LA CAUSA

Multa Antitrust Ue, Google affila le armi in vista dell’appello

A metà febbraio la prima fase del ricorso di BigG contro l’ammenda da 2,4 miliardi di euro inflitta nel 2017 per violazione delle norme sulla concorrenza nel servizio di shopping. A fianco della Commissione Ue ci saranno le aziende concorrenti che hanno denunciato il colosso Usa

Pubblicato il 15 Ott 2019

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Google discuterà in Lussemburgo il prossimo febbraio il ricorso in appello contro la multa di 2,4 miliardi di euro inflitta dall’antitrust europeo per abuso di posizione dominante nel servizio Shopping (caso T‑612/17 Google v European Commission). L’udienza si snoderà in tre giornate, dal 12 al 14 febbraio, presso la Procura generale dell’Unione europea. Gli uffici della commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager hanno inflitto la sanzione nel 2017 riconoscendo un comportamento lesivo della concorrenza.

Le parti in causa

I giudici ascolteranno da un lato i rappresentanti legali di Google e della lobby dell’hitech DigitalEurope; dall’altro, la Commissione europea e un gruppo di aziende che ha sostenuto la causa contro Big G: l’associazione dei consumatori Beuc, il sito britannico di shopping comparativo Foundem, che ha innescato l’indagine Ue con la sua denuncia all’antitrust, il sito di shopping comparativo francese Twenga, le associazioni degli editori tedeschi Vdz e Bdzv, la European free trade association (Efta) e il sito di comparazione dei prezzi nel settore moda Visual Meta (parte del gruppo dei media tedesco Axel Springer).

L’ammenda sullo shopping

Google ha abusato della posizione dominante sul mercato in quanto motore di ricerca accordando un vantaggio illegale a un altro suo prodotto, il servizio di acquisto comparativo, ha spiegato la Commissione europea nell’infliggere l’ammenda da 2,42 miliardi di euro.Google ha abusato della sua posizione dominante come motore di ricerca per promuovere il suo servizio tra i risultati della ricerca e per retrocedere quello dei concorrenti”, ha dichiarato Margrethe Vestager. “Google ha tenuto un comportamento illegale ai sensi delle norme antitrust dell’Ue perché ha impedito ad altre imprese di competere in base ai propri meriti e di innovare. Ma soprattutto, ha negato ai consumatori europei la possibilità di scegliere liberamente i servizi e di sfruttare appieno i vantaggi dell’innovazione.”

Google Shopping, nato nel 2013 dal precedente Google Product Search (attivo dal 2008), consente ai consumatori di raffrontare i prodotti e i prezzi online e individuare offerte proposte da rivenditori online di tutti i tipi, tra cui negozi online dei produttori, piattaforme come Amazon e eBay e altri rivenditori. Google ha sistematicamente attribuito una posizione preminente al proprio servizio di acquisti comparativi, visualizzandolo in cima ai risultati della ricerca o comunque tra i primi; ha invece retrocesso i servizi concorrenti di acquisti comparativi, ha spiegato la Commissione, aggiungendo che i consumatori cliccano molto più spesso sui risultati più visibili, ossia quelli che appaiono più in alto su Google. Anche su un desktop, i primi dieci risultati della ricerca generica a pagina 1 di solito ricevono circa il 95% di tutti i click (il 35% dei quali va al primo risultato). Il primo risultato a pagina 2 su Google riceve solo l’1% circa di tutti i clic.

Braccio di ferro con l’antitrust

Nel caso sul servizio Shopping, oltre al pagamento della multa, a Google è stato ordinato di porre fine al comportamento anti-competitivo entro 90 giorni. Google ha subito annunciato il ricorso in appello.

L’azienda americana ha aperti anche i ricorsi contro le altre multe inflitte dall’antitrust europeo: 1,49 miliardi di euro per abuso di posizione dominante con la piattaforma AdSense nel settore della pubblicità per motori di ricerca e 4,34 miliardi per abusi con il sistema operativo Android.

Ad agosto di quest’anno gli uffici della Vestager hanno aperto un ulteriore dossier per esaminare se il motore di ricerca americano, con il suo prodotto Google Jobs, favorisce in modo sleale i propri annunci rispetto a quelli delle piattaforme concorrenti del recruiting online. Con la nuova Commissione europea la Vestager ha ricevuto il doppio ruolo di capo dell’antitrust e delle politiche sul digitale e potrebbe inasprire le azioni a tutela della concorrenza con un nuovo giro di vite sulle Big tech.

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