Voip, al palo la PA italiana

Nonostante gli obblighi sanciti dalla Finanziaria 2008 migrazione tecnologica solo per il 6% dei telefoni. Ministero degli Esteri, Istat e DigitPA i soli ad aver già concluso la transizione

Pubblicato il 04 Apr 2011

Resa obbligatoria dalla Finanziaria 2008, la tecnologia Voip (voice
over Ip) avrebbe dovuto essere adottata in tutti gli uffici della
Pubblica amministrazione centrale (Pac), con notevoli vantaggi in
termini di risparmio di banda e costi, possibilità di integrazione
tra diversi servizi (telefonia, segreteria telefonica,
videoconferenza, chat, e-mail, sms, fax), e offerta di nuovi
servizi al cittadino. Ma così non è stato.

A raccontare il flop del servizio nel comparto pubblico i numeri
del monitoraggio effettuato da DigitPA secondo cui, da gennaio
2008, su 331.798 telefoni sono migrati all’Ip circa 19mila
apparecchi, pari al 6% del totale: il 2% nelle sedi centrali degli
enti e il 4% nelle periferiche. “Le amministrazioni – spiega
Gianni Nota, l’esperto di DigitPA che ha effettuato il censimento
– privilegiano le sedi periferiche per l’installazione di
impianti Voip sia per abbattere i costi delle comunicazioni tra le
diverse sedi sia perché è più facile ed economico sostituire
piccoli Pabx (centralini telefonici automatici) con apparati Voip,
piuttosto che piattaforme più complesse, come quelle in forze
negli uffici centrali”.
Il 13% dei telefoni è passato al Voip in modalità Ip trunk (si
tratta di telefoni tradizionali collegati in Ip); l’81% degli
apparecchi è ancora tradizionale. Discorso a parte va fatto per le
scuole, che DigitPA monitora diversamente in quanto l’istruzione
è anche competenza provinciale e comunale, dove la situazione non
è certo migliore: solo il 3% de telefoni è in voice over Ip a
fronte di un 97% ancora analogico.
E se l’adozione “langue” anche l’utilizzo non sta meglio.
Laddove la tecnologia ha attecchito, abbastanza diffusa è solo la
videoconferenza ma non le applicazioni “tipiche” (telepresence,
click to dial, unified messaging) che potrebbero innovare la
comunicazione pubblica, al di là del mero dato di risparmio.

Nonostante le basse percentuali di adozione e l’uso circoscritto
della tecnologia va ricordato che ormai tutte le Pac hanno avviato
programmi di migrazione ancora,però, non completati (ecco perché
ci sono pochi telefoni collegati in Ip); situazione che, se da una
parte ha salvato gli enti dalle sanzioni – la Finanziaria 2008
prevedeva il taglio del 30% delle risorse destinate alla telefonia
per gli enti inadempienti – dall’altra ha fatto emergere tutti i
limiti organizzativi di tali progetti. A cominciare dai
responsabili o dai coordinatori dei piani di migrazione: in quasi
tutte le Pac la fonia è di competenza delle direzioni Affari
generali e del Personale con capitoli di spesa separati dall’Ict
e addetti che poco competenti in hi-tech. Il fatto che un tema
caldo come quello delle comunicazioni non sia competenza degli
uffici Ict ha rappresentato, e continua a rappresentare, un grande
ostacolo sul cammino dell’innovazione.

Mentre un centralino analogico, infatti, ha meno bisogno di
manutenzione specializzata, una rete mista dati/Voip necessita di
un controllo continuo, un ottimo know how e soprattutto di
personale tecnico qualificato che spesso manca negli enti. E tali
motivi spiegano anche perché al momento (eccezion fatta per Inps e
Inail) non sono previste le sostituzioni dei grandi Pabx nella Pac,
ai quali sono collegati migliaia di derivati. Fanno eccezione – ma
sarebbe meglio dire fanno “scuola”- i piani Voip del ministero
degli Esteri (che dall’entrata in vigore dell’obbligo del 2008,
aveva effettuato la migrazione collegando in Ip 360 sedi), DigitPA
e Istat, mentre Inps, Inail e ministero del Welfare contano di
completare la transizione per il 2011.

Anche a livello locale il Voip è ancora poco diffuso: solo il 15%
dei Comuni (soprattutto medio-grandi) dichiara di utilizzarlo e lo
fa solo in base a presunte economie sul traffico e non, come
sarebbe auspicabile, in base a progetti di integrazione delle reti
e delle applicazioni.

Tra le Regioni l’Emilia Romagna è quella con la percentuale
maggiore di diffusione (35%), seguita da Sicilia (circa 30%),
Toscana (25%), Umbria (33%) e Valle D’Aosta(31%). Per rilanciare
la fonia Ip nelle Regioni il ministro Brunetta ha voluto inserire
il Voip tra i capisaldi dei protocolli di intesa con i governatori.
“È necessario – puntualizza Brunetta – rendere più efficiente
il sistema di comunicazione, oltre ad abbattere i costi del 60%
così come previsto da E-gov-2012 è quello di tagliare del 60% i
costi della telefonia”.

E l’impegno pro-Voip del ministro non si ferma qui. Linea Amica,
il network degli Urp, è pronta a battezzare un modello di servizio
basato sull’interconnessione Voip fra le PA e la condivisione dei
ticket, cioè delle istanze del cittadino.

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