COMPETENZE

Nativi digitali, Save the Childern: il 20% dei minori ha difficoltà con le tecnologie

Diffusi i risultati della “Rilevazione sulla povertà educativa digitale”. Importante il ruolo giocato dalla condizione socio-economica familiare, ma l’incapacità di affrontare i pericoli del mondo virtuale è trasversale

Pubblicato il 07 Giu 2021

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Sono chiamati ‘nativi digitali’, eppure secondo quanto emerge dalla ‘Rilevazione sulla povertà educativa digitale’, l’indagine pilota di Save the Children diffusa oggi, una percentuale significativa di studenti intervistati mostra evidenti lacune nella conoscenza e l’utilizzo degli strumenti tecnologici, nonostante nell’ultimo anno abbiano vissuto in una ‘dimensione digitale‘.

Si configura pertanto una nuova dimensione della povertà educativa, la povertà educativa digitale, cioè la privazione delle opportunità per apprendere, ma anche sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni, attraverso l’utilizzo responsabile, etico e creativo degli strumenti digitali. Dai risultati della ricerca, emerge infatti che circa un quinto (20,1%) dei minori che hanno partecipato all’indagine non è in grado di rispondere correttamente a più della metà delle domande proposte per valutare le competenze di base nell’utilizzo degli strumenti digitali, come identificare una password sicura, condividere lo schermo durante una videochiamata (1 su 10), inserire un link in un testo, scaricare un file da una piattaforma della scuola (29,3%), utilizzare un browser per l’attività didattica (32,8%). Un risultato che non dovrebbe stupire se consideriamo che l’82% dichiara di non aver mai utilizzato prima della pandemia il tablet a scuola, percentuale che si assesta al 32.5% per la lavagna interattiva multimediale.

Famiglie svantaggiate più esposte all’analfabetismo digital

Tra gli studenti partecipanti allo studio, coloro che dichiarano di non avere a disposizione nessun tablet a casa sono il 30.4%, mentre il 14.2% afferma di non avere un personal computer. Più della metà (54%) vive in abitazioni dove ciascun membro della famiglia ha a disposizione meno di un dispositivo. Come per le altre dimensioni della povertà educativa, dall’analisi svolta sul campione emerge che la condizione socioeconomica delle famiglie influisce sul livello di competenze alfabetiche digitali: maggiore il titolo di studio della madre o del padre, minore l’incidenza della povertà educativa legata alle competenze digitali necessarie per effettuare operazioni di base con gli strumenti tecnologici. Un dato che si spiega anche pensando che le famiglie più svantaggiate dal punto di vista socioeconomico sono anche quelle dove minore è la presenza di strumenti quali tablet e personal computer.

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Senza distinzioni l’impatto sociale della povertà educativa

Tuttavia la povertà educativa digitale colpisce più in generale tutti i bambini e ragazzi e non ci sono differenze socio-economiche che tengano, riguardo la loro capacità di conoscere e applicare le “regole” relative alla vita nel mondo virtuale e la capacità di districarsi tra opportunità e pericoli. Dalla ricerca pilota emerge infatti che una quota consistente degli studenti che hanno partecipato allo studio non conosce le regole relative all’utilizzo della propria immagine da parte dei social, o all’età minima per avere un profilo, non è in grado di eseguire semplici passaggi per rendere il proprio profilo social accessibile soltanto agli amici, di far fronte all’uso improprio della propria immagine da parte di altri. Più della metà non conosce le implicazioni legali relative alla condivisione di contenuti offensivi sui social o non è in grado di reagire in modo corretto di fronte all’uso improprio delle immagini altrui. Infine, quasi la metà degli studenti non è in grado di riconoscere una fake news riguardante l’attualità.

“Chiediamo alle istituzioni che si metta al centro un’educazione di qualità”

“Raccogliamo continui segnali di allarme sull’allontanamento dei ragazzi dalla scuola e sui drammatici effetti dell’impoverimento delle famiglie – ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children -. Le bambine, i bambini e gli adolescenti rischiano di pagare il prezzo più alto di questa crisi che ha enormemente acuito le disuguaglianze educative e oggi blocca le loro aspirazioni per il futuro. Con il Manifesto della campagna chiediamo con forza alle istituzioni di mettere al centro della ripresa un’educazione di qualità per tutti i bambini, con interventi concreti e immediati: dagli asili nido alla riqualificazione di scuole insicure e prive di manutenzione; dall’estensione del tempo pieno alle mense scolastiche che vogliamo gratuite per tutti i bambini in povertà, per i quali spesso la mensa assicura l’unico pasto completo della giornata”. “Vogliamo una tabella di marcia del Piano Next Generation che parta dai territori privi di servizi per l’infanzia e per le famiglie e chiediamo che i ragazzi e le ragazze, rimasti troppo a lungo invisibili durante la crisi, siano protagonisti della ripartenza, con l’apertura di spazi di partecipazione e di dialogo con le istituzioni ad ogni livello”.

Povertà minorile ai massimi storici

L’indagine di Save the Children pubblicata in occasione della campagna ‘Riscriviamo il futuro’ rivela inoltre che la povertà minorile, in poco più di dieci anni, è aumentata di dieci punti percentuali e ha raggiunto nel 2020 il suo massimo storico degli ultimi 15 anni: 1 milione e 346 mila minori (il 13,6% dei bambini e degli adolescenti in Italia), ben 209mila in più rispetto all’anno precedente, sono in condizioni di povertà assoluta. Un dato destinato a crescere con la crisi economica generata dal Covid e dovuto, in larga parte, all’aumento consistente del numero di genitori che hanno perso temporaneamente o definitivamente il lavoro, 345.000 durante l’anno trascorso, e la conseguente diminuzione delle loro disponibilità economiche.

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