PRIVACY

Facebook, sulle foto vale la legge del 1941

Ordinata dal tribunale di Napoli la rimozione dal social network di un album pubblicato dalla moglie senza il consenso del marito: “L’estrema diffusività della pubblicazione su internet di una fotografia aggrava il diritto di immagine”

Pubblicato il 18 Ago 2014

Massimo Canorro

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Il viaggio post matrimonio, almeno per lui, potrebbe non essere stato indimenticabile, oppure la tutela della privacy avrebbe prevalso su tutto. Fatto sta che dopo la pubblicazione su Facebook, ad opera della moglie che ha un profilo aperto, dell’album fotografico relativo al loro viaggio di nozze, un uomo ha presentato ricorso al giudice che adesso gli dà ragione e ordina l’immediata rimozione delle immagini, facendo riferimento – nel suo provvedimento – a una legge del 1941 e delineando un’eventuale condanna della donna al risarcimento dei danni.

La decisione è stata adottata a Napoli dal giudice monocratico del Tribunale civile Raffaele Sdino, che ha accolto il ricorso di urgenza ex articolo 700 dell’uomo che accusava la consorte di aver pubblicato gli scatti della loro luna di miele, avvenuta una decina di anni fa, senza il suo consenso. La moglie, nella propria memoria difensiva, aveva sostenuto che “l’utilizzo dei social network è oggi talmente evoluto da poter considerare la bacheca di Facebook non diversamente da un album fotografico privato”. Ma il giudice le ha dato torto, sostenendo nella sua ordinanza che la signora ha “sicuramente violato il diritto di riservatezza del marito”; il magistrato fa riferimento all’articolo 10 del codice civile e alla già citata legge 633 del 1941, secondo la quale “il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o essere messo in commercio senza il consenso di questa”, e “non occorre il consenso quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, di scopi scientifici o culturali, quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico”.

Da parte sua, il giudice evidenzia che – al contrario di quanto assunto dalla difesa della donna – “un’interpretazione evolutiva delle norme, che tenga conto dell’evoluzione tecnologica e del mutato costume sociale, non può giungere affatto a ritenere lecita la pubblicazione di una immagine di una persona senza il suo consenso. Infatti, anche a prescindere dai casi in cui la fotografia è lesiva dell’onore della persona, l’estrema diffusività della pubblicazione su internet di una fotografia aggrava notevolmente rispetto a qualsiasi altro mezzo il diritto di immagine, che costituisce di riflesso un diritto della persona. Anche perché le eventuali regole di privacy possono non essere applicate correttamente dall’utente o aggirate da navigatori esperti”. Soddisfazione nei confronti della sentenza è stata espressa dell’avvocato Ciro Renino, il difensore del marito: “Si tratta di una decisione inedita, destinata a costituire un punto di riferimento per gli utenti Facebook”.

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