IL CONVEGNO DEL CORRIERE DELLE COMUNICAZIONI

Telco e PA: “Servono governance e sinergie”

Aggregare le competenze e stimolare il riuso delle soluzioni tecnologiche: questa la ricetta per spingere l’innovazione della macchina pubblica, emersa in occasione del convegno Telco per l’Italia organizzato dal nostro giornale

Pubblicato il 10 Mag 2012

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Mettere insieme le competenze, realizzare sinergie, attuare con maggiore frequenza la pratica del riuso di soluzioni tecnologiche tra amministrazioni diverse ma soprattutto ricercare una governance condivisa. Sono le principali strade per migliorare l’utilizzo delle nuove tecnologie nella pubblica amministrazione secondo i relatori della tavola rotonda sulle Telco per le PA nell’ambito del convegno “Telco per l’Italia!”.

Come ha spiegato il moderatore Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Cloud & Itc as a service della School of Managment del Politecnico di Milano, l’obiettivo era capire cosa si può fare per stimolare l’efficienza ed evitare gli sprechi. Una sfida importante perché, come ha sottolineato il docente, affiancato da Federica Meta del “Corriere delle Comunicazioni”, il settore pubblico vale ben il 52% dell’economia italiana. “Per un’organizzazione complessa come le PA parlare di rete significa parlare di una significativa semplificazione dei processi amministrativi” ha detto Sante Dotto, Direttore Sistemi Informativi di Consip, società per azioni del Ministero delle Finanze al servizio esclusivo delle pubbliche amministrazioni. “In questo campo – ha proseguito – ci sono storie di successo, anche importanti, ma sono disseminate a macchia di leopardo nel tessuto amministrativo dell’Italia. Una cosa è certa: quando entriamo negli uffici ancora oggi cambiamo testa, perché a casa lavoriamo e acquistiamo su Internet con grande disinvoltura, mentre in ufficio chiudiamo i nostri dati nei cassetti. Penso che non esista realmente un gap culturale nel Digital Divide ma soprattutto un gap in termini di corretto comportamento organizzativo”.

Visto che le buone pratiche ci sono, ha continuato il rappresentante di Consip, “bisogna cercare di estenderle. Se servono norme, proviamo a farle. Ma quello che veramente manca è la definizione dei compiti da assegnare a una qualunque struttura che si occupi di queste cose. Piuttosto che ipotizzare scenari futuribili – ha rimarcato – proviamo a capire le risorse che abbiamo a disposizione e costruire sinergie”.

“Non esiste l’ente che possa dare regole su tutto” ha replicato Francesco Tortorelli, responsabile area SPC e Cooperazione applicativa di DigitPa, ente per la digitalizzazione della pubblica amministrazione. “Dato che l’Agenda Digitale italiana discende dalla Digital Agenda europea, dovremmo come minimo essere allineati. Qual è e quale sarà il ruolo di DigitPA non lo so, però possiamo tirare alcune somme”. Ricordando che l’interoperabilità, “condizione che consente al mercato di esprimere le proprie soluzioni e di farle parlare”, rientra tra i pilastri ritenuti strategici per la costruzione della Digital Agenda Europe 2010-2020, Tortorelli ha sottolineato che siamo perfettamente allineati con i colleghi europei sugli aspetti di interoperabilità, ma manchiamo della “disponibilità di servizi”. Infine il rappresentante di DigitPa ha ammonito: “Parlando di regole e gare, non bisogna perdere di vista la governance e gli obiettivi. D’altra parte abbiamo bisogno di servizi che riducano la mobilità delle persone e le facciano comunicare. Per questo stiamo studiando servizi di interoperabilità che i fornitori possano utilizzare”.

A proposito delle buone pratiche già citate da Dotto, è intervenuto a raccontare la propria esperienza Mauro Fioroni, responsabile del Servizio Informatico del Senato. “La crisi – ha spiegato – può diventare una grande opportunità di fare innovazione. Per esempio, sull’onda della protesta popolare per i costi del Parlamento, si è deciso di ridurre drasticamente l’uso di carta. In realtà da anni lavoravamo ai processi di smaterializzazione, ma la crisi ha impresso un’accelerazione: non si stampa più, si fa print on demand”. Anche Fioroni è tornato a ribadire l’importanza delle sinergie per sviluppare e migliorare l’efficienza delle nuove tecnologie applicate alle PA. “In tempi di vacche grasse i settori pubblici potevano forse permettersi di ragionare da soli, ognuno con il suo centro di calcolo e i suoi programmatori. Oggi questo non è più possibile e, del resto, esiste la tecnologia abilitante per fare sinergie. È un problema, però, che richiede decisioni politiche”.

Ha ribadito l’importanza di collaborazione e coordinamento tra pubbliche amministrazioni anche Emilio Frezza, già Chief Operating Officer (Cio) del Comune di Roma e oggi capo dipartimento, ma ha anche sottolineato una necessità primaria: cominciare a contarsi, capire quanto spendono, e come spendono, le PA nel settore delle nuove tecnologie. “Sfido chiunque a trovare un dato unitario a livello nazionale” ha detto. Poi ha evidenziato la frammentarietà che caratterizza la gestione e realizzazione di nuovi progetti tecnologici. “Eppure abbiamo tutti le stesse esigenze di comunicazione: reti fisse,rete mobili, centralini… Ma non c’è un tavolo nazionale che riunisca i diversi enti almeno una volta all’anno per trovare un percorso comune. Se non si fa questo si va incontro a duplicazioni e a dispersioni economiche. Occorre realizzare un’infrastruttura a livello nazionale per mettere insieme le competenze, concludere il ciclo, insomma fare il salto”.

Oltre a raccomandare un uso intelligente ed altamente professionale delle nuove tecnologie, Francesco Loriga, responsabile Servizi informativi, reti e innovazione della Provincia di Roma, ha puntato il dito sulla spinosa questione del riuso da parte di una pubblica amministrazione di una soluzione tecnologica già adottata da un’altra. “Non è così semplice: personalmente ho visto vendere prodotti identici a due dipartimenti della stessa PA…A volte non si fa riuso per la poca autorevolezza riconosciuta a chi gestisce l’Ict in un certo ufficio, altre volte è peggio, c’è malafede. Noi invece abbiamo realizzato il progetto “Provincia Wi-Fi” che adesso è utilizzato da altre 15 amministrazioni a livello nazionale: un caso di buona pratica nel riuso”.

Tirando le fila, Mariano Corso ha messo in evidenza il divario ancora notevole tra l’utilizzo dei servizi di telecomunicazione nel privato e nel pubblico. “Mentre per quanto riguarda le imprese è emersa durante il convegno una forte positività , per cui è apparso chiaro che si può fare tanto con quello che esiste, sulle PA il nodo è la frammentazione della governance, che si potrebbe raffigurare come una piramide tronca. Per superare l’impasse ci vuole buona volontà ma soprattutto la capacità di assumersi responsabilità e arrivare a chiudere delle regole”.

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