DIGITAL ITALY

Catania: “Parola d’ordine execution”

“Ora bisogna procedere con ossessiva attenzione all’attuazione dei progetti”, sottolinea il presidente di Confindustria Digitale. “Dare priorità a sviluppo delle startup e delle città laboratorio, innovazione delle Pmi, realizzazione delle nuove reti e digitalizzazione della PA”

Pubblicato il 07 Lug 2014

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«Una chiamata alla mobilitazione di imprese e istituzioni. Un’iniziativa politica senza precedenti. Ma sia chiaro: dal 9 luglio bisogna procedere con ossessiva attenzione all’attuazione dei progetti”: Elio Catania, presidente di Confindustria digitale considera l’evento di Venezia un appuntamento di grande importanza per l’Italia e l’Europa tutta, la tappa iniziale di un percorso che deve mirare a portare a casa il Mercato unico digitale.

“Questa volta non bisogna ripetere gli errori fatti con la strategia di Lisbona, un piano sì ben declinato negli intenti, ma non definito nella sua attuazione e quindi non portato a compimento. E ben venga l’istituzione di un Consiglio dei ministri digitali che si ponga in agenda la verifica dell’attuazione dei progetti”, sottolinea il numero uno di Confindustria digitale. L’ossessione sull’execution – così come la chiama Catania – è la chiave affinché la dichiarazione di leadership e la manifestazione dell’impegno nel voler fare il Connected Continent si concretizzi. “A valle della Venice Declaration ci deve essere un’attenzione ossessiva su piani, traguardi, responsabilità e tempi, a livello europeo e di singoli Paesi. E bisogna tenere sempre a mente la questione dell’interoperabilità fra le piattaforme e i sistemi affinché le differenze di oggi non vadano ad amplificarsi ulteriormente”, evidenzia Catania.

“L’aver riconosciuto in maniera esplicita che non c’è crescita senza digitale è un punto di partenza importante, ma ora bisogna superare le resistenze e le diffidenze che ancora esistono verso le nuove tecnologie”. Da parte sua Confindustria digitale – che all’evento dell’8 luglio rappresenterà la voce dell’industria dell’Ict che opera in Italia -, si prepara a scendere in campo con “la proposta di pochi ma importanti progetti su cui puntare affinché si possano mettere a segno gli obiettivi già delineati nell’Agenda digitale europea”.

Favorire lo sviluppo delle startup e delle “città laboratorio”, spingere l’innovazione delle Pmi, realizzare le infrastrutture necessarie ad abilitare servizi innovativi e investire nella digitalizzazione della PA, i quattro assi su cui punta la costola digitale di Viale dell’Astronomia. In dettaglio, riguardo alle startup, “il tema è centrale, ci deve essere una politica europea che poi si declini a livello nazionale – spiega Catania -. Occorrono agevolazioni fiscali, ma soprattutto bisogna creare quell’ecosistema in grado di alimentare la nascita e la crescita delle startup e che consenta a queste aziende di divenire progressivamente parte del sistema industriale”.

In tema di innovazione delle Pmi “i singoli Paesi Ue ci stanno lavorando, ma non c’è un piano unitario e quindi si procede a macchia di leopardo. Ebbene credo invece sia necessario, anche in questo caso, un approccio europeo affinché si possa procedere con una strategia univoca. Una misura importante da mettere a punto è quella dei voucher: buoni finanziati con i fondi strutturali che devono aiutare le imprese ad acquistare nuove tecnologie e competenze”. Va da sé – evidenzia Catania – che “parallelamente bisogna innovare e allineare la PA”.

“L’identità digitale, ad esempio, deve essere unica in tutta Europa. Il cittadino non deve ritrovarsi ogni volta a dover cambiare i propri codici o le modalità di comunicazione nei confronti della PA dei diversi Paesi Ue. È necessario procedere attraverso la messa a punto di piattaforme che abbiano standard di riferimento comuni. E lo stesso deve valere per l’anagrafe unica e per il fascicolo sanitario elettronico. Insomma, che non si costruisca un’Europa digitale che non si parla”.

Determinante anche il tema infrastrutture: “Bisogna rimuovere gli ostacoli affinché gli obiettivi europei 2020 si possano attuare”, sottolinea Catania, il quale fa riferimento specifico a questioni quali i limiti elettromagnetici, ma anche i passaggi burocratici (fra richieste di autorizzazioni e verifiche) che sottostanno alla realizzazione delle nuove reti a banda larghissima fisse e mobili. “Inoltre bisogna venire a capo dell’annoso dibattito sulle aree a fallimento di mercato dove gli operatori non hanno convenienza a investire. Qui il tema è: vogliamo o no fare le autostrade digitali? Se la risposta è sì, e deve essere sì, allora vanno previsti incentivi fiscali per la realizzazione di queste infrastrutture strategiche, così come si è fatto ai tempi della costruzione delle autostrade”.

L’ infrastrutturazione a banda ultralarga è fra l’altro determinante per la realizzazione delle città-laboratorio: “Trasformare le nostre città in laboratori digitali in cui affrontare con soluzioni innovative problemi come l’energia, i rifiuti, i trasporti, è senz’altro uno dei punti più interessanti della Venice Declaration. Tuttavia, la ‘digital trasformation’ va guidata da una leadership consapevole e capace di offrire la massima libertà di espressione e ascolto alle idee e ai progetti innovativi che vengono dal basso. Solo così saremo in grado di far diventare smart le nostre città. Inoltre un modello simile nelle aree oggi in digital divide potrebbe offrire una soluzione anche per superare questo gap”. Catania accende infine i riflettori sul tema dei fondi europei: “Siamo di fronte alla necessità di investimenti importanti. E dunque vanno individuati modelli innovativi. Le partnership pubblico-private, su cui il documento europeo insiste molto, devono essere ripensate in ottica di forte cooperazione fra le parti superando le contrapposizioni e creando condizioni pre-competitive di collaborazione finalizzate a qualificare i nuovi progetti. E poi bisogna anche ragionare sull’opportunità di riconsiderare il dna della spesa in tecnologie: è giusto continuare a considerarla nei costi e quindi farla ricadere nelle regole del patto di stabilità oppure è più corretto farla rientrare negli investimenti considerato che rappresentano, come afferma la Venice Declaration, la chiave per la crescita e lo sviluppo?”

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