.
Gli errori più comuni?
In generale, troppi
siti delle Pmi sono una semplice trasposizione delle brochure e del
catalogo cartacei. Con informazioni spesso non aggiornate,
peraltro. Sembra che l’imprenditore tipico pensi: “Ora faccio
un sito per farmi vedere su Internet”. Non è vero, non funziona
mica così. Bisogna fare promozione online perché qualcuno vada
sul sito. Altrimenti è come mettere un negozio in un sottoscala,
senza indicazioni per i passanti.
Si respira però un’aria di svolta. Vedete sviluppi
positivi in questo scenario?
Sì: dal 2007 al 2010
l’indice di maturità Ict che calcoliamo è cresciuto abbastanza
tra le Pmi. Il blocco culturale si sta alleggerendo.
I motivi?
Molte Pmi italiane sono alla “canna
del gas” e cercano un sistema per recuperare. La crisi aguzza
l’ingegno, si può dire. Devono aprirsi a mercati internazionali
e non hanno molti soldi per farlo con una promozione tradizionale:
così trovano soccorso nel Web. C’è inoltre un ricambio
generazionale: cominciano a entrare giovani, nelle aziende. Ma
migliora anche l’offerta Ict dedicata alle Pmi. Prima i fornitori
tecnologici avevano in mente perlopiù le aziende medio-grande e
proponevano offerte con lo stesso approccio anche quando si
rivolgevano alle Pmi. Si cominciano a vedere ora servizi Sap
modellati per le esigenze delle Pmi. Progrediscono anche gli
strumenti e le piattaforme che agevolano lo sbarco online. I costi
delle piattaforme sono molto più bassi rispetto agli anni scorsi.
Le software house adesso guidano per mano le Pmi in questo mondo.
Si moltiplicano i servizi cloud computing che permettono di creare
siti in modo fai da te.
Per intenderci: che cosa dovrebbe fare la Pmi per sbarcare
bene online, se non usa una piattaforma “chiavi in
mano”?
Deve mettere sul sito servizi a valore
aggiunto per l’utente, sempre aggiornati, con prevendita, post
vendita. Servizi per scaricare il manuale e l’assistenza. Poi
deve fare promozione al sito. Indicizzarlo, comprare parole chiave.
Iscriversi su directory specializzate. Queste cose sono importanti
soprattutto per le aziende che esportano prodotti all’estero.
E agire sui social network?
Calma. Le aziende
italiane devono ancora adottare l’abc dell’online. Solo dopo
possono complementare l’azione promozionale, prevalentemente
basata su Google e le parole chiave, con la presenza sui social
network e la cura della community. A tal proposito, è importante
verificare la reputazione dell’azienda sul Web. Spiccano già
alcuni casi di successo e d’avanguardia: un’azienda che vende
mobili ha assunto una persona solo per la cura della
reputation.
Insomma, in Italia ci sono sia casi d’eccellenza sia una
generale scarsa reattività. Non è paradossale?

Bisogna tener conto che resta un ritardo culturale delle Pmi nei
confronti dell’informatica. L’imprenditore decide tutto e se
non è sensibile a questo tema l’azienda non fa niente. Non ci
sono competenze ibride di tecnologia e management. Di contro, se
l’imprenditore è giovane ed entusiasta, ecco che fa avanguardia.
I buoni casi non mancano, adesso si tratta di trascinare il grosso
del mercato.

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