L'INTERVISTA

Michael Slaby: “Presidential campaign come servizio al cliente”

Il Cio di Obama parla del ruolo della tecnologia che ha permesso il “microascolto”: “Dati online e offline dei cittadini integrati dentro i database”

Pubblicato il 16 Feb 2013

Luciana Maci

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Integrazione di idee e piattaforme, uso del cloud, superamento della distinzione tra organizzazione online e offline: sono le armi tecnologiche che hanno permesso a Barack Obama di vincere la campagna elettorale, come spiega Michael Slaby, Chief Integration and Innovation Officer del presidente Usa. In particolare Slaby sottolinea l’importanza del “micro-ascolto”: condividere i dati di ogni singolo potenziale elettore, raccolti dai volontari sia attraverso il rapporto personale sia online, in modo da potergli inviare messaggi personalizzati che lo riguardino direttamente e, in qualche modo, lo “colpiscano al cuore”.

Come siete riusciti a integrare le comunità online con i dati offline?

La grande novità della campagna 2012 è stata Narwhal, piattaforma che ha appunto consentito di integrare tutti i database dei team operativi. Per esempio, se un volontario visitava qualcuno il cui figlio era a combattere in Afghanistan, il giorno dopo poteva arrivargli un’email in cui il presidente Obama, pur nel contesto più ampio della sua proposta politica, faceva preciso riferimento a quella situazione familiare. Si chiama micro-ascolto e funziona un po’ come un servizio clienti. In passato le grandi organizzazioni non erano in grado di ascoltare i singoli, oggi si può. La politica è diventata “personale”. Puoi avere un solo leader, ma un grande Paese ha milioni di storie: sta a noi saperle capire cosa conta di più per ognuno. Circa 700mila volontari hanno preso contatto con 125 milioni di individui: la gente si è sentita coinvolta.

Dal 2008 a oggi lo staff elettorale ha visto crescere di sette volte il comparto hi-tech, perché?

Nella campagna del 2008, quando Facebook e Twitter erano ancora “giovani”, si è trattato di adottare per la prima volta il digitale ed elevarlo a strumento di comunicazione politica. Nel 2012 si è rivelata essenziale la capacità di trovare soluzioni ai problemi in un contesto di integrazione incentrato sulla collaborazione. Le persone avevano strumenti differenti ed erano presenti su piattaforme differenti: per esempio capitava che un giorno uno facesse il volontario per Obama e il giorno dopo diventasse un suo “donor”. Proprio per questo sono stato nominato Chief Integration and Innovation Officer: il mio ruolo dimostra la necessità di elevare la tecnologia e l’integrazione a una posizione di leadership centrale. Ci ha costretto a cambiare mentalità ma ci ha consentito anche di offrire una visione unificata alle persone. Ne siamo stati capaci elevando ingegneria e analitics dentro una rete integrata. E riuscendo a costruire soluzioni specifiche ai nostri problemi e una nostra infrastruttura.

Siete stati facilitati nel lavoro dall’utilizzo del cloud computing?

Tutto questo è stato possibile grazie alla crescita del cloud. Non ci saremmo mai potuti permettere di investire milioni di dollari nelle infrastrutture. La tecnologia che consente di utilizzare qualsiasi tipo di documento senza bisogno di chiavette Usb, hard disk e archivi digitali si è rivelata particolarmente importante per la sua “agilità”.

Il team tecnologico dei repubblicani ha fatto qualche errore?

In realtà la squadra repubblicana aveva persone molto capaci che ragionavano come noi e capivano la straordinaria potenza della tecnologia. Ma la differenza sostanziale è che noi abbiamo avuto il “dono del tempo”: loro erano alle prese con le primarie del partito, noi avevamo già sviluppato la nostra piattaforma già da un anno. In effetti la loro campagna elettorale è stata molto simile alla nostra del 2008.

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