PUNTI DI VISTA

Technostress, combatterlo si può

Nelle imprese la costante “connettività” deve essere accompagnata con nuove prassi e nuovi modelli organizzativi

Pubblicato il 15 Nov 2014

Felicia Pelagalli, founder Culture

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Il termine stress indica una condizione di malessere psico-fisico che si manifesta quando gli individui percepiscono uno squilibrio tra le richieste avanzate nei loro confronti e le risorse a loro disposizione per far fronte a tali richieste.

La campagna di comunicazione, “Insieme per la prevenzione e la gestione dello stress lavoro correlato”, lanciata dall’Agenzia Europea (EU-OSHA) per il biennio 2014-2015, tratta la tematica dello stress e dei rischi psicosociali sul luogo di lavoro. Ma cosa accade quando il luogo di lavoro si trasforma in un sempre e ovunque grazie alle nuove tecnologie di comunicazione?

Il proliferare delle tecnologie digitali mobili e la loro pervasività all’interno delle organizzazioni e nei contesti quotidiani e di lavoro, ampliano e moltiplicano le possibilità offerte al singolo e ai gruppi, ma aumentano anche le occasioni di stress associato alle diverse attività sociali e lavorative.

Lo “stress digitale” o “technostress” (termine introdotto dallo psicologo americano, Craig Brod, nel lontano 1984) sembra investire soprattutto quelle professioni che Enzo Di Frenna, presidente di Netdipendenza Onlus, nel suo libro “Prevenzione tecnostress in azienda e sicurezza sul lavoro” (Di Frenna, 2014), identifica nei networkers, lavoratori ICT, operatori di call center, commercialisti, giornalisti, pubblicitari e analisti finanziari.

In Italia (secondo i dati del Politecnico di Milano e Assinform) ci sono 7,3 milioni di lavoratori digitali, i cosiddetti “mobile workers”, e da una ricerca condotta nel 2013 da Netdipendenza Onlus risultano 1,8 milioni di lavoratori a rischio tecnostress lavoro-correlato. Sono quelli che utilizzano fino a due device mobili, smatphone e tablet, passano spesso da un’attività all’altra, lavorano in multitasking e sempre connessi, trascorrono fino a dieci ore al giorno utilizzando tecnologie digitali.

Fino ad oggi, la ricerca sullo stress digitale ha posto l’accento sulle condizioni materiali e cognitive che caratterizzano l’interazione uomo-macchina e sui risvolti che tale interazione può avere sulla salute. In realtà, la relazione tra gli individui attraverso la tecnologia entro i contesti, assume un ruolo centrale: quei significati, valori e prassi che orientano la vita organizzativa e orientano l’utilizzo delle tecnologie digitali all’interno dei contesti sociali e di lavoro.

Al recente Festival della Comunicazione di Camogli, Umberto Eco ha ben evidenziato il rischio di reazione “immediata” che l’uso massiccio della mail può favorire, cortocircuitando un’emozione non mediata dal pensiero: “…Pasquale ha ricevuto una notizia inquietante e l’email lo ha incoraggiato a reagire subito, nonché a dare eccessiva pubblicità alla sua reazione. Isolato dal mondo, lui e la sua rabbia, era solo di fronte allo schermo del computer… La macchina lo metteva in contatto immediato con tutto il mondo, ma gli imponeva le sue regole di accelerazione, facendogli dimenticare che, nel corso dei secoli, il contratto sociale ha imposto tempi diversi di azione e reazione…”.

L’“always connect”, la costante reperibilità e connettività rendono sempre più difficile la distinzione tra vita privata e vita professionale, tempo libero e tempo di lavoro.

Se da una parte l’uso delle nuove tecnologie amplia le possibilità aumentando il numero di informazioni possedute, le opportunità di accesso e il numero di attività compiute nello stesso arco di tempo (multitasking); dall’altra c’è un rischio di sovraccarico cognitivo, che può avere ricadute sul benessere psico-fisico, sulle capacità di concentrazione e sulla produttività,

La tecnologia, dunque, se da un lato è in grado di promuovere lempowerment dei singoli e delle organizzazioni, dall’altro può introdurre nuove forme di stress lavoro-correlato, che vanno pensate e gestite con opportuni strumenti di valutazione. Le attuali check list di valutazione del rischio stress lavoro-correlato basandosi su indicatori aziendali (infortuni, assenze, ferie non godute…), contesto del lavoro (cultura organizzativa, ruolo, autonomia decisionale…) e contenuto del lavoro (ambiente, carico di lavoro, orario…), non includono l’uso della tecnologia e delle competenze digitali. A ben guardare, troviamo solo un item riferibile a situazioni di multitasking (“Lo svolgimento della mansione richiede di eseguire più compiti contemporaneamente”). La sensazione è che siano strumenti che fanno riferimento a organizzazioni “classiche” con organigrammi, strutture verticali e linee gerarchiche. Non sono presi in considerazione i nuovi modelli organizzativi che promuovono: network orizzontali, piattaforme di condivisione, cloud computing, digital skills.

Come gestire lo stress da digitale? La soluzione, ovviamente, non è quella di demonizzare la tecnologia, ma di sviluppare strumenti, competenze e prassi adeguate. Nel rapporto Future Work Skills 2020 vengono individuate le competenze emergenti, tra le quali quella denominata “Cognitive load management”, ossia la capacità di discriminare e filtrare le informazioni per importanza, e di capire come massimizzare la loro comprensione.

Google, ad esempio, ha rilasciato in questi giorni una nuova applicazione di posta elettronica, denominata Inbox, che raggruppa le email in categorie (Finanza, Viaggi, Social) per orientare e ridurre il tempo necessario a trovare i messaggi che più ci interessano. Nelle imprese, la costante “connettività” deve essere accompagnata da nuove prassi.

– Valorizzare la fiducia, la responsabilità individuale e il raggiungimento dell’obiettivo, con il superamento di badge e timesheet.

– Favorire la collaborazione, attraverso lo sviluppo di piattaforme di condivisione dei contenuti, superando la logica del conflitto.

– Individuare e adottare norme di comportamento (una sorta di codice del “digitale civile”) che orientino l’azione quotidiana e la relazione tra gli individui. Ad esempio, valutare l’effettiva urgenza del messaggio prima di inviare un’email di domenica (è sufficiente scrivere il messaggio e predisporre l’invio per il lunedì mattina!).

Non si tratta dunque di essere sopraffatti da tanta abbondanza e “potenza”, alimentando malessere individuale e organizzativo, ma di sviluppare nuovi strumenti e nuove capacità per gestire l’innovazione e il cambiamento.

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