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Industria 4.0, all’Italia servono 10 miliardi l’anno. Ecco il piano del Mise

Limature finali per il documento elaborato da Stefano Firpo visionato da CorCom. Otto le aree di intervento individuate per la trasformazione digitale, ma servono molti soldi. Fra le soluzioni la revisione della disciplina sul trattamento fiscale degli ammortamenti, la cooperative compliance e il potenziamento del credito d’imposta per l’R&D. Si punta anche a un ufficio di ruling presso l’Agenzia delle Entrate

Pubblicato il 25 Nov 2015

Mila Fiordalisi

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Titolo: “Industry 4.0, la via italiana per la competitività del manifatturiero”. Sottotitolo: “Come fare della trasformazione digitale dell’industria una opportunità per la crescita e l’occupazione”. È in dirittura d’arrivo il documento sull’Industria 4.0 a firma del Mise, visionato in anteprima da CorCom. Secondo quanto risulta al nostro giornale, la strategia messa nero su bianco grazie al lavoro di Stefano Firpo, direttore generale per la Politica industriale la competitività e le Pmi, è giunta al rush finale. Mancano alcune limature e poi il documento sarà “bollinato”.

Otto le aree di intervento (qui in dettaglio) individuate per spingere lo sviluppo della quarta rivoluzione industriale: rilanciare gli investimenti industriali con particolare attenzione a quelli in ricerca e sviluppo, conoscenza e innovazione; favorire la crescita dimensionale delle imprese; favorire la nuova imprenditorialità innovativa; definire protocolli, standard e criteri di interoperabilità condivisi a livello europeo; garantire la sicurezza delle reti (cybersecurity) e la tutela della privacy; assicurare adeguate infrastrutture di rete; diffondere le competenze per Industry 4.0; canalizzare le risorse finanziare. Su quest’ultimo punto il fabbisogno di investimenti stimato a livello europeo è di circa 60 miliardi annui fino al 2030, di cui 8-10 miliardi per l’Italia, si legge nel documento. “Occorre trovare soluzioni affinché le imprese trovino gli spazi finanziari per effettuare gli investimenti necessari, consolidandone l’accesso ai mercati aperti dei capitali sia sul fronte della patrimonializzazione (quotazioni) che del reperimento di finanza esterna (emissioni obbligazionarie) – si legge -. I mercati dei capitali orienteranno sempre più le risorse verso progetti in chiave Industry 4.0. Le stesse banche convoglieranno il credito verso le filiere più integrate e competitive”.

Secondo il Mise per spingere la trasformazione industriale bisognerebbe inoltre rivedere la disciplina sul trattamento fiscale degli ammortamenti “per creare meccanismi di ammortamento accelerato per i nuovi investimenti in beni strumentali, macchinari e attrezzature, con particolare riguardo alle tecnologie abilitanti la trasformazione digitale”. Bisognerebbe inoltre “potenziare il credito di imposta alla ricerca e sviluppo, rendendolo appetibile anche per le imprese medio grandi e i capofiliera, incentivando maggiormente la ricerca extra muros, quella collaborativa e aperta”. E fra gli strumenti in campo anche quello della cooperative compliance “per l’attrazione di investimenti di grande dimensione, con un nuovo rapporto tra fisco e contribuente, ispirato alla collaborazione preventiva ella certezza del diritto”. Dare completa attuazione al regime di detassazione dei redditi derivanti dallo sfruttamento della proprietà intellettuale (cd. “patent box”), l’altra misura da attuare accompagnata da un potenziamento dell’ufficio di ruling presso l’Agenzia delle Entrate e la predisposizione di un meccanismo di accesso semplificato per le Pmi.

Insomma la sfida non sarà semplice ma “Industry 4.0 rappresenta un’opportunità unica per il riposizionamento competitivo dell’Italia”, si legge nel paper. “Per rilanciare l’economia dell’Italia appare necessario intervenire sul comparto industriale e far leva sulle vastissime opportunità che la tradizione di eccellenza del made in italy manifatturiero offre. L’Italia, intercettando la spinta tecnologica e di innovazione legata alla rivoluzione industriale in corso, ha l’opportunità di sfruttare le proprie potenzialità e innescare nuovamente il motore della crescita economica da cui dipende la creazione di occupazione stabile”.

LE OTTO AREE DI INTERVENTO IN DETTAGLIO

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