IL DECRETO

Partecipate, anche le in-house Ict nel mirino del decreto Madia

Il 15 gennaaio il decreto in cdm: via libera all’amministratore unico con una grossa sforbiciata alle poltrone delle partecipate. Previste anche misure di razionalizzazione, fusione e cancellazione degli enti in rosso o “inattivi”. Coinvolte anche le società nel portafoglio del Mef, ma saranno escluse le quotate

Pubblicato il 04 Gen 2016

Andrea Frollà

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Anche le in house Ict della Pa si preparano alla rivoluzione delle partecipate che verrà messa in atto dalla riforma della Pubblica amministrazione. Il decreto legislativo in arrivo il 15 gennaio in Consiglio dei ministri contiene le indicazioni specifiche della riforma Madia, la cui legge delega è stata approvata in via definitiva lo scorso 4 agosto.

La novità principale del testo che arriverà in cdm, visionato da Repubblica e da Il Messaggero, riguarda la governance delle società che saranno guidate da un amministratore unico, mandando in soffitta i consigli di amministrazione con tre o cinque membri che potranno però continuare ad esistere ma solo “per specifiche ragioni di adeguatezza amministrativa”. Una misura che avrà un’ampia portata su una parte delle 7.767 partecipate attive (delle quali solo due terzi registrano bilanci in pareggio o utile), tra cui rientrano appunto anche quelle che forniscono e gestiscono servizi digitali per la Pa.

Tra quelle in rosso rischieranno misure di razionalizzazione, fusione e soppressione le società senza dipendenti o con un numero di amministratori superiore a quello dei lavoratori o ancora quelle in rosso per 4 anni sui 5 precedenti. Ma anche le aziende partecipate che non rientreranno nella nuova categoria di “partecipata pubblica”, per la quale si intenderà quella che produce un servizio di interesse generale, che progetta o realizza un’opera pubblica strumentale all’ente di riferimento (da statuto, almeno l’80% delle attività dovrà essere di questo tipo), che gestisce un servizio di interesse generale in tandem con un privato, autoproducono beni e servizi funzionali all’amministrazione e che supportano con i propri servizi Enti senza scopo di lucro. Saranno invece sicuramente cancellate le cosiddette scatole vuote, ossia le controllate che per 3 anni consecutivi non hanno depositato bilanci o compiuto atti di gestione.

Delle società oggetto della manovra di riorganizzazione faranno parte non solo le società di Regioni ed enti locali, ma anche quelle partecipate dalle amministrazioni centrali come le 29 nel portafoglio del ministero dell’Economia, tra cui rientrano Consip e Sogei. Escluse invece le quotate, Enav e Ferrovie che sono prossime alla privatizzazione e quasi sicuramente la Rai. Nelle mani del Mef finiranno inoltre tutte le partecipate dei ministeri, come le 80 del dicastero dello Sviluppo economico o le 10 delle Agenzie fiscali. Il governo, si legge nel testo, potrà in ogni caso escludere dalle nuove norme singole società a sua discrezione e tramite decreto.

Tra le altre novità niente più incarichi di amministrazione e dirigenza per i pensionati, una stretta sugli stipendi dei manager che saranno commisurati nella parte fissa a “qualificazione professionale, impegno richiesto e dimensioni aziendali” e nella parte variabile ai “risultati di bilancio raggiunti nell’esercizio precedente”. Tempi duri anche per la costituzione di nuove partecipate, per le quali sarà necessario un atto deliberativo accompagnato da un relazione tecnica che dovranno ottenere il via libera di Corte dei Conti e Antitrust.

“Io vorrei che il 2016 fosse l’anno in cui smettiamo di recuperare i ritardi e iniziamo ad anticipare il futuro”, ha spiegato Renzi citando proprio la riforma delle partecipate assieme all’Agenda Digitale tra le priorità dell’azione di governo 2016 durante l’evento della quotazione di Ferrari alla Borsa di Milano.

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