Lo scenario

Intelligenza artificiale, la PA italiana al top in Europa



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Secondo il report The European House Ambrosetti-Ibm, siamo al secondo posto per numero di sperimentazioni totali e al primo per numero di progetti implementati. Competenze digitali bestia nera: solo il 46% degli adulti è in possesso di skill di base. E la sottorappresentazione femminile zavorra la crescita

Pubblicato il 29 nov 2024



trasformazione digitale- img pixabay

L’Italia si posiziona al secondo posto per numero di sperimentazioni totali dell’intelligenza artificiale nella Pubblica Amministrazione e al primo per numero di progetti implementati. Il dato emerge dal Rapporto 2024 dell’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia, realizzato da Teha (The European House Ambrosetti) Group in collaborazione con Fondazione Ibm Italia, il quale evidenzia tuttavia un quadro complesso fatto di luci e ombre nel panorama digitale dell’Italia.

Se da un lato il Paese vanta il primato europeo per progetti di intelligenza artificiale nella Pubblica Amministrazione, il 6° posto per copertura 5G e si distingue per i 48 miliardi di euro destinati – attraverso il Pnrr – alla transizione digitale, la quota più alta tra i grandi Paesi europei, dall’altro emergono infatti problematiche significative: soltanto il 46% degli adulti italiani possiede competenze informatiche di base, uno dei tassi più bassi di laureati in Ict (1,5%) e la sottorappresentazione femminile nel settore digitale, che conta solo il 16% della forza lavoro, non è uno stimolo alla crescita.

I principali risultati del Rapporto 2024

Il Rapporto 2024 dell’Osservatorio sulla Trasformazione Digitale dell’Italia evidenzia i risultati considerando i tre ambiti individuati dal Tableau de Bord: cittadini, imprese e Pubblica Amministrazione.

Per quanto riguarda la digitalizzazione dei cittadini, nel contesto europeo l’Italia si posiziona al 23° posto, con solo il 22% della popolazione dotata di competenze digitali superiori a quelle di base. Tuttavia, cresce l’uso di Internet, con l’85% degli italiani online almeno una volta a settimana, con un incremento del 3% rispetto al 2023.

Lato imprese, la situazione presenta delle sfide specifiche: solo il 28% delle aziende italiane ha raggiunto un livello di intensità digitale alto o molto alto, segnalando la necessità di rafforzare l’integrazione tecnologica nei processi produttivi. Incoraggiante, però, è l’aumento di esperti ICT (+0,2% rispetto all’anno precedente).

Quanto alla Pubblica Amministrazione, i servizi digitali offerti a cittadini e imprese stanno migliorando, ma solo il 68,5% degli italiani interagisce online con la PA, un dato che rimane ancora al di sotto della media europea. È evidente che, nonostante i progressi, molto lavoro rimane da fare per colmare il divario digitale e rendere l’Italia più competitiva nel panorama digitale europeo. Emerge però un dato rilevante: in ambito pubblico, l’Italia è 2° in UE per numero di sperimentazioni totali dell’intelligenza artificiale nella P.A. e 1° per numero di progetti implementati.

Le sfide aperte per il sistema-Paese

Nel quadro evolutivo della transizione digitale in Europa, il Rapporto evidenzia alcune questioni chiave a livello normativo e regolatorio che potrebbero ostacolare l’efficacia delle politiche adottate per accelerare la trasformazione digitale del Paese. In primo luogo, un rischio di frammentazione delle politiche, con l’esigenza di una maggiore cooperazione tra gli Stati membri per garantire coerenza e sostenibilità nelle iniziative.

Nell’affrontare le sfide e le opportunità della trasformazione digitale occorre trovare un equilibrio tra una “self-regulation” – in cui le aziende sviluppano e applicano autonomamente le normative, senza un adeguato controllo esterno, creando incertezze – e una “hard regulation” che, seppure ben scritta, potrebbe risultare difficile da applicare, rischiando di frenare l’innovazione.

Tre priorità strategiche

L’Osservatorio individua tre priorità strategiche per sostenere e accelerare la trasformazione digitale del Paese.

In primis, definisce urgente valorizzare il ruolo di etica, inclusione e collaborazione nel percorso di digitalizzazione del Paese. “Questo significa assicurare un adeguato coordinamento centrale e una visione unitaria nella gestione dei progetti di digitalizzazione della PA, nonché guidare le organizzazioni, a partire dalle pmi, sull’evoluzione e sulle opportunità indotte dal digitale e dall’AI sul posto di lavoro, anche tramite la valorizzazione dei network tra imprese come strumento in grado di stimolare l’innovazione e la collaborazione”.

La seconda priorità si concentra sulla promozione di un approccio multidisciplinare alla formazione digitale, considerando essenziale rafforzare il sistema di Vocational Education and Training (Vet), anche tramite attività di awareness e comunicazione. Si propone inoltre l’introduzione dell’obbligo, all’interno dei curricula universitari in ambito Ict, di almeno un corso riguardante il legame tra digitalizzazione, governance, etica e sostenibilità, mentre per i curricula non legati al digitale almeno un corso sull’AI. Si suggerisce inoltre di prevedere schemi di finanziamento per la formazione e il lifelong learning, per esempio sulla base di Individual Learning Account, e di sviluppare una strategia di attrazione dei giovani talenti digitali dall’estero.

Infine, l’Osservatorio evidenzia la necessità di facilitare l’interoperabilità dei dati e una regolamentazione pro-innovazione, ad esempio promuovendo l’interoperabilità tra le banche dati delle piattaforme pubbliche attraverso l’adozione di standard comuni, il rafforzamento delle infrastrutture digitali centralizzate e gli incentivi alla condivisione sicura dei dati tra enti. Sono inoltre da favorire la diffusione delle sandbox regolamentari come strumento in grado di sostenere l’innovazione e la crescita, mentre è auspicabile una co-regolamentazione tra regolatori, società civile e grandi piattaforme, che sia basata sul rischio.

Bassa digitalizzazione ma anche performance di eccellenza

“Dalla ricerca emerge un’Italia che, da un lato, si colloca fra i paesi meno digitalizzati d’Europa, ma che, dall’altro, mostra performance di eccellenza rispetto ad alcuni parametri importanti, come l’adozione dell’intelligenza artificiale nella pubblica amministrazione, gli investimenti in digitalizzazione, o ancora la copertura 5G – commenta Lorenzo Tavazzi, Senior Partner e Responsabile Scenari & Intelligence di Teha Group. – Rispetto ad altri metodi di misurazione della trasformazione digitale di un Paese, il Tableau de Bord che abbiamo elaborato in collaborazione con Fondazione Ibm Italia ci consente di individuare non solo i punti di forza, ma anche le aree su cui intervenire con politiche mirate per migliorare la competitività dell’Italia. Per guidare la trasformazione digitale in modo consapevole, inclusivo e sostenibile sarà fondamentale assicurare un adeguato coordinamento centrale e una visione unitaria nella gestione dei progetti di digitalizzazione della PA, promuovere un approccio multidisciplinare alla formazione digitale nei curricula universitari e nei percorsi di formazione continua e facilitare l’interoperabilità tra le banche dati delle piattaforme pubbliche”.

Un’opportunità unica

“Il Rapporto evidenzia i progressi nelle aree in cui si sono concentrate le azioni e deve incoraggiare tutti noi a continuare con impegno nell’affrontare le sfide per colmare il divario digitale e promuovere un’innovazione sostenibile – aggiunge Alessandra Santacroce, Presidente di Fondazione Ibm Italia e Government and Regulatory Affairs Executive di Ibm Italia -. Siamo di fronte ad un’opportunità unica per ridisegnare insieme modelli organizzativi e di governance, rafforzare il sistema educativo e sostenere l’inclusività sociale”.

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