IL CASO

Iva digitale, l’Estonia blocca l’accordo Ue: salve (per ora) Airbnb & co



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Il nuovo regolamento prevede l’obbligo di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto, e il successivo trasferimento alle autorità fiscali, da parte delle piattaforme digitali attive nell’ambito della ricettività e del trasporto passeggeri. Ma secondo Vorklaev, presidente di turno dell’Ecofin, si rischiano rincari delle tariffe a danno dei consumatori. Si punta a un compromesso

Pubblicato il 15 mag 2024



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L’Estonia ha bloccato un accordo all’Ecofin sul pacchetto europeo per l‘Iva nell’era digitale che tocca le aziende della sharing economy come Uber, AirBnb e Booking. I tre testi legislativi vorrebbero adattare il sistema dell’Iva al contesto attuale, promuovendo l’uso delle fatture digitali nelle operazioni transfrontaliere e creando un registro unico per tutta l’Unione. La presidenza belga del Consiglio Ue ha preparato una proposta di compromesso sul pacchetto, ma l’Estonia ha bloccato l’approvazione con il veto.

Il regolamento obbligherebbe le grandi piattaforme dell’economia condivisa a riscuotere l’imposta per il valore aggiunto e a trasferirla alle autorità fiscali del Paese in cui operano, quando non viene fatto dai fornitori finali del servizio. Per l’Ue si tratta di un equo contributo fiscale da parte delle grandi piattaforme, ma l‘Estonia teme che la regola sull’Iva digitale si traduca in un aumento dei prezzi per i consumatori, addirittura del 25% per i servizi di home rental, come quelli di Airbnb, e di ride-sharing, come quelli di Uber e Bolt, la taxi app che ha sede proprio in Estonia.

Iva sulle piattaforme digitali del turismo, no dell’Estonia

“Questa non è una tassa sulle piattaforme, ma sulle piccole e medie imprese che forniscono i loro servizi sulle piattaforme”, ha affermato il ministro delle Finanze estone, Mart Vorklaev, spiegando nel dibattito pubblico che il suo governo può sostenere sia la fatturazione elettronica che la registrazione in un unico punto, ma non il regime che coinvolgerebbe le piattaforme digitali nella riscossione dell’Iva, poiché l’ultima versione “non risolve le principali preoccupazioni” del suo Paese.

“I costi saranno sostenuti dai clienti, che pagheranno un prezzo più alto quando prenoteranno servizi su queste piattaforme, e dalle Pmi, che non potranno detrarre l’Iva pagata. I nostri dubbi persistono e non possono essere ignorati”, ha detto Vorklaev.

Una visione respinta dal Commissario Ue per gli affari economici e monetari, Paolo Gentiloni, che ha sottolineato come il pacchetto assicuri la “necessaria flessibilità” alle Pmi, permettendo alle autorità nazionali di adottare approcci su misura.

La presidenza belga dell’Ue decisa a trovare il compromesso

“Vorrei continuare con questo file e raggiungere un accordo entro la fine della nostra presidenza”, ha commentato il ministro delle Finanze belga e presidente di turno dell’Ecofin, Vincent Van Peteghem, al termine dell’esame del regolamento sull’Iva nell’era digitale. “Credo sia importante mantenere il pacchetto nella sua interezza. Il compromesso rappresenta un buon equilibrio e sono determinato ad andare avanti per provare a raggiungere un accordo che rifletta anche la posizione degli altri 26 Stati membri”.

Nei giorni scorsi Gentiloni si è espresso a favore del pacchetto, affermando che occorre “dare una forte spinta a livello dell’Ue, il che significa attuare le nostre proposte ‘Iva nell’era digitale’, che rappresentano un vero punto di svolta in termini di accelerazione e facilitazione dell’accesso delle autorità fiscali alle informazioni sulle transazioni business-to-business. Invito gli Stati membri a trovare un rapido accordo sulle nuove misure in modo da poter ridurre ulteriormente le perdite di Iva, in particolare quelle causate da frodi criminali transfrontaliere”.

Il Commissario all’Economia era intervenuto commentando i dati dello studio annuale sul divario dell’Iva pubblicato dalla Commissione europea, che misura la differenza tra le entrate Iva teoricamente previste e l’importo effettivamente riscosso. Dall’analisi risulta che l’Italia ha il record europeo negativo di evasione Iva: con 14,6 miliardi di euro, il Belpaese vale un quarto di tutta l’Ue e il doppio della Germania (7,4 miliardi). Nel complesso, nel 2021 gli Stati membri dell’Unione hanno perso circa 61 miliardi di euro di Iva, un netto miglioramento rispetto ai 99 miliardi di euro dell’anno prima, ma comunque una cifra imponente, dettata soprattutto da frodi, evasioni ed elusioni, fallimenti non fraudolenti, errori di calcolo e insolvenze finanziarie.

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