L’OSSERVATORIO DEL POLIMI

5G, la spinta dalla filiera dell’Ict: il 43% delle aziende in campo con progetti ad hoc

La copertura nazionale delle reti non standalone ammonta al 10% ma si arriva al 95% con il Dynamic Spectrum Sharing. Primi casi d’uso di imprese e pubbliche amministrazioni. Valsecchi: “Ma sono ancora pochi, l’Italia è indietro e occorre accelerare”

Pubblicato il 10 Nov 2021

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È la filiera dell’Ict a trainare lo sviluppo dei progetti 5G in Italia. La copertura delle reti non standalone ammonta al 10% – si arriva al 95% con il Dynamic Spectrum Sharing – e gli use case sono ancora troppo pochi. Questo, in sintesi, lo scenario che emerge dalle rilevazioni dell’Osservatorio 5G & Beyond della School of Management del Politecnico di Milano.

Aumentano le aziende end user con una conoscenza elevata del 5G, una su tre è interessata alla tecnologia. E nella filiera Ict il 43% ha attivato progetti o intende farlo nel prossimo anno. I casi d’uso in Italia sono poco più di una decina fra progetti commerciali, iniziative sviluppate grazie a finanziamenti europei o co-investimenti con le telco, in diversi ambiti, come Smart & Connected Vehicle-Safety (soluzioni per migliorare la sicurezza dei guidatori), Autonomous Vehicle & Smart Road e Remote Monitoring-Distributed Assets. Pochi ma con benefici concreti, evidenzia il Polimi: minori costi di alcuni processi, più produttività, meno emissioni.

Il mercato, dunque, è ancora nella fase “embrionale”, con una filiera in costruzione, anche se sono stati fatti importanti passi avanti rispetto al 2020. In primo luogo – sottolinea l’Osservatorio del Polimi – è aumentata la copertura, che oggi è pari a una decina di punti percentuali in 5G Non Standalone, ossia quella basata su frequenze medie e al 95% della popolazione servita in Dynamic Spectrum Sharing utilizzando quindi, in gran parte, le frequenze 4G. Per il 5G standalone “puro” quello basato sulla core network 5G la strada è invece ancora lunga. In crescita le vendite di terminali 5G e delle sottoscrizioni in abbonamento.

“Fino al 2020 l’attenzione del mercato era concentrata sulle sperimentazioni per testare l’efficacia della tecnologia, mentre ora il focus è sull’identificazione di esigenze concrete che già oggi possono essere soddisfatte con l’attuale livello di sviluppo delle reti 5G – sottolinea Marta Valsecchi, Direttore dell’Osservatorio 5G & Beyond -. Tali soluzioni consentono di ottenere già dei primi benefici e potranno poi evolvere per valorizzare le caratteristiche distintive della nuova infrastruttura di rete, che consentiranno di ‘fare un salto di qualità’ nei servizi offerti e nei risultati ottenibili. È proprio con questo “spirito” che sono stati lanciati i primi casi commerciali. Sono però ancora pochi, molti Paesi hanno già fatto più che da noi in Italia e in Europa”.

Stando alle rilevazioni del Polimi è cresciuta la conoscenza delle caratteristiche del 5G da parte delle aziende end user, le potenziali utilizzatrici di questa tecnologia: il 30% ha un livello di conoscenza almeno buono, contro il 24% del 2020, e soltanto il 27% non la conosce affatto (era il 48% lo scorso anno). Le imprese dimostrano anche una maggiore consapevolezza delle opportunità offerte dal 5G, con il 34% che lo valuta positivamente e si sta attivando per capire come sfruttarlo (14 punti in più del 2020) e il 30% che dichiara di aver avviato progetti o iniziative pilota nell’ambito o di volerlo fare nel prossimo anno. Importante il ruolo delle imprese della filiera Ict: il 43% ha attivato o intende attivare progetti 5G nei prossimi 12 mesi.

L’Osservatorio ha inoltre censito 98 startup internazionali 5G finanziate fra il 2016 e il 2020 per un totale di 2,2 miliardi di dollari di investimenti raccolti, pari a un finanziamento medio di 26 milioni di dollari. Le principali tecnologie 5G sfruttate sono l’Edge Computing (21% delle startup), seguito dall’Urllc (9%), buono l’interesse anche per l’Open Ran. Tra le tecnologie ancillari, la più esplorata è l’Artificial Intelligence (30%) per offrire servizi alle aziende clienti e l’ottimizzazione della gestione della rete, e l’IoT (28%).

“Il 5G costituirà un abilitatore fondamentale per la trasformazione digitale del Paese, offrendo la possibilità di costruire servizi e applicazioni non pensabili con le reti attuali. Ci arriveremo per fasi successive, perché questo traguardo richiede di mettere al loro posto una serie di tasselli articolati, attraverso convinzione e investimenti da parte di tutti (privato e pubblico, filiera e aziende utenti) – evidenzia Giovanni Miragliotta, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio -. Questi dodici mesi hanno messo ancora più in luce la dicotomia che esiste tra la chiarezza dei bisogni e delle prestazioni attese dal 5G e, per contro, la portata degli investimenti, la complessità della catena del valore da creare e la necessità di avere aziende utenti mature sul digitale per valorizzare appieno la nuova rete”.

“La sfida tecnologica del 5G si gioca nella capacità di unificare la connettività a livello locale della singola fabbrica e distretto produttivo con quella nazionale e globale” – sottolinea Antonio Capone, Responsabile scientifico dell’Osservatorio 5G & Beyond -. Quindi l’esistenza di grandi reti pubbliche ad ampia copertura e dalle alte prestazioni è condizione fondamentale perché la rivoluzione del 5G si possa compiere. Per averle servono grandi investimenti che possono sostenersi in larga misura sulla base dei numeri del mercato consumer che non è il palcoscenico su cui ci aspettiamo di vedere grandi novità dal 5G, ma dalla cui salute dipende l’esistenza dell’infrastruttura comune. E proprio perché l’infrastruttura comune è condizione necessaria, dove il mercato non arriva a rendere profittevole l’investimento sarà importante il buon utilizzo dei fondi pubblici”.

Tre le novità architetturali che, secondo il Polimi, spingeranno lo sviluppo del 5G: le tecnologie radio a onde millimetriche (mmWave), le soluzioni di Multi-access Edge Cloud (Mec) e quelle Open Ran (Radio Access Network). Le mmWave combinate con le tecnologie Fwa, permettono di raggiungere le prestazioni della fibra, come picco di downlink e uplink, spiega il Polimi. Le soluzioni Mec consentono di trasformare la rete in una piattaforma di calcolo (quindi non solo connettività) e di avvicinare la distanza tra terminali e server delle applicazioni per ridurre la latenza, ma – evidenzia il Polimi – richiedono forti investimenti da parte degli operatori e, ad oggi, non c’è una richiesta così forte, perciò attualmente sono legate principalmente allo sviluppo di progetti di reti 5G dedicate a siti e distretti industriali. Le soluzioni Open Ran, infine, sono un’architettura che sfrutta la disaggregazione della rete di accesso radio in componenti separate e la possibilità di trasformare la maggior parte di esse in applicazioni software su un hardware generale; esse apriranno a nuove relazioni tra i produttori di apparati e componenti di rete e alla possibilità di implementazioni multi-fornitore.

“L’arrivo delle reti 5G sta modificando la filiera tradizionale delle Telecomunicazioni mobili per lo sviluppo di progetti B2b. Le nuove reti richiederanno nuovi ecosistemi con una collaborazione tra aziende TLC e altre realtà, anche di settori differenti (come i cloud provider o i fornitori di servizi di cybersecurity) – sottolinea Ivano Asaro, Direttore dell’Osservatorio 5G & Beyond -. Oltre a un ruolo centrale delle aziende utenti, la nuova catena del valore richiede un ampliamento delle competenze (sia specialistiche di rete, sia legate ai domini verticali di applicazione del 5G). Molto interessante anche il coinvolgimento delle startup, per perseguire al meglio l’obiettivo di sviluppare servizi innovativi, introducendo un punto di vista e un know-how nuovo”.

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