I DATI ISTAT

Banda ultralarga, Pmi italiane al palo: solo il 13,8% naviga a 100 Mbps

È quanto emerge dal rapporto “Imprese e Ict 2019”. Pochi gli esperti Ict e il livello di digitalizzazione è basso. Statiche le vendite online

Pubblicato il 09 Dic 2019

M. F.

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Avanti piano. Con alcune punte di eccellenza regionale. La banda ultralarga in Italia fra le imprese comincia a prendere piede anche se i numeri sono ancora bassi. È quanto emerge dal report Imprese e Ict 2019 a firma dell’Istat. Se è vero che il 94,5% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza connessioni in banda larga fissa o mobile è anche vero che solo il 41% naviga ad almeno 30 Mbps e appena il 13,8% ad almeno 100 Mb. Numeri al raddoppio rispetto al confronto con il 2015 ma decisamente non soddisfacenti. E non in linea con le performance delle grandi aziende in cui le connessioni veloci sono salite dal 40,1% al 75,9%.

In aumento le connessioni mobili per il lavoro

Tra le imprese con 10-49 addetti, circa sei su dieci (59%) dichiarano di utilizzare connessioni mobili per l’attività lavorativa e di fornire, a tal fine, dispositivi portatili al 19,9% della propria forza lavoro (18,1% nel 2018). La quota sale fino al 29,5% tra i lavoratori delle imprese di maggiore dimensione, queste ultime nel 95,3% dei casi dichiarano di utilizzare connessioni mobili per l’attività lavorativa. Nel complesso, il 49,9% di addetti utilizza un computer connesso a Internet per svolgere il proprio lavoro (47,6% nel 2018). L’intensità di utilizzo della connessione mobile riguarda il 25,0% degli occupati nelle imprese con almeno 10 addetti (22,8% nel 2018). A livello regionale si evidenzia una buona performance delle imprese del Mezzogiorno: Calabria, Campania, Sicilia e Molise si attestano tra le prime dieci regioni per quota di imprese connesse a Internet a velocità di download pari ad almeno 30 Mbps. La quota di imprese connesse con almeno 30 Mbps è pari a circa il 43% nel Mezzogiorno e nel Nord ovest mentre si attesta al 39,7% nel Centro Italia e al 38,9% nel Nord est.

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Esperti Ict solo nel 16% delle piccole aziende

Al palo la quota delle imprese con almeno 10 addetti che impiega esperti Ict (16%) e aumenta di poco quella delle imprese con almeno 250 addetti che hanno dichiarato di avere specialisti informatici tra il personale interno (73,1%, 71,8% nel 2018). Negli ultimi anni continua a crescere la quota delle imprese di maggiore dimensione che assumono specialisti Ict (38,4%), nonostante le difficoltà nel coprire i posti vacanti: il 18,1% delle imprese con almeno 250 addetti dichiara di aver avuto difficoltà nel reperire personale specializzato (15,7% del 2018).

Il 68,5% delle imprese dichiara di utilizzare personale esterno per la gestione di attività legate all’Ict quali manutenzione di infrastrutture, supporto e sviluppo di software e di applicazioni web, gestione della sicurezza e della protezione dei dati. Tale quota aumenta con la dimensione dell’impresa: dal 67,0% delle imprese di minore dimensione all’84,1% di quelle con almeno 250 addetti. Il 19,4% delle imprese con almeno 10 addetti (16,9% nel 2018) e il 60,9% tra quelle più grandi ha organizzato nell’anno precedente corsi di formazione per sviluppare o aggiornare le competenze Ict dei propri addetti. Aumenta dal 14,0% al 16,3% la quota di imprese con almeno 10 addetti che hanno svolto corsi di formazione informatica rivolti a personale senza competenze specialistiche in Ict.

Le attività economiche nelle quali si evidenzia maggiore attenzione a questo tipo di formazione, dopo quelle legate al settore Ict (circa 37%), risultano le attività professionali, scientifiche (25,9%), le altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine e apparecchiature (22,4%), i servizi postali e le attività di corriere (20,5%).

Il livello di digitalizzazione è basso o molto basso

In generale, circa l’80% delle imprese con almeno 10 addetti si colloca ad un livello ‘basso’ o ‘molto basso’ d’adozione dell’Ict, non essendo coinvolte in più di 6 attività tra quelle considerate; il restante 20% svolge invece almeno 7 delle 12 funzioni, posizionandosi su livelli ‘alti’ o ‘molto alti’ di digitalizzazione.

Tra i 12 indicatori, il divario maggiore tra quote percentuali di imprese per classe di addetti, si registra nell’utilizzo di software gestionali per l’integrazione delle informazioni all’interno dell’impresa (Erp, 31,7% delle imprese con 10-49 addetti contro il 77,7% delle imprese con almeno 250 addetti), seguono l’accesso a velocità di connessione a Internet almeno pari a 30 Mbps (rispettivamente 34,6% e 74,1%), l’utilizzo di social media (45,6% e 70,9%) e il loro utilizzo per almeno due finalità diverse (29,5% e 57,6%), l’adozione di software per gestire informazioni in formato elettronico sui propri clienti (Crm, 25,7% e 51,3%).

Sicurezza Ict, le imprese sono consapevoli dei rischi

Il 92,9% delle imprese con minimo 10 addetti utilizza almeno una misura di sicurezza Ict. L’incidenza dei comportamenti delle imprese di minore dimensione e meno complesse, determina la diffusione di misure di sicurezza meno sofisticate come l’aggiornamento del software (89,5%), l’autenticazione con password (82,2%) e il back-up dei dati (79,2%).

Sono minori le quote di imprese che adottano misure di sicurezza avanzate necessarie ad esempio all’analisi degli incidenti di sicurezza come la conservazione dei file di registro (40,6%) o preventive come le pratiche di valutazione del rischio e l’esecuzione periodica di test di sicurezza dei sistemi (circa 33%).

Le misure di sicurezza più sofisticate sono ad appannaggio di una quota esigua di imprese: il 4,5% di imprese utilizza metodi biometrici per l’identificazione e l’autenticazione dell’utente come riconoscimento del viso, della voce o delle impronte digitali; il 20,4% utilizza la crittografia per dati, documenti o email.

L’accesso alla Rete e l’utilizzo di strumenti informatici e applicazioni software espongono le imprese ai rischi inerenti possibili attacchi o intrusioni dall’esterno con conseguente indisponibilità dei servizi, distruzione o corruzione dei dati o divulgazione di dati riservati. Nel 2019 il 10,1% delle imprese con almeno 10 addetti (il 21,7% nel caso delle imprese con almeno 250 addetti) ha dichiarato di aver avuto nel corso dell’anno precedente almeno uno di questi problemi.

Il 34,4% dispone di documenti relativi a misure, pratiche o procedure connesse alla sicurezza informatica che ad esempio riguardino la formazione degli addetti sull’uso sicuro degli strumenti informatici o la valutazione delle misure di sicurezza adottate. Di queste imprese l’80,7% ha definito o aggiornato tali documenti negli ultimi 12 mesi.

A livello settoriale, le imprese delle telecomunicazioni hanno adottato documenti sulla sicurezza nel 69,1% dei casi; seguono quelle dell’informatica (65,0%) e delle attività editoriali (53,1%); in coda si posizionano le imprese dei servizi postali e attività di corriere (13,7%) e della ristorazione (14,9%).

Nei documenti sulla sicurezza informatica adottati dalle imprese vengono trattate maggiormente le aree connesse alla gestione dei dati di accesso per l’utilizzo degli strumenti informatici (91,2%), seguono le misure per il trattamento dei dati (94,8%) e la responsabilità degli addetti nell’ambito dell’utilizzo di strumenti quali ad esempio email, social media, dispositivi mobili (84,6%).

Infine, il 13,0% delle imprese con almeno 10 addetti (31,3% delle grandi imprese) ha dichiarato di essersi assicurato contro incidenti connessi alla sicurezza Ict.

Le vendite online non decollano

Le imprese con almeno 250 addetti sono più attive rispetto a quelle con 10-49 addetti e fanno registrare una crescita rispetto al 2018 (rispettivamente 35,6% e 12,8% nel 2019, 34,9% e 13,1% nel 2018).

Dal punto di vista economico, la quota di fatturato da vendite elettroniche cresce dal 10,7% all’11,5% del fatturato totale; sono le imprese con 100-249 addetti che fanno da traino, aumentando la percentuale dal 15,9% al 18,3%.

Dopo la crescita registrata negli anni precedenti, resta stabile nel 2019 la percentuale di imprese che, nel corso dell’anno precedente, hanno venduto via web (11,9%, 12,2% nel 2018) e, tra queste, prevalgono quelle che hanno avuto come clienti i consumatori privati (78,6%) anziché imprese e amministrazioni pubbliche (62,1%).  Il canale web continua a essere preferito rispetto a quello degli scambi elettronici di dati in un formato stabilito che è stato utilizzato, al pari del 2018, dal 3,4% delle imprese con almeno 10 addetti.  Tuttavia quest’ultimo canale, utilizzato soprattutto nelle transazioni business-to-business (B2B), continua a generare una quota di fatturato online superiore a quello derivante dalle vendite effettuate via web (rispettivamente 8,4% e 3,1% nel 2019, 6,2% e 4,6% nel 2018).

Al contrario, in alcuni settori dei servizi, più orientati agli scambi con consumatori privati, emerge una maggiore quota di ricavi derivanti da vendite via web, app, emarketplace come per i servizi delle agenzie di viaggio (19,1% del fatturato deriva dal web e solo il 4,0% dal B2B) e delle imprese ricettive (rispettivamente 29,4% e 1,6%).

I settori che contribuiscono maggiormente al fatturato online dell’intera economia, sono quelli del commercio all’ingrosso e al dettaglio (27,1%), dei servizi di fornitura di energia (20,0%) e, a seguire, della fabbricazione di mezzi di trasporto (18,7%).

In termini di imprese che effettuano vendite online, quelle del settore del commercio contribuiscono per un terzo (32,5%), seguono i servizi di alloggio (19,3%) che tuttavia concorrono soltanto al 2,0% del fatturato online totale.

Tre imprese su quattro vendono via web su canali propri

Le imprese che hanno venduto beni e servizi via web nel corso dell’anno precedente hanno dichiarato di averlo fatto nel 75,8% dei casi (74,1% nel 2018) tramite siti web o app dell’impresavi, mentre nel 60,7% attraverso e-marketplace o app di intermediari utilizzati da molteplici imprese (64,1% nel 2018).

Tra le imprese che hanno venduto beni e servizi via web, l’uso di piattaforme digitali è particolarmente diffuso nel settore dei servizi ricettivi (97,9%) e immobiliare (92,5%) dove sono attivi alcuni tra i principali intermediari online conosciuti sul mercato. Il settore della metallurgia per la ricezione di ordini online utilizza quasi esclusivamente canali web propri (98,9%).

In termini economici il 79,2% delle vendite deriva da ordini ricevuti su canali propri e il restante 20,8% da quelli connessi a intermediari digitali. In controtendenza rispetto ai totali nazionali emergono il settore delle costruzioni, quello della fabbricazione di computer, dell’energia e il settore ricettivo nei quali oltre il 60% dei ricavi via web deriva da vendite effettuate tramite piattaforme digitali.

IL REPORT IMPRESE ICT 2019 ISTAT

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