AGENDA DIGITALE

Banda ultralarga e Crescita digitale, a consultazione pubblica i piani nazionali

La procedura è aperta fino al 20 dicembre. Commenti e interventi serviranno ad eventuali integrazioni dei due documenti. Per l’ultrabroadband previsti 6 miliardi di risorse pubbliche. Identità digitale, e-skills e smart city le chiavi per fra ripartire l’Italia

Pubblicato il 21 Nov 2014

Federica Meta

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Dal 20 novembre al 20 dicembre è aperta la consultazione pubblica per commentare le azioni dei nuovi piani nazionali “Piano nazionale banda ultra larga” e “Crescita digitale” (obiettivo tematico 2 dell’Agenda digitale: supporto alla infrastrutturazione per la banda ultra larga e potenziamento dei servizi Ict a cittadini e imprese).

I risultati della consultazione – spiega una nota del ministero dello Sviluppo economico – saranno considerati, insieme ai contributi che emergeranno negli incontri previsti con i vari stakeholders, per eventuali integrazioni e evoluzioni dei piani.

I piani sono stati predisposti dalla presidenza del consiglio insieme al ministero dello Sviluppo economico, all’Agenzia per l’Italia digitale e all’Agenzia per la coesione nell’ambito dell’accordo di partenariato con la Commissione europea per la programmazione delle risorse 2014-2020.

La Strategia italiana per la banda ultralarga, con cui il Governo intende invertire la rotta, che ci vede, al momento, accumulare ritardi su ritardi rispetto alle medie europee, è stat pubblicata sul sito dell’Agid e, nello stesso tempo, è stata inviata a Bruxelles per una valutazione.

L’obiettivo del piano è quello di garantire entro il 2020 una connettività a banda ultralarga (100Mbps) ad almeno l’85% della popolazione italiana per rispettare il 50% di obiettivo definito dalla Ue. Questo genere di copertura dovrà coinvolgere le sedi Pa, scuole, aree di interesse economico o ad alta concentrazione demografica, ospedali, snodi logistici o industriali. La quota restante, il 15% delle aree più remote, avrà invece una copertura a 30 Mbps.

L’intervento pubblico rivestirà un ruolo sussidiario attraverso quattro modalità principali (diretto, partnership pubblico-privato, incentivo, ibrido), a seconda, anche, della struttura dell’area geografica di competenza. In ogni caso saranno diverse le soluzioni finanziarie proposte per facilitare l’accesso al capitale, dalla defiscalizzazione fino ai finanziamenti a fondo perduto. Il Governo metterà a disposizione risorse superiori ai 6 miliardi di euro: fondi FESR e FEASR a fondo perduto per una cifra intorno ai 2 miliardi, più 4 miliardi di euro di Fondi FSC che saranno anticipati tramite la Bei.

Per raggiungere gli obiettivi prefissati, il Piano prevede numerose semplificazioni da un punto di vista normativo e regolatorio. Di fondamentale importanza, su questo fronte, il varo di un catasto Sotto e Sopra Suolo, per sfruttare appieno le strutture già esistenti e garantire la massima efficienza, trasparenza e coordinamento. Si tratta di un piano di vitale importanza, anche per minimizzare l’impatto ambientale e i costi di implementazione.

L’intervento di semplificazione del settore pubblico, però, riguarderà anche il quadro normativo e la regolamentazione di settore in modo da accelerare gli investimenti infrastrutturali, riducendone, per quanto possibile, i costi. Inoltre, i limiti nazionali in materia di elettromagnetismo verranno uniformati a quelli europei, e per tutte le ristrutturazioni o nuove costruzioni sarà imposto il precablaggio verticale.

Allo stato attuale, come già accennato, l’Italia rimane lontana dal raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Agenda digitale europea. Gli attuali investimenti (nonostante gli indubbi passi avanti) non sono, infatti, sufficienti all’allineamento dell’Italia con gli altri paesi europei: secondo le stime il nostro Paese raggiungere gli attuali livelli di copertura europea tra tre anni, quando l’asticella sarà già stata spostata ancora più in alto, continuando così ad accumulare ritardo.

Sono molte le ragioni del ritardo italiano: dall’assenza della televisione via cavo (che ci accomuna solo alla Grecia, tra i grandi paesi europei), fino all’utilizzo privilegiato della banda larga wireless, passando per l’elevata età media della popolazione e per il basso livello di utilizzo regolare di Internet.

L’unica città che già oggi gode di una copertura estensiva di servizi a banda ultralarga è Milano, dove l’intervento è stato realizzato dallasocietà infrastrutturale Metroweb. In molte città è cresciuta, soprattutto nell’ultimo anno, la copertura dei servizi a 30 Mbps.

Per massimizzare l’efficacia dell’intervento pubblico in rapporto alle risorse disponibile, le aree di intervento sono stata divise in quattro modelli o cluster. Ad ognuno di questi cluster corrisponde un modello d’investimento principale.

Il Cluster A è quello delle maggiori 15 città italiane (15% della popolazione nazionale) ed è quello che presenta il migliore rapporto costi-benefici e in cui è più probabile l’interesse degli operatori privati a investire. I Costituisce il 15% della popolazione nazionale (circa 9,4 milioni dipersone). In questo cluster è possibile il “salto di qualità” richiesto dallanormativa UE portando la velocità di collegamento da 30 a 100 Mbp sentro il 2020 con l’utilizzo di strumenti finanziari per l’accesso al debito (a condizioni agevolate e a basso rischio) e/o mediante misure di defiscalizzazione degli investimenti.

Il Cluster B è formato dalle aree in cui gli operatori hanno già realizzato o intendono realizzare reti con collegamenti ad almeno 30 Mbps, ma in cui le condizioni di mercato non sono sufficienti a garantire ritorni accettabili per investire in reti a 100 Mbps. Include 1.120 comuni e vi risiede il 45% della popolazione (circa 28,2 milioni di persone). In queste aree è necessario prevedere, oltre a strumenti finanziari perl’accesso al debito (a condizioni agevolate e a basso rischio) e a misure di defiscalizzazione, anche contributi (limitati allo stretto necessario) a fondo perduto con eventuale partecipazione pubblica alla realizzazione delle opere

Il Cluster C comprende tutte quelle aree marginali per le quali si stima che gli operatori possano maturare l’interesse a investire in reti con più di 100 Mbps soltanto grazie a un sostegno statale. In ques’area rientrano circa 2.650 comuni e alcune aree rurali non coperte da reti a più di 30 Mbps e vi risiedono circa 15,7 milioni di persone (il 25% della popolazione).

Il Cluster D, infine, include quelle aree tipicamente a fallimento di mercato e ingloba i restanti 4.300 comuni circa, soprattutto al Sud, e alcune aree rurali. Vi risiedono circa 9,4 milioni di persone (pari al 15% della popolazione italiana. In questo cluster solo l’intervento pubblico può garantire alla popolazione residente un servizio di connettività a più di 30 Mbps: si ritiene, quindi, che l’incentivo pubblico possa essere concesso in misura maggiore a fondo perduto.

Per fare rispettare il framework regolatorio europeo e per definire le misure di sostegno alla banda ultralarga capaci di ridurre i costi e, allo stesso tempo, di stimolare gli investimenti, massimizzando la concorrenza, rivestirà un ruolo di vitale importanza l’Agcom. All’Authority il compito di definire nuove regole in grado di remunerare e incentivare gli investimenti straordinari che gli operatori dovranno affrontare.

Per quanto riguarda la crescita digitale l’Italia scommette su Identità digitale, e-skills e smart city. L’identità digitale ribattezzata per l’occasione “Italia Login” rappresenta la cornice di riferimento del nuovo modo di comunicare fra pubblica amministrazione e cittadini/imprese”. Un intervento strutturale, dunque, che integra il sistema paese. Ogni cittadino italiano – il ministro della PA Marianna Madia ha annunciato la fase di startup ad aprile 2015 per arrivare al 2017 con 10 milioni di citadini “online” – avrà un profilo civico online dal quale potrà accedere alle informazioni e ai servizi pubblici che lo riguardano, in maniera profilata

Ma perché l’identità digitale sia sfruttata in tutte le sue potenzialità i cittadini italiani e le imprese, soprattutto Pmi, devono diventare più digitali. Ecco perché il secondo “acceleretor” sono le competenze digitali.

Circa il 40% degli italiani non possiede un computer e non sa mandare una e-mail e né pagare un bollettino on line. Le sacche di analfabetismo digitale sono concentrate in alcune regioni del Sud, prime su tutte: Basilicata e Campania – si ricorda nel documento – La mancanza di competenze, come si evince dal capitolo sul contesto di riferimento (vedi sopra), riguarda anche le piccole e medie imprese, con effetti molto significativi sulla capacità di crescita economica. Nei prossimi anni la domanda di competenze digitali continuerà ad aumentare e questo rappresenta la vera sfida per la modernizzazione del paese e la sua capacità di competere”.

L’impatto atteso è quello di un cambiamento profondo in molte aree sia quelle coinvolte dal rapido sviluppo delle competenze digitali sia quelle che riguardano la cultura digitale. In questo modo i cittadini acquisiranno maggiore “consapevolezza digitale” e conseguentemente una maggiore capacità di utilizzare i servizi digitali e di partecipare alla loro ideazione/progettazione; i lavoratori vedranno accresciute le capacità di usare competenze digitali nel contesto lavorativo, nei processi di business e nella progettazione di prodotti e servizi.

Inoltre gli imprenditori, i manager a tutti i livelli nelle organizzazioni, aumenteranno la loro capacità di individuare e sfruttare le opportunità offerte dalle Ict mentre gli specialisti Ict, incrementeranno le loro capacità di fare innovazione di prodotti e servizi. E in questo contesto le imprese aumenteranno le loro potenzialità di innovare e “pensare digitale” e le organizzazioni pubbliche potranno contare sul coinvolgimento di cittadini con competenze digitali per offrire servizi sempre più avanzati.

La terza linea di azione riguarda le smart city. La sfida è quella di costruire un nuovo genere di bene comune, una grande infrastruttura tecnologica ed immateriale che faccia dialogare persone ed oggetti, integrando informazioni e generando intelligenza, producendo inclusione e migliorando la vita del cittadino ed il business per le imprese, anche attraverso azioni di promozione della social innovation. “Al fine di accelerare il processo di realizzazione di smart city e communities favorendo la nascita e la replicazione di buone pratiche l’art. 20 del DL 179/2012 definisce un modello di governance ed una serie di azioni tecniche”, precisa il governo nel documento.

Nella procedente programmazione, Il Miur con due distinti bandi ha stanziato sui fondi di ricerca oltre 850 milioni euro in ambiti strategici quali mobilità, salute, education, Cloud computing technologies per smart government, Culture e Turismo, energia rinnovabile e smart grid, logistica, Sustainable natural resources (waste, water, urban biodiversity). In questa cornice il comitato per le comunità intelligenti di AgID definirà le specifiche per una piattaforma e, attraverso il lavoro del Comitato, definirà nel 2015 le linee guida per le Regioni. L’obiettivo è avviare ulteriori progetti di trasformazione che creino presupposti per migliorare le condizioni di vita e sviluppare un’economia sostenibile, sfruttando le condizioni favorevoli e la sinergia con altre azioni sistemiche (sviluppo competenze digitali, reti a larga banda, cloud computing).

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