Nelle nostre economie digitali fondate sui dati, sulle ricerche online e, sempre più, sugli algoritmi di intelligenza artificiale, il boom dei data center è una notizia che non sorprende. Ma la corsa alla costruzione di centri dati risponde a un’esigenza concreta o la traiettoria attuale non è sostenibile nel lungo periodo? Insomma, siamo a rischio bolla?
È quanto si chiede il nuovo studio di Boston Consulting Group (Bcg), “Breaking Barriers to Data Center Growth”, che analizza le dinamiche profonde del settore dei data center.
“Anche in Italia il comparto si trova in un momento decisivo”, afferma Giulia Scerrato, Principal di Bcg.“L’espansione dei data center rappresenta un’opportunità straordinaria per diventare uno dei nuovi poli digitali d’Europa, attraendo investimenti, innovazione e posti di lavoro qualificati. Ma proprio per questo va gestita con equilibrio. Se la capacità cresce più in fretta della domanda reale, il rischio di una nuova bolla digitale è concreto. Come Paese dobbiamo evitare che l’attuale euforia si trasformi in sovracapacità strutturale come già accaduto in passato con la fibra ottica: investire troppo, troppo presto, senza una domanda solida e sostenibile.”
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Crescita dei data center: la traiettoria è sostenibile?
Secondo il rapporto, la richiesta mondiale di capacità dei data center crescerà in media del 16% l’anno tra il 2023 e il 2028, un ritmo superiore del 33% rispetto al triennio precedente. Entro il 2028, il fabbisogno globale di energia per i data center raggiungerà circa 130 gigawatt.
Bcg sottolinea che, nonostante il boom dell’intelligenza artificiale, le applicazioni aziendali tradizionali (archiviazione e condivisione di file, gestione delle transazioni e digitalizzazione dei processi interni) continueranno a rappresentare la parte dominante della domanda globale di data center, pari a circa il 55% del totale nel 2028, con una crescita media annua del 7%, spinta dall’aumento dei volumi di dati e dalla digitalizzazione delle attività aziendali.
Il peso dei carichi di lavoro dell’AI
Parallelamente, la domanda di elaborazione dei dati basata su GenAI si conferma il segmento a più rapida ascesa: rappresenterà circa il 60% della crescita totale della domanda di energia dei data center dal 2023 al 2028.
I carichi di calcolo necessari per l’addestramento dei modelli (come Gpt di OpenAI) evolveranno del 30% l’anno, mentre quelli per il loro utilizzo operativo cresceranno di oltre il 100%. Come precisa Bcg, con questa accelerazione l’Ai arriverà a pesare per circa il 35% del consumo totale di energia dei data center nel 2028, mentre il resto continuerà a dipendere dalle applicazioni aziendali più consolidate.
Le sfide e le prospettive italiane
Si cela qui una sfida cruciale: l’equilibrio tra domanda e infrastruttura disponibile. Il rapporto evidenzia che la velocità degli investimenti rischia di superare la reale capacità delle reti elettriche e delle catene di approvvigionamento, aprendo la strada a una possibile bolla tecnologica.
Se, da un lato, gli Stati Uniti rappresentano oggi circa il 60% della capacità installata globale di data center e continueranno a generare la maggior parte della crescita della domanda di potenza tra il 2023 e il 2028, negli ultimi due anni anche il nostro Paese ha registrato un incremento straordinario nelle richieste di connessione per nuovi data center. Secondo i dati di Terna, le domande sono passate dai 30 gigawatt di fine 2024 a oltre 50 gigawatt nel giugno 2025.
La concentrazione è particolarmente alta in Lombardia, con Milano che si afferma punto nevralgico nazionale raccogliendo il 49% delle richieste totali e circa 250 megawatt di potenza installata. Ma anche Roma, Torino e nuove aree come la Puglia e il Trentino stanno diventando protagoniste della mappa digitale del Paese.
Gli investimenti cumulativi stimati per il periodo 2023-2026 ammontano a circa 15 miliardi di euro, con la partecipazione di grandi operatori globali e nazionali. Accanto ai colossi del cloud e della tecnologia, si fanno strada anche progetti italiani di scala europea, come il campus da 300 megawatt previsto alle porte di Milano.
L’espansione è ancora più significativa alla luce dell’attenzione crescente verso la sostenibilità energetica: dal centro dati di Brescia, che riutilizza il calore generato dai server per alimentare il teleriscaldamento urbano, al Green Data Center dell’Università di Pisa, che ha ridotto i consumi del 40% rispetto agli standard tradizionali.
Data center, il rischio della “saturazione virtuale“
Eppure, dietro questa crescita si nasconde anche un possibile squilibrio. Il fenomeno della “saturazione virtuale”, segnalata anche da Terna, mostra come molte richieste di connessione non si traducano in costruzioni reali, ma servano solo a bloccare capacità di rete “sulla carta”. Un comportamento speculativo che ricorda la bolla della fibra ottica dei primi anni Duemila, quando furono realizzate dorsali capaci di gestire volumi di traffico che sarebbero arrivati solo molti anni dopo. Se la diffusione dei servizi di intelligenza artificiale e delle tecnologie digitali non procederà con la velocità attesa, potremmo infatti ritrovarci, avverte Bcg, con impianti sovradimensionati, costruiti troppo in anticipo rispetto alla domanda effettiva.
Scerrato sottolinea che il successo del settore dipenderà dalla capacità di fare sistema, integrando competenze industriali, piani energetici e politiche pubbliche. “Lo sviluppo dei data center non può procedere in modo disordinato: servono regole chiare, pianificazione coordinata e una visione di lungo periodo. Solo così l’Italia potrà consolidarsi come hub digitale europeo, evitando derive speculative”.
È essenziale, spiega Bcg, favorire la collaborazione lungo l’intera filiera e bilanciare i tre elementi chiave della trasformazione digitale: energia, infrastruttura e sostenibilità.
In Italia gli operatori stanno investendo massicciamente, ma la disponibilità energetica, i vincoli normativi e l’aumento dei costi di costruzione (stimato tra il 20% e il 25% rispetto al periodo pre-pandemico) impongono un approccio più selettivo e pragmatico.
Lo scenario globale: gli investimenti
Secondo la sesta edizione del “Global Technology Report” di Bain & Company, entro il 2030 il fabbisogno globale di potenza AI potrebbe raggiungere i 200 gigawatt, metà dei quali solo negli Stati Uniti.
Questa pressione si abbatte su reti elettriche che, negli ultimi vent’anni, hanno registrato consumi quasi stabili. Per soddisfare la domanda prevista, costruire i data center necessari richiederebbe circa 500 miliardi di dollari di investimenti annui. Un livello insostenibile con soli incentivi pubblici: il settore privato dovrà generare nuove entrate per finanziare l’upgrade energetico.
“L’AI sta mettendo sotto pressione le catene di approvvigionamento a livello globale. Entro il 2030 i leader tecnologici dovranno affrontare questa sfida trovando soluzioni sostenibili per una domanda in crescita esponenziale”, spiega Mauro Colopi, Partner e responsabile italiano Technology, Media and Telecommunications di Bain & Company.
Antonio Travaglini, Senior Partner di Bain & Company e responsabile globale Gaming, aggiunge: “I manager chiamati ad allocare capitali e pianificare investimenti si trovano di fronte a un vero dilemma: se puntano su una crescita continua e investono troppo, rischiano di ritrovarsi con capacità inutilizzata; se invece sottovalutano la crescita e questa dura più del previsto, rischiano di non avere abbastanza risorse per cogliere l’ondata di mercato”.



































































