LO STUDIO

Paradosso PA: più servizi online, ma più code agli sportelli

Lo rileva uno studio della Cgia secondo cui l’inefficienza dell’amministrazione italiana costa oltre 30 miliardi di mancata crescita. Parola d’ordine: riorganizzare

Pubblicato il 30 Dic 2016

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L’inefficienza della nostra Pubblica amministrazione costa oltre 30 miliardi di euro all’anno di mancata crescita. La denuncia è sollevata dall’Ufficio studi della Cgia partendo dall’esito di uno studio realizzato dal Fondo Monetario Internazionale, che evidenzia come se la nostra amministrazione pubblica avesse in ogni settore in tutta Italia la stessa qualità che ha nei migliori territori del Paese, il Pil nazionale aumenterebbe di 2 punti (ovvero di oltre 30 miliardi di euro) all’anno.

A confermare il forte divario esistente tra il Nord e Sud del Paese sulla qualità/quantità dei servizi erogati dalla nostra PA, emerge anche dall’analisi dell’Ufficio studi della Cgia su dati relativi a un’indagine condotta dall’Ue sulla qualità dell’amministrazione a livello territoriale. Rispetto ai 206 territori rilevati da questo studio (che vede prima la finlandese Åland e ultima la turca Bati Anadolu), ben 7 regioni del Mezzogiorno si collocano nelle ultime 30 posizioni: la Sardegna al 178° posto, la Basilicata al 182°, la Sicilia al 185°, la Puglia al 188°, il Molise al 191°, la Calabria al 193° e la Campania addirittura al 202° posto.

Tra le realtà meno virtuose si trova anche il Lazio, che si piazza al 184° posto della graduatoria generale. Tra le migliori 30 regioni europee, invece, non notiamo nessuna amministrazione pubblica del nostro Paese visto che la prima, ovvero la Provincia autonoma di Trento, si colloca al 36° posto della classifica generale. Nella classifica generale la PA italiana si colloca al 17° posto su 23 paesi analizzati. Solo Grecia, Croazia, Turchia e alcuni paesi dell’ex blocco sovietico presentano un indice di qualità della Pa inferiore al nostro mentre a guidare la classifica, invece, sono le PA dei paesi del nord Europa.

Alla luce di questi risultati il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo osserva come “dagli inizi degli anni ’90 ad oggi sono state ben 18 le riforme che hanno interessato la nostra PA. Sebbene le aspettative fossero molte, in tutti questi anni i risultati ottenuti sono stati deludenti. In molti settori la qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese è diminuita e nonostante l’avvento del web ci permetta di scaricare molti documenti dal computer di casa, le code agli sportelli, ad esempio, sono aumentate”.

“L’Istat – ricorda Zabeo – denuncia che, rispetto al 2015, dopo 20 minuti di attesa presso gli uffici comunali dell’anagrafe, oggi la fila si è idealmente allungata di 11 persone e agli sportelli delle Asl addirittura di 18”.

La Cgia sottolinea, comunque, come la nostra PA presenti in molti settori punte di eccellenza che non hanno eguali nel resto d’Europa. “La sanità al Nord, le forze dell’ordine, molti centri di ricerca e istituti universitari italiani presentano delle performance che non temono confronti – il segretario della Cgia Renato Mason – Tuttavia è necessario migliorare l’efficienza media dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche, affinché siano sempre più centrali per il sostegno della crescita, perché migliorare i servizi vuol dire migliorare il prodotto delle prestazioni pubbliche e quindi l’impatto dell’attività amministrativa sullo sviluppo del Paese”.

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