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Google, gli Usa passano all’azione: “Scorporare Chrome”



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In un documento di 23 pagine il Dipartimento di giustizia avvia la richiesta ufficiale. Stop anche agli accordi con i produttori di smartphone per imporre di default l’utilizzo del browser. La big tech: “Danno ai consumatori e alla leadership tecnologica americana”

Pubblicato il 21 nov 2024



google, big tech, over the top

Scorporare e cedere il browser Chrome: è la richiesta avanzata a Google dal Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti, il quale – in un documento di 23 pagine – chiede alla big tech anche altre modifiche sostanziali per porre fine al suo “monopolio illegale” nelle ricerche online, vietandogli di firmare accordi con i costruttori di smartphone per imporre l’utilizzo di default del proprio motore di ricerca. Il documento chiede inoltre l’imposizione di restrizioni per impedire che Google favorisca i propri servizi anche nel suo sistema operativo mobile Android.

Nel documento, presentato dai procuratori alla corte di Washington, si spiega che la vendita di Chrome “bloccherà definitivamente il controllo di Google su questo punto di accesso critico alla ricerca e consentirà ai motori di ricerca rivali di accedere al browser che per molti utenti è una porta di accesso a Internet”.

Una misura contro il “monopolio abusivo”

I regolatori statunitensi, in pratica, vogliono che un giudice federale ridimensioni Google per evitare che l’azienda continui a “schiacciare” la concorrenza attraverso il suo motore di ricerca dominante, dopo che un tribunale ha stabilito che ha mantenuto un monopolio abusivo negli ultimi dieci anni. Sebbene i regolatori non abbiano chiesto a Google di vendere anche Android, hanno affermato che il giudice dovrebbe chiarire che l’azienda “potrebbe essere obbligata a cedere il suo sistema operativo per smartphone se il comitato di supervisione continuasse a vedere prove di cattiva condotta”.

L’ampia portata delle sanzioni raccomandate sottolinea la severità con cui i regolatori che operano sotto l’amministrazione del presidente Joe Biden ritengono che Google debba essere punita, in seguito alla sentenza di agosto del giudice distrettuale statunitense Amit Mehta che ha bollato l’azienda come monopolista. I responsabili del Dipartimento di Giustizia che erediteranno il caso dopo l’insediamento del presidente eletto Donald Trump l’anno prossimo potrebbero non essere così categorici. Le udienze del tribunale di Washington D.C. sulla punizione di Google dovrebbero iniziare ad aprile e Mehta punta a emettere la sua decisione finale prima del Labor Day. Se Mehta accoglierà le raccomandazioni del governo, Google sarà costretta a vendere il suo browser Chrome, vecchio di 16 anni, entro sei mesi dalla sentenza finale. Ma l’azienda farà sicuramente appello, prolungando potenzialmente una battaglia legale che si trascina da più di quattro anni.

Le richieste del Dipartimento di Giustizia

Oltre a chiedere lo scorporo di Chrome e il controllo del software Android, il Dipartimento di Giustizia vuole che il giudice vieti a Google di stringere accordi multimiliardari per imporre il suo motore di ricerca dominante come opzione predefinita sull’iPhone e su altri dispositivi Apple. Il giudice vorrebbe anche vietare a Google di favorire i propri servizi, come YouTube o la sua piattaforma di intelligenza artificiale Gemini, lanciata di recente. I regolatori vogliono anche che Google conceda in licenza i dati dell’indice di ricerca che raccoglie dalle query delle persone ai suoi rivali, dando loro maggiori possibilità di competere con il gigante tecnologico. Per quanto riguarda l’aspetto commerciale del suo motore di ricerca, a Google verrebbe richiesto di fornire maggiore trasparenza sulle modalità di definizione dei prezzi che gli inserzionisti pagano per apparire in cima ad alcuni risultati di ricerca mirati.

Diffidando del crescente uso dell’intelligenza artificiale da parte di Google nei suoi risultati di ricerca, i regolatori hanno anche consigliato a Mehta di garantire che i siti web siano in grado di proteggere i loro contenuti dalle tecniche di addestramento dell’intelligenza artificiale di Google. Le misure, se saranno ordinate, minacciano di mettere in crisi un’attività che quest’anno dovrebbe generare un fatturato di oltre 300 miliardi di dollari. “Il campo di gioco non è livellato a causa della condotta di Google e la qualità di Google riflette i guadagni illeciti di un vantaggio acquisito illegalmente”, ha affermato il Dipartimento di Giustizia nelle sue raccomandazioni. “Il rimedio deve colmare questo divario e privare Google di questi vantaggi”.

La replica di Google: “Un danno per gli americani”

Pronta la risposta di Google. “Il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti continua a portare avanti un’agenda radicale che va ben oltre le questioni legali di questo caso – sottolinea Lee-Anne Mulholland, Vice President, Google Regulatory Affairs – Il fatto che il governo provi a esercitare la sua influenza in questo modo danneggerebbe i consumatori, gli sviluppatori e la leadership tecnologica americana proprio nel momento in cui ne ha più bisogno”.

Per Kent Walker, responsabile legale di Google, il Dipartimento di Giustizia presegue “un’agenda interventista radicale che danneggerebbe gli americani e la tecnologia globale dell’America”. In un post sul blog, Walker ha avvertito che la “proposta eccessivamente ampia” minaccerebbe la privacy personale e comprometterebbe la leadership iniziale di Google nell’intelligenza artificiale, “forse l’innovazione più importante del nostro tempo”.

“L’approccio del Dipartimento di Giustizia – recita il blogpost – si tradurrebbe in una prevaricazione governativa senza precedenti che danneggerebbe i consumatori, gli sviluppatori e le piccole imprese americane, mettendo a rischio la leadership economica e tecnologica globale dell’America proprio nel momento in cui è più necessaria”.

Le possibili prossime mosse: incognita Trump

È ancora possibile che il Dipartimento di Giustizia possa attenuare i tentativi di smantellamento di Google, soprattutto se Trump compie il passo, ampiamente previsto, di sostituire l’assistente del procuratore generale Jonathan Kanter, nominato da Biden per supervisionare la divisione antitrust dell’agenzia. Sebbene la causa contro Google sia stata originariamente presentata durante gli ultimi mesi del primo mandato di Trump, Kanter ha supervisionato il processo di alto profilo che è culminato nella sentenza di Mehta contro Google.

Lavorando in tandem con la presidente della Federal Trade Commission Lina Khan, Kanter ha assunto una posizione dura nei confronti delle Big Tech che ha innescato altri tentativi di repressione di potenze industriali come Apple e ha scoraggiato la conclusione di molti accordi commerciali negli ultimi quattro anni. Trump ha recentemente espresso il timore che una rottura possa distruggere Google, ma non ha approfondito le sanzioni alternative che potrebbe avere in mente. “Quello che si può fare, senza scioglierla, è assicurarsi che sia più equa”, ha detto Trump il mese scorso.

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