L'INTERVISTA

Smart city, Gareri: “Data governance pilastro delle comunità del futuro”

Il Chief Digital Government Officer di Linkem: “Il governo delle informazioni consente di realizzare servizi innovativi a favore dei cittadini e garantire un business profittevole per le imprese. Ma serve lavorare in ottica di cooperazione pubblico-privato”

Pubblicato il 16 Nov 2021

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La sfida delle città intelligenti non è più solo meramente tecnologica ma è anche di sostenibilità. La pandemia ha infatti contribuito ad accelerare la transizione verso comunità che dovranno essere più resilienti e, per questo, maggiormente in grado di rispondere alle rinnovate esigenze di chi le abita. Di come l’accoppiata green &  blue può rappresentare una chiave di volta strategica per la trasformazione degli spazi urbani e dei servizi ne parliamo con Raffaele Gareri, Chief Digital Government Officer di Linkem.

Gareri, la pandemia ha stravolto tutto: non solo il modo in cui viviamo le città ma anche il concetto stesso di smart city. Cosa è successo?

La pandemia è stata una rivoluzione. Abbiamo cambiato il modo di lavorare, di fare scuola, di fruire dei servizi pubblici e privati. In questo senso possiamo interpretare gli eventi degli ultimi due anni come un acceleratore del cambiamento. Cambiamento che ha riguardato anche il modo di pensare le smart city che non possono più essere solo sistemi tecnologici ma devono diventare piattaforme dove sperimentare nuovi modelli di comunità in grado di generare benessere per i cittadini.

Come si può generare benessere?

Vincendo la sfida del green & blue ovvero pianificare spazi urbani dove la tecnologia diventa un abilitatore di sostenibilità economica, ambientale e sociale.  Sfida che, non a caso, è al centro della strategia che anima il Next Generation Eu. E per avviare un percorso che vada nella giusta direzione serve un approccio multistakeholder: puntare su alleanze, modelli di partenariato pubblico privato ed altri approcci che consentano un coinvolgimento flessibile di tutti player coinvolti.

A suo avviso quali sono le priorità di investimento?

Esistono dei comparti che certamente possono considerarsi prioritari. Penso alla mobilità, al turismo o alle attività produttive. Ovviamente dipende molto dalle caratteristiche economico-sociali del territorio decidere dove intervenire prima. È chiaro che una comunità a vocazione turistico- culturale vorrà investire lì o che una grande città abbia come obiettivo anche l’innovazione nel campo della mobilità, ad esempio. Le agende, dunque, cambiano da territorio a territorio così come diversa è anche sarà la governance.

In che senso?

Se parliamo di piccole realtà, per fare massa critica, sarà necessario aggregare più enti locali per attrarre gli investitori privati e abilitare quel modello di cooperazione pubblico-privato in grado di realizzare i progetti. Diversamente, nei centri urbani più grandi, l’attenzione si concentrerà su come mettere tutti gli stakeholeder allo stesso tavolo per elaborare un progetto che sia condiviso e praticabile. In entrambi i casi però l’obiettivo è univoco: realizzare città, più o meno grandi, nelle quali il digitale sia un collante in grado di equilibrare la componente ambientale con quella sociale ed economica. Si tratta di modelli di governance che, in entrambi i casi, richiedono di lavorare in gruppo, operare ad ecosistema. Andando a a rompere quei silos organizzativi che in passato hanno frenato la digital transformation e che caratterizzano, ancora oggi, sia il settore pubblico sia il privato. Ecco, le smart city così immaginate possono rappresentare anche una piattaforma dove sperimentare nuovi modi di funzionare della PA e dell’impresa.

Nello scenario delineato quale ruolo può svolgere un’azienda come Linkem?

Linkem è un’azienda caratterizzata da un forte approccio “open mind”, naturalmente portata ad immaginare contesti in cui la tecnologia può abilitare la resilienza o ancora rendere sostenibili i business del futuro. Basti pensare alla sua strategia sul 5G, immediatamente declinato non solo come servizio di connettività ma soprattutto come strumento per migliorare la vita a cittadini e imprese.

 Sul fronte smart city quale la vision di Linkem?

Partendo proprio dalla nostra visione della tecnologia come abilitatore di benessere e sostenibilità, stiamo lavorando a una strategia di “Future Communities” che individua strumenti, servizi e modelli per andare a costruire le comunità del futuro. Tre sono gli elementi chiave di questa strategia: il primo sono, appunto, le partnership pubblico-privato nelle quali non si condividono solo le risorse ma soprattutto le competenze e le capacità, da una parte quelle delle pubbliche amministrazioni di identificare i bisogni e, dall’altra quelle dei privati di sviluppare servizi su misura di quei bisogni. E da questa condivisione si andranno a realizzare modelli di ecosistema – questo il secondo elemento – nei quali la PA svolga un ruolo chiave, quello di orchestrazione. Si tratta, in pratica, di contemperare il benessere dei cittadini con le esigenze di profitto delle imprese che saranno sempre più chiamate a predisporre strategie di crescita convergenti tra di loro per produrre valore per la comunità insieme al settore pubblico.

Il terzo elemento chiave?

Il governo dei dati. Se la realizzazione di una città intelligente deve essere un processo che rompe i silos organizzativi, questo sarà possibile solo attraverso le informazioni o, meglio, attraverso la loro governance. Senza la governance dei dati, non c’è città intelligente. Per essere smart, infatti, le città non possono prescindere dalla raccolta e dalla gestione dei dati. In gioco c’è il miglioramento delle capacità decisionali e di programmazione sia delle Pubbliche Amministrazioni sia degli stakeholder per una lettura dei fenomeni urbani sempre più accurata e puntuale in grado di mettere al centro il cittadino, con i suoi bisogni e le sue necessità, e costruire servizi a misura di city user. Proprio la governance dei dati, intesa sia come capacità di renderli disponibili e condividerli con i vari attori delle città smart, sia come strumento per ricavare informazioni utili e produrre nuove policies data-driven, sia come strumento per guidare l’erogazione di servizi digitali in tempo reale. Questa sarà la più grande sfida delle comunità del futuro.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

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