Tim e Poste Italiane sarebbero pronte a formare un’alleanza strategica per costruire un nuovo polo nazionale dei servizi digitali. Secondo indiscrezioni arrivate anche a CorCom i due gruppi avrebbero siglato una lettera d’intenti per la creazione, entro il 2026, di una joint venture focalizzata su servizi cloud di nuova generazione e applicazioni di intelligenza artificiale, con l’obiettivo di rafforzare la sovranità tecnologica italiana e accelerare la digitalizzazione del Paese.
L’intesa sembra prevedere una partecipazione del 51% per Tim e del 49% per Poste, e rappresenta la prima iniziativa congiunta dopo l’ingresso di quest’ultima pubblica nel capitale dell’ex incumbent, di cui oggi detiene il 24,8%. La collaborazione valorizzerebbe gli investimenti di entrambe le aziende e rafforzerebbe la filiera tecnologica italiana.
Il dossier dovrebbe essere esaminato già domani dal CdA di Tim.
Indice degli argomenti
Tim e Poste, joint venture sui servizi digitali per l’Italia?
Le indiscrezioni affermano che la nuova società punterà a fornire servizi cloud e soluzioni di intelligenza artificiale open source a imprese e pubblica amministrazione, utilizzando infrastrutture sovrane e data center italiani. Si verrebbe a creare un campione nazionale dell’Ict, capace di competere con le big tech Usa.
La joint venture costruirà una customer platform comune basate su tecnologie open source e piattaforme italiane in modo da garantire la sicurezza e la riservatezza dei dati, oltre a favorire la transizione digitale della pubblica amministrazione e delle imprese.
Mossa strategica per Tim Enterprise
La partnership rientra nel più ampio piano di alleanze industriali con cui Tim e Poste intendono contribuire alla creazione di una filiera tecnologica nazionale e sostenere la sovranità digitale del Paese. Tim contribuirà con Enterprise, la divisione dedicata a imprese e PA; Poste con la propria rete e competenze nei servizi digitali e di prossimità.
In particolare, per Tim Enterprise si tratterebbe di una mossa strategica. L’amministratore delegato di Tim Pietro Labriola vedrebbe l’operazione come un modo per consolidare il ruolo di Tim come principale piattaforma Ict nazionale e player di riferimento nei progetti sovrani.
Da parte sua, Matteo Del Fante, Ad di Poste, considererebbe la joint venture un’estensione naturale del percorso di innovazione e digitalizzazione avviato dal gruppo pubblico, che già collabora con Tim anche nei settori dell’energia e della telefonia mobile.
Accordo anche su Poste Mobile
Il progetto sarebbe parte del piano industriale di Tim 2026-2028, che verrà aggiornato a febbraio 2026, e dovrebbe portare a sinergie industriali stimate dagli analisti in circa 1 miliardo di euro.
Insieme alla partnership sul cloud, è atteso un accordo tra Tim e Poste anche sul fronte mobile, con la migrazione di PosteMobile – oggi su rete Vodafone – sulla rete Tim.
Sul fronte tecnologico, Tim continua a investire nel potenziamento dei propri data center: 17 strutture in totale, di cui 8 certificate Tier IV, per un valore di 350 milioni di euro nel triennio, più altri 105 milioni destinati a progetti di edge cloud.
Il ponte con il PSN
Secondo Davide Di Labio, Associate Partner Kpmg, l’eventuale alleanza strategica tra Tim e Poste sui servizi digitali per le imprese e la PA appare certamente giustificata per i piani industriali di Tim: l‘Ai è un volano per il B2B che rafforza Tim Enterprise, nota l’analista, e Poste ha la presenza capillare per arrivare a tutti i clienti.
“La joint venture sarebbe quasi una execution factory: ci sono i servizi enterprise, c’è la capacità di delivery e c’è la prossimità agli utenti”, afferma Di Labio. “L’iniziativa sarebbe importante per la digitalizzazione italiana e, in particolare, per portare l’Ai anche a livello di Pmi ed enti locali“.
Ma esiste anche un altro aspetto, prosegue Di Labio: “C’è un ponte con il Polo Strategico Nazionale (Psn). Tim ha già dimostrato di saper migrare la clientela e può far leva sulle sue infrastrutture di data center, edge cloud e cybersicurezza. La joint venture con Poste, dunque, potrebbe essere come un braccio operativo del Psn e accelerare sia la migrazione verso il polo strategico sia l’interoperabilità con gli hyperscaler”.
A questo proposito Di Labio chiarisce: “Non mi aspetto dall’alleanza delle novità tecnologiche assolute su cloud e Ai, bensì una strategia di esecuzione. Forse sul cloud qualche forma di autonomia dalle big tech e di sovranità si può ottenere, ma sull’AI ci sono poche possibilità”.
Poste-Tim, il commento di Intermonte
Per Intermonte, le indiscrezioni danno “Positive indicazioni che confermano i progressi della collaborazione tra i due gruppi. Maggiori dettagli sulle sinergie con Poste sono attesi in occasione della conference call sui risultati 3Q di Tim giovedì, mentre target quantitativi più precisi dovrebbero essere forniti con a presentazione del prossimo piano industriale a febbraio”.
Intermonte ricorda che, nel corso del recente evento “Unboxing Tim Enterprise”, il management di Tim aveva indicato potenziali sinergie anche nel segmento Enterprise/PA, attraverso iniziative congiunte e l’internalizzazione di numerosi processi Ict oggi esternalizzati da Tim e Poste.
“La nostra stima preliminare, limitata alle sole sinergie di costo ed escludendo quelle commerciali, evidenzia un potenziale upside di Eu1.8bn (NPV, ca. Eu0.08/azione, non ancora incluso nella nostra SOP) basandoci conservativamente su un risparmio del 2% applicato alla base costi cash aggregata di Tim Domestic e PostePay, pari a circa Eu180mn annui, corrispondenti a un upside di circa il 9% rispetto alle nostre attuali stime di EBITDAaL domestico di Tim”, scrive Intermonte. “Abbiamo quantificato questi benefici applicando un multiplo EV/(EBITDA-Capex) di 10x, in linea con le attuali valutazioni di mercato di Tim”.
Il consolidamento di un’alleanza
Le indiscrezioni vanno nella direzione di un consolidamento dell’alleanza strategica tra Tim e Poste che ha preso il via lo scorso marzo, quando Poste Italiane è diventato il primo azionista di Tim. Il Gruppo guidato da Matteo Del Fante ha, infatti, acquistato da Vivendi azioni ordinarie di Telecom Italia, pari al 15% del totale delle azioni ordinarie e al 10,77% del capitale sociale, salendo al 24,81%. Il prezzo è pari a 0,2975 euro per azione per un totale di 684 milioni. A Vivendi, che nelle settimane precedenti aveva già venduto oltre il 5% di Tim, resta il 2,51%.
L’investimento è subito apparso come un passaggio cruciale nello scacchiere delle telecomunicazioni e dei servizi digitali in Italia.
“La cosa più importante è che torniamo ad avere un faro, un punto di riferimento in logica industriale di lungo termine perché Poste ha dichiarato che la partecipazione è una partecipazione strategica – ha commentato allora Labriola – L’ingresso di Poste nell’azionariato di Tim porterà benefici ai clienti delle due aziende, che potranno usufruire di nuovi servizi”.
“Per i clienti – ha aggiunto l’Ad di Tim – svilupperemo un portafoglio di servizi molto più ampio, non più solo telecomunicazioni, ma anche servizi finanziari, luce, gas e servizi similari“, ha detto Labriola. Per le aziende, invece, ci sarà “un’accelerazione nello sviluppo di quella parola, a volte complessa, che è il cloud”, fondamentale per “la digitalizzazione, anche della pubblica amministrazione e delle grandi e piccole imprese italiane”.


									
































































