Con la scelta del nome Leone XIV, Papa Robert Francis Prevost invia un messaggio forte e consapevole: rompe con la prevedibilità dei gesti simbolici e richiama un’eredità che parla ancora al presente. Non si limita a onorare la storia, ma la riattiva, riportando al centro dell’attenzione il valore sociale del lavoro. È un richiamo diretto alla Rerum Novarum di Leone XIII, l’enciclica che nel 1891 pose le basi della dottrina sociale della Chiesa, affrontando le ingiustizie del lavoro industriale. Ma oggi, a oltre 130 anni di distanza, la rivoluzione industriale ha lasciato il posto alla rivoluzione algoritmica: il lavoro non è più minacciato dalle macchine di fabbrica, ma da software intelligenti, dalla precarietà invisibile del digitale, dal rischio crescente di un’economia disumanizzata.
Leone XIV non ha scelto un nome a caso. Lo ha fatto, come confermato dal direttore della Sala Stampa Vaticana Matteo Bruni, per parlare a “donne, uomini e lavoratori in un tempo anche di intelligenza artificiale”. Una dichiarazione di intenti netta. Il nuovo Pontefice si posiziona nel cuore di una nuova battaglia per la dignità del lavoro, in un mondo dove il confine tra umano e artificiale si fa sempre più sottile.
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Il lavoro oggi: non più operaio, ma algoritmico
Nel secolo di Leone XIII la questione sociale era legata allo sfruttamento industriale. Oggi la questione è più subdola, meno visibile: riguarda l’automazione, l’opacità delle decisioni algoritmiche, la fragilità dei diritti nell’economia digitale. Chi è responsabile quando un’intelligenza artificiale licenzia, assume, esclude? Qual è la soglia della dignità quando l’uomo è misurato da metriche invisibili?
Papa Prevost raccoglie il testimone proprio su questo terreno. Il richiamo a una possibile versione della Rerum Novarum – un’enciclica che affronti le questioni etiche e spirituali del lavoro nell’epoca dell’IA – non è solo un’ipotesi affascinante, ma quasi una necessità. Serve un nuovo sguardo sul lavoro: non come merce, non come costo, ma come espressione della persona. Come relazione.
Un umanesimo digitale per la nuova dottrina sociale
Il profilo agostiniano del nuovo Pontefice, radicato nel dialogo e nella comunità, si sposa con una visione sinodale della Chiesa che diventa anche sociale. Perché la sinodalità è, in fondo, un ascolto collettivo. E cosa c’è oggi di più urgente da ascoltare, se non il grido sommesso dei lavoratori invisibili delle piattaforme, dei migranti digitali, degli esclusi della transizione tecnologica?
In questo quadro, Leone XIV compie un passo avanti rispetto a Papa Francesco, che fu il primo pontefice a porre con forza la questione dell’intelligenza artificiale all’attenzione del mondo ecclesiale e politico. Se Francesco ha aperto il varco, riconoscendo i rischi etici e le sfide della nuova tecnologia, Leone XIV sembra voler radicare questa consapevolezza nella nuova dottrina sociale della Chiesa, affrontando non solo l’IA come tema etico, ma anche come questione sociale, culturale e strutturale.
La sfida, infatti, non è solo pastorale, ma politica – nel senso più alto e universale del termine. È la sfida di una giustizia sociale che non venga sacrificata sull’altare dell’innovazione. La rivoluzione digitale ha bisogno di etica, di visione, di uno sguardo che non sia cieco davanti all’umano. E la Chiesa, con Leone XIV, sembra voler tornare a essere voce profetica in questo scenario.
Pace disarmata, pace giusta
Accanto al lavoro, un altro asse si delinea fin dai primi gesti del nuovo Papa: quello della pace. “Una pace disarmata e disarmante”, ha detto richiamando con forza il messaggio testamento di Francesco. In un mondo che investe in armi mentre disinveste nel sociale, la pace non può che passare per un disarmo reale – anche economico e culturale.
Il suo “Dio ci vuole bene, ci ama tutti” e il vibrante “Il male non prevarrà” non sono semplici espressioni spirituali, ma segnali chiari. Il nuovo Leone non ruggisce per dominio, ma per giustizia. Non annuncia il ritorno di un’autorità, ma il risveglio di una coscienza.
Il tempo della Chiesa è ora
Papa Leone XIV potrebbe essere ricordato come il primo pontefice dell’intelligenza artificiale. Ma se così sarà, non sarà per l’uso delle tecnologie, bensì per l’uso della coscienza. Per aver riportato al centro del dibattito ciò che conta davvero: il valore del lavoro, la dignità dell’uomo, la responsabilità collettiva verso chi rischia di essere scartato dalla nuova economia dei dati. In un’epoca in cui tutto cambia alla velocità di un clic, la Chiesa – con Leone XIV – sembra voler rispondere con una parola antica e sempre nuova: giustizia