IL CASO

Trade War, Foxconn & Co. pronti a spostare la produzione in Messico

Il fornitore di Apple – come diverse altre aziende asiatiche del mondo tech – prepara contromisure per minimizzare i danni causati dalla guerra commerciale Usa-Cina. Il chairman Liu Young-way: “La fabbrica del mondo non esiste più”

Pubblicato il 25 Ago 2020

Antonio Dini

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Foxconn e Pegatron, due dei più importanti produttori di elettronica a Taiwan, assieme ad altre aziende dell’isola asiatica, sono pronte a chiudere parte dei loro impianti in Cina e aprire nuove fabbriche in Messico. Questa decisione, secondo quanto sostengono indiscrezioni, è diretta conseguenza della guerra commerciale in corso tra Usa e Cina da un lato e della pandemia di Covid-19 dall’altro. La complessa situazione internazionale, sostengono le indiscrezioni, ha infatti convinto i grandi produttori di elettronica taiwanesi a riesaminare la catena della fornitura globale e ridisegnarla in maniera tale che sia più efficiente e sicura anche di fronte a questi due tipi di crisi.

Un effetto di questi piani sarebbe quello di portare in America Latina, nel giro di pochissimi anni, miliardi di dollari di nuovi investimenti. E gli investimenti non potrebbero arrivare in un momento più adatto perché il Messico, la seconda più grande economia dell’area dopo il Brasile, sta entrando nella fase di rallentamento dell’economia più grave dai tempi della Grande Depressione degli anni Trenta del novecento.

I piani di Foxconn prevederebbero che l’azienda sposti la produzione degli iPhone per conto di Apple, attualmente realizzata a Shenzhen e in altre aree della Cina, in Messico. Apple non sarebbe stata però coinvolta direttamente nell’operazione: la stessa Foxconn starebbe ancora valutando i pro e i contro, cioè la fattibilità e i costi dell’operazione, prima di decidere: il verdetto interno arriverà probabilmente alla fine dell’anno, sostengono le indiscrezioni.

Pegatron, azienda nata tredici anni fa da uno spin-off di AsusTek Computer, avrebbe invece cominciato a cercare un nuovo spazio in Messico, vicino a quello delle fabbriche che ha già realizzato negli anni passati soprattutto per assemblare chip e altre componenti. Anche Foxconn è già presente in Messico con cinque fabbriche, utilizzate soprattutto per produrre televisori e server.

È possibile che l’espansione delle due aziende in Messico sia l’inizio di un più ampio fenomeno di spostamento della catena globale delle forniture verso quell’area del pianeta a causa dei problemi provocati soprattutto dalla guerra commerciale tra Cina e Usa.

A Washington l’idea di un riavvicinamento della produzione, un “near-shoring”, sta piacendo sempre di più e l’amministrazione Trump starebbe esaminando delle misure di incentivo finanziario per incoraggiare lo spostamento di fabbriche dall’Asia verso gli Stati Uniti, l’America latina e i Caraibi. Dal punto di vista degli Usa il Messico è un posto ideale per l’esternalizzazione della produzione perché ha costi molto bassi della mano d’opera, ma un fuso orario e una prossimità geografica ideale per le aziende americane. Inoltre, i nuovi accordi commerciali degli Usa con Canada e Messico alzano fortemente i dazi per le importazioni e spingono alla ripartenza delle produzioni nella regione.

Hon Hai Precision Industry, la casa madre taiwanese di Foxconn, ha precisato in un comunicato che, mentre l’azienda continua a valutare possibili espansioni globali delle sue operazioni e che è un “investitore attivo” in Messico, al momento non ci sono piani per incrementare i suddetti investimenti. Tuttavia, il chairman dell’azienda, Liu Young-way, in una conferenza che si è tenuta lo scorso 12 agosto a Taiwan, aveva dichiarato che, a seguito delle tensioni sino-statunitensi, il mondo si è diviso in due fronti, e la sua azienda stava lavorando “per supportare due set completi di catene delle forniture, capaci di servire entrambi i mercati”.

Inoltre, secondo Liu Young-way, “La fabbrica del mondo non esiste più”, aggiungendo che un terzo circa dei prodotti dell’azienda vengono realizzati al di fuori della Cina e che questa proporzione probabilmente aumenterà.

Secondo altre indiscrezioni anche Luxshare Precision Industry intende costruire delle fabbriche in Messico. L’azienda è il principale assemblatore delle cuffie senza fili AirPods di Apple, un business da otto miliardi di dollari all’anno, pari alle dimensioni di una azienda di medio livello della lista Fortune 500.

Secondo Eduardo Ramos-Gomez, partner della società di consulenza legale Duane Morris & Selvam, che lavora con aziende cinesi e taiwanesi, il governo del presidente Andres Manuel Lopez Obrador starebbe tuttavia sprecando una occasione storica: “Avrebbe potuto essere un’ondata molto più grande”, ha detto Ramos-Gomez. Invece, secondo Alan Russell, ceo di Tecma Group, una società specializzata nella gestione di fabbriche in Messico, cambia poco: “Le grandi aziende globali stanno accorciando la loro catena dei fornitori e diventeranno sempre più regionali. Accade per via del coronavirus, che ha cambiato la scala delle operazioni per molto tempo”.

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