L'INCHIESTA

Cloud, si risparmia davvero? Non sempre

Tramonta il mito della nuvola come taglia-costi. Anzi, a volte le spese possono persino crescrere. Conviene migrare le applicazioni con carico variabile e non costante. Isaca: “Le aziende non dimentichino di mettere in conto i costi nascosti”

Pubblicato il 15 Ott 2012

Alessandro Longo

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Il cloud fa risparmiare e permette di tenere sotto controllo i costi solo se ci prepariamo per bene al suo avvento. Solo se comprendiamo con precisione le nostre esigenze e quindi compriamo i servizi con la giusta cognizione di causa. Comincia a fare strada questa consapevolezza tra le aziende che hanno già adottato le tecnologie cloud. Lo dimostrano due novità: da una parte, la grande mole di rapporti usciti su come calcolare i costi del cloud; dall’altra, la nascita di aziende specializzate in questa funzione.

Tramonta quindi il mito del cloud visto come sicuro strumento di risparmio, manco fosse una bacchetta magica. Si entra ora in una fase più matura e per le pmi è un’opportunità, sia che abbiano o – com’è più probabile – non abbiano già adottato il cloud: ora possono evitare errori che possono portare a spese impreviste. E così non ritrovarsi come quel 31% di grandi aziende che, intervistate da Forrester quest’anno, ha scoperto di spendere meno con i server in house che con il cloud.

Il primo aspetto economico da considerare è alla base di tutto: all’azienda conviene che le spese Ict siano ricorrenti, con un canone (com’è tipico del cloud), piuttosto che impattare in conto capitale (come avviene con l’acquisto di hardware e software)? La risposta può dipendere da molti fattori (fiscali, finanziari), ma per le pmi al solito è positiva. Significa che il cloud conviene, almeno in teoria. In pratica bisogna fare un passo ulteriore: scoprire quali sono i carichi di lavoro da portare sulle nuvole. Il principio generale è che conviene migrare quelle applicazioni che hanno un carico variabile. Con quelle che richiedono un carico costante ed elevato, invece, il modello pay per use rischia di far spendere troppo, nota Forrester.

Molti fornitori di cloud pubblico, però, concedono sconti alle aziende che prenotano in un anticipo una quantità di lavoro sulla nuvola. Insomma, il pay per use “prepagato” fa risparmiare, ma richiede che gli utenti riescano a prevedere con una certa approssimazione i propri consumi IT. Un altro consiglio base è anche ottimizzare le proprie esigenze IT, in modo da evitare gli sprechi e quindi i consumi sulla nuvola, e rendere i consumi più prevedibili.

Il mercato sta diventando sempre più consapevole di questo problema e quindi sta partorendo aziende e strumenti specializzati nel calcolo del cloud. Una delle più note è Cloudability: offre alle aziende un pannello di controllo dove tracciare un centinaio di servizi (tra cui quelli Amazon e Salesforce). Ha già 3.400 clienti, perlopiù tra grandi aziende. Cloudability fornisce un rapporto sui costi dei servizi cloud attivati dall’azienda. Che quindi non è costretta a dedicare parte del personale a questo compito e può anche studiare meglio i propri consumi, per ottimizzarli. Altre aziende simili sono uptimeCloud e Cloudyin. Già alcuni vendor tradizionali inoltre cominciano a introdurre questi strumenti di calcolo nella propria piattaforma: è il caso di Rightscale.

Appartiene a questa stessa filosofia – nuvole sì ma con giudizio – un recente rapporto dell’associazione Isaca, “Calculating Cloud Roi”. Rileva che ci sono cinque costi nascosti che spesso le aziende dimenticano di mettere in conto nel migrare a questa tecnologia. Il costo di riportare tutti i servizi su server interni nel caso in cui nuove regole impediscano di usare il cloud in quel caso specifico. Il costo di attivare e gestire contromisure per ridurre il rischio associato. Terzo: spese impreviste dovute alla migrazione dei sistemi. Quarto: perdita di competenze IT internet, che davano un vantaggio competitivo, a causa della standardizzazione dei sistemi (come conseguenza dell’uso di cloud pubblico). Quinto: il vendor lock in, che può ostacolare una futura adozione di servizi di altri fornitori.

Una volta considerato tutto questo, è possibile andare verso i vantaggi- anche economici- del cloud computing. Non prima.

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