SMART CITY

Tecnologia chiave del Work Life Balance

Telelavoro, riprogettazione della mobility experience alla base delle prime sperimentazioni italiane. Telecom Italia apripista di nuove strategie per ridisegnare l’alleanza azienda-famiglia

Pubblicato il 17 Set 2012

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Spesso l’organizzazione e l’ubicazione delle aziende e il loro dialogo con la città creano disagio e malessere ai lavoratori e ai cittadini. Prendiamo ad esempio il tema della mobilità: alcuni dipendenti possono metterci anche due ore a raggiungere i posti di lavoro, a causa non solo delle distanze da percorrere, ma anche dei picchi generati dagli orari imposti. Il problema della rigidità degli orari si acuisce quando il dipendente si deve far carico della famiglia non autosufficiente. Bambini da accompagnare, membri della famiglia ammalati da curare o anziani genitori da accudire. E poi gli orari di apertura di negozi e uffici pubblici, spesso in conflitto con chi lavora. E anche le sedi di lavoro sono spesso scelte per creare efficienza e concentrare in pochi luoghi il maggior numero di lavoratori. Il disequilibrio di chi lavora in azienda nasce quindi dal combinato disposto di modelli aziendali – tradotto in luoghi, orari e mansioni – ancora retaggio di una cultura industriale “tempi e metodi” e una città sempre più invivibile in quanto sempre meno a misura d’uomo e sempre più governata dai suoi vincoli.

È in questo contesto che nascono le prime sperimentazione del cosiddetto Work Life Balance (ribilanciamento fra lavoro e vita privata), che da tema interno alle aziende sta progressivamente diventando un capitolo progettuale delle future smart cities.
A riprova della rilevanza del tema, un’azienda delle dimensioni e dell’importanza di Telecom Italia ha recentemente istituito una funzione dedicata al Work Life Balance all’interno della struttura Risorse Umane che, nelle realtà di Roma e Milano, ha l’obiettivo di sviluppare e presidiare le varie dimensioni in cui questo tema si declina, naturalmente in raccordo con i vari stakeholder dei territori di riferimento. Le due città sono state individuate in considerazione dell’importanza che questo tema ha non solo per i cittadini-lavoratori ma anche per la città stessa. Basti pensare che a Roma lavorano per Telecom Italia 11mila persone e molti di questi superano abbondantemente l’ora per raggiungere il posto di lavoro. Nel caso di Milano, le problematiche tipiche di una grande città verranno acutizzate dalla futura Expo, che durerà sei mesi. Per questo motivo è necessario instaurare già oggi un dialogo con gli stakeholder dell’iniziativa per fronteggiare insieme le potenziali criticità “collaterali” dell’evento.


Car sharing, asili nido, telelavoro, parcheggi “rosa” per le dipendenti in gravidanza sono solo alcuni dei servizi che l’azienda sta progettando insieme alle amministrazioni locali, tanto è vero che il Work Life Balance sta diventando un vero e proprio approccio strategico per costruire le relazioni con la amministrazioni comunali e sperimentare nuove modalità di lavoro e nuove alleanze azienda-famiglia. Spingendo con più decisione la leva progettuale e il grado di innovazione, alcuni temi legati alla qualità della vita possono diventare un modo per ripensare in modo radicale il lavoro. Se prendiamo ad esempio la mobilità per raggiungere i luoghi di lavoro, i suoi costi per il dipendente e il danno ambientale associato (Co2), è evidente che una delle soluzioni più naturali è l’introduzione incentivata del car sharing fra colleghi (idealmente con auto ibride o elettriche). Se però si volesse ripensare in profondità al concetto di mobilità per il lavoro, si potrebbero ipotizzare una serie di soluzioni con un livello crescente di innovazione. Innanzitutto la riprogettazione degli orari di lavoro, dando ai dipendenti un’autentica flessibilità.

Un livello più spinto di innovazione potrebbe essere la riprogettazione della mobility experience grazie all’utilizzo di mezzi di trasporto collettivo specificamente attrezzati (dotati quindi di terminali, di connettività a Internet e con una certa privacy acustica) per trasformare il tempo di viaggio (completamente sprecato) in tempo di lavoro. Un’innovazione ancora più spinta sarebbe la possibilità di un autentico telelavoro (o a casa o in strutture attrezzate poco al di fuori delle cinture urbane). La progressiva digitalizzazione del lavoro e le nuove soluzioni di videocomunicazione di qualità (ad esempio la Telepresence di Cisco) rendono la riunione in videocomunicazione assolutamente confrontabile (e spesso più efficiente) rispetto a quella tradizionale. Una visione più nomadica del lavoro, non più ancorato ad un luogo fisico e sempre meno vincolato da uno specifico orario, sarà certamente uno dei risultati a cui tendere. Microsoft – ad esempio – ci crede molto e ha lanciato a livello internazionale una serie di iniziative di Work Life Balance il cui slogan è: “Working is something to do not a place where you are”.


Ma in questo contesto la co-progettazione insieme ai futuri utenti diviene essenziale e richiede il coinvolgimento di tutti gli attori (i dipendenti, i referenti aziendali, i sindacati e gli amministratori del territorio in cui le aziende sono ubicate). Solo chi è coinvolto e conosce per esperienza diretta non solo le criticità che una vita “sbilanciata” determina su di sé ma anche gli effetti collaterali sulla sua famiglia può contribuire in maniera efficace a trovare delle soluzioni utili e praticabili. E quindi chi meglio delle donne conosce e vive quotidianamente questo problema. Per questo motivo, si dovrebbe – citando un famoso film di Fellini – incominciare a pensare e a progettare una “città delle donne” e non solo una città a “misura d’uomo”.

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