IL COMMENTO

In Italia il settore cultura è pre-digitale

Con la nascita del Web non è più concepibile la comunicazione monodirezionale: contano discussione e opinioni. Ma questo concetto è troppo spesso ignorato da chi organizza eventi, dove il pubblico quasi mai viene coivolto direttamente

Pubblicato il 01 Set 2014

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Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una lenta ma inesorabile evoluzione del concetto di comunicazione, in senso globale, e soprattutto abbiamo constatato come il concetto di comunicazione monodirezionale sia sempre meno gradito all’utente; la comunicazione monodirezionale è adoperata soprattutto dai vecchi media, mentre i nuovi media, giustamente, spostano la loro attenzione sulla comunicazione bidirezionale o addirittura multidirezionale.

Il cambiamento è epocale: se si pensa che i vecchi media, in particolare la radio e la televisione, non potevano e non possono ancora oggi, se si esclude qualche tentativo di coinvolgimento del pubblico tramite l’invio di sms, proporre esempi credibili di comunicazione diversa dalla monodirezionale. Ascoltiamo in radio e vediamo un tv attori, giornalisti, politici che parlano di ogni genere di argomento ma noi non abbiamo alcuna possibilità di intervenire in una discussione: siamo utenti passivi perché questo tipo di comunicazione si svolge in un solo verso, è monodirezionale.

E’ stata la nascita e la diffusione del web che ha rivoluzionato le modalità di comunicazione: grazie alle mail, alle chat, ai forum, grazie ai concetti stessi di multimedialità, di intelligenza collettiva, e infine, grazie alla nascita dei social network, oggi non è più concepibile l’attenzione passiva sulla voce unica che parla e pontifica su un qualunque argomento: nei nuovi media ci sta chi apre una discussione, poi ci sta chi partecipa con la sua opinione, chi si dice a favore chi contro; si può parlare tra utenti comuni e ci si può anche avvicinare a personaggi famosi, alcuni dei quali hanno compreso l’importanza di questa forma di comunicazione, e rispondono alle domande dei fan sui forum o sui social network. Tutto ciò dà luogo a quel fenomeno, accennato prima, di comunicazione multidirezionale, la maniera più moderna per avvicinare chiunque desideri essere coinvolto in qualunque genere di discussione. Non c’è più uno che parla e molti che ascoltano e non possono intervenire; ci sono molti che parlano ed ascoltano allo stesso momento. E’ questa una nuova forma di comunicazione e cultura sicuramente più partecipativa della precedente.

Ora, quello che si nota nel frequentare molti eventi culturali che si svolgono dal vivo in Italia, è che questo concetto di comunicazione multidirezionale viene quasi costantemente ignorato da parte di chi, questi eventi, li organizza. Ho partecipato questa estate a più di un incontro culturale all’aperto, nel corso dei quali un presentatore, spesso borioso e onnisciente, intervistava un attore (o uno scrittore o una persona di spettacolo) senza minimamente curarsi del pubblico presente. Ciò che accadeva a dieci metri di stanza dal pubblico, sarebbe potuto tranquillamente accadere a mille chilometri di distanza, ed essere trasmesso attraverso una tv o in streaming.

Ha ancora senso, al giorno d’oggi, salire su un pulpito e magnificare se stessi e i propri ospiti senza curarsi di chi avrebbe il diritto e la curiosità di partecipare attivamente ad una manifestazione culturale? Queste persone conoscono il web, hanno mai navigato, si sono registrati su un social network, hanno mai partecipato ad un forum? Si rendono conto che uno dei concetti base della comunicazione del presente e del futuro è quello di cultura convergente?

La cultura convergente, come ci insegna Henry Jenkins, è l’unione di vecchi e nuovi media, è la cooperazione tra la cultura dei grandi media ed i media grassroots, è l’interazione totale tra produttori e consumatori di media. Ignorarne l’esistenza non ha più alcun senso, e chi si ostina a farlo è destinato, a breve, a scomparire definitivamente dal settore della comunicazione del ventunesimo secolo.

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