L'INTERVENTO

Smart working? Meglio chiamarlo Innovation work

Favorito dall’evoluzione tecnologica e dai progressivi aggiornamenti dei processi produttivi il “nuovo” lavoro coniuga l’esigenza di produrre beni e servizi con quella di lasciare spazi sempre più ampi di autonomia. L’analisi di Guelfo Tagliavini

Pubblicato il 27 Nov 2020

Guelfo Tagliavini

Presidente Tesav e Consigliere Federmanager

Photo by Avel Chuklanov on Unsplash

Non chiamiamolo più smart working. Innovation work, possiamo definire così il nuovo modo di lavorare favorito dall’evoluzione tecnologica e dai progressivi aggiornamenti dei processi produttivi. E’ questa la nuova modalità di lavoro che si lascia alle spalle le ormai superate tipologie che vanno sotto il nome di, telelavoro, lavoro agile, e appunto smart working

Innovation work come lavoro innovativo ed al tempo stesso normale, il normale modo di lavorare delle nuove generazioni che già oggi viene rodato ed applicato da chi è presente nel mondo del lavoro. Un modo di lavorare che coniuga l’esigenza di produrre beni e servizi con sempre più elevati livelli di produttività, con l’esigenza di lasciare, a chi è il protagonista del lavoro, spazi sempre più ampi di autonomia da destinare alle proprie esigenze ed ai propri obiettivi di vita.

L’Innovation work lo inquadriamo come il lavoro al tempo delle Innovation cities, delle modalità di pagamento digitali, delle transazioni ed acquisti on line, della telemedicina, delle modalità di trasporto green, della didattica a distanza e di tutto quello che vorticosamente diventa ,ogni giorno di più, ed a prescindere da eventi straordinari e drammatici come quelli che stiamo vivendo, il modello di vita promosso dalla ricerca scientifica e dal progresso tecnologico.

Siamo certi che le nuove modalità di lavoro stiano creando e creeranno nuove figure professionali e nuovi”mestieri”  in grado di sostituire quelle attività non più richieste da una società sempre più evoluta e propensa a recuperare spazi per enfatizzare le singole individualità.

Ci poniamo spesso la domanda: quando torneremo alla normalità? Ma forse sarebbe meglio chiederci: quale sarà la normalità dopo l’emergenza?

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