IL DIBATTITO

Cyberwar, l’Italia è al sicuro?

Alla Conferenza nazionale sulla Cyber Warfare a Roma esponenti della Difesa italiana ed esperti hanno discusso delle sfide per governi e aziende strategiche come telco e utility. Con un occhio all’Expo di Milano

Pubblicato il 19 Giu 2014

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Le nazioni sono in cyber-guerra: i recenti casi di Stati Uniti e Cina e Russia e Ucraina, che si combattono a suon di spie sulle reti informatiche, dimostrano che la cyber warfare è già realtà. Non stupisce perciò che gli esponenti della Difesa italiana siano stati numerosi a Roma alla 5ª Conferenza nazionale sulla Cyber warfare promossa dal Centro di Studi Strategici, Internazionali e Imprenditoriali (CSSII) dell’Università di Firenze, dall’Istituto per gli Studi di Previsione e le Ricerche Internazionali (ISPRI) e dal Centro Studi Difesa e Sicurezza (CESTUDIS), e ideata d’intesa con Maglan, multinazionale israeliana specializzata nella protezione delle informazioni nel settore civile e della difesa che offre servizi di sicurezza informatica e contromisure per combattere lo spionaggio industriale e informatico.

Uno dei temi emersi è stato quello dei rischi connessi con il prossimo Expo a Milano: in quell’occasione passeranno dall’Italia centinaia di capi di Stato e la loro presenza potrebbe far “gola” a molti cybercriminali. Le loro comunicazioni (non solo i loro device ma le reti italiane su cui viaggeranno i dati) sono al sicuro?

“Oggi ogni nazione è chiamata ad adottare dei protocolli che garantiscano la difesa delle infrastrutture critiche del Paese, a cominciare dalla banda larga”, afferma Paolo Lezzi, Ad di Maglan Europe. “Proteggere i sistemi di comunicazione deve rientrare nelle strategie non solo di solo di singoli enti o imprese, ma dei governi. Gli Stati devono dare una risposta coordinata e sistematica agli attacchi e con tempi reazione immediati, ma soprattutto prevenire i problemi, rafforzando e monitorando continuamente tutti i sistemi strategici del paese”.

La cyber warfare, che va a colpire tanto gli enti governativi quanto le industrie strategiche di un Paese (telco, banche, ricerca scientifica e tecnologica, energia…), viene perpetrata da organizzazioni criminali e a volte dagli stessi governi e si esprime non solo in singoli attacchi distruttivi ma in intrusioni subdole, come quando l’hacker si installa nel sistema di un’azienda o di un ente e vi resta nascosto per anni, partecipando alla nascita dell’informazione e manipolandola, con gravi ripercussioni a livello economico, politico, diplomatico o militare.

In Italia, è emerso in occasione della giornata di dibattito, l’80% delle aziende è vulnerabile ad intrusioni anche gravi o continuative, mentre le autorità pubbliche hanno preso consapevolezza della necessità di un piano organico, ma la strada da fare per rendere l’Italia “preparata” a una cyber warfare è lunga: gli attacchi di Anonymous ai sistemi della Marina e della Difesa hanno messo a nudo le vulnerabilità esistenti, mentre tanti sono ancora da noi i casi di spionaggio industriale tramite accessi non autorizzati alle reti It delle aziende, di cui a volte le aziende nemmeno si accorgono.

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