DATI SENSIBILI

Datagate, in ballo c’era (anche) un progetto con gli ospedali

Dopo lo scandalo Cambridge Analytica, stop alle trattative fra Facebook e una serie di strutture sanitarie americane per un progetto che mirava a integrare i dati delle cartelle cliniche con i post al fine di migliorare la cura dei pazienti a rischio. “Progetto alle fasi iniziali, non abbiamo condiviso nessun dato”

Pubblicato il 06 Apr 2018

Patrizia Licata

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Facebook ha messo “in pausa” un progetto avviato nei mesi scorsi negli Stati Uniti in cui ha chiesto ad alcuni grandi ospedali di condividere dati anonimi dei loro pazienti. Lo ha rivelato la Cnbc, aggiungendo che ancora lo scorso mese Facebook era in trattative con una serie di istituti sanitari americani per ottenere i dati anonimizzati dei pazienti, con informazioni su patologie e prescrizioni, allo scopo di unirli alle informazioni messe sul social; ciò avrebbe aiutato a disegnare un quadro più completo delle abitudini e degli stili di vita dei pazienti e permesso agli operatori del sistema sanitario di migliorare l’attività di diagnosi e prevenzione e di individuare i pazienti più a rischio. Alla luce dello scandalo Cambridge Analytica, l’azienda di Mark Zuckerberg ha messo il progetto in stand-by.

Cnbc spiega che l’idea di Facebook era costruire profili delle persone combinando le informazioni sullo stato di salute – dati che sarebbero stati messi a disposizione dal sistema sanitario, che possiede le cartelle cliniche – e le informazioni inserite sul social network, che forniscono una descrizione del background socio-economico del paziente.

I dati sarebbero stati anonimizzati anche se a un certo punto il nome del paziente sarebbe dovuto saltar fuori per procedere all’analisi del contesto e all’elaborazione della cura o dell’assistenza per pazienti con bisogni speciali, per esempio anziani soli o residenti di aree isolate. Facebook avrebbe usato la tecnica dell’hashing per trovare persone presenti sia nel database sanitario che in quello del social network; i dati sarebbero stati utilizzati solo a scopo di ricerca e nella comunità dei medici.

Media, regolatori e consumatori si chiedono tuttavia come l’azienda di Zuckerberg avrebbe garantito il rispetto della privacy e se fosse previsto un meccanismo di consenso informato da parte del paziente. Facebook ha tenuto a precisare che si trovava alle fasi iniziali del progetto e non aveva raggiunto alcun accordo con le strutture sanitarie americane: “Non siamo andati oltre la fase di pianificazione. Non abbiamo ricevuto, condiviso o analizzato i dati di nessuna persona”. Il progetto è ora fermo perché Facebook ha altre priorità e “sta lavorando per capire come migliorare nel proteggere i dati personali“. ”

Facebook ha compiuto altri tentativi di espandersi nel settore sanitario; ha per esempio un team “health” a New York che si rivolge alle case farmaceutiche per convincerle a investire sul social dove possono trovare gruppi con precisi profili demografici o che hanno messo “Mi piace” a pagine che affrontano temi legati alla salute. Anche Amazon si è affacciata nell’industria dell’healthcare avviando un progetto insieme a Berkshire Hathaway e J.P. Morgan. Il settore sanitario può trarre enormi vantaggi da un utilizzo intelligente dei dati e da analisi delle informazioni capaci di rendere non solo le cure ma anche la prevenzione più efficaci e l’intero sistema sanitario più sostenibile; tuttavia le aziende di Internet, abituate a fondare il business sui dati, dovranno dimostrare che i vantaggi promessi non siano prodotti a scapito del rispetto dei diritti della persona.

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