Secondo il Ministero dell’Industria e delle Tecnologie dell’Informazione cinese (Miit), la Cina ha raggiunto quota 4,8 milioni di stazioni base 5G attive nel Paese, con una copertura superiore al 70% della popolazione. Il sorpasso, in realtà, è avvenuto da tempo, ma i numeri aggiornati pubblicati da Rcr Wireless News non lasciano spazio a dubbi: Pechino non sta solo implementando una rete, sta costruendo un’infrastruttura digitale di nuova generazione, strategica per l’economia e la leadership geopolitica globale. Il contrasto con l’Europa è netto, e i dati previsionali per il 2025 lo confermano.
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Il confronto: penetrazione del 5G nel 2025
A evidenziare il divario è anche uno studio pubblicato su ResearchGate, che mostra le stime di penetrazione 5G nel 2025, Paese per Paese. Ecco il dato chiave: la Cina è destinata a raggiungere una penetrazione del 60% delle connessioni mobili su rete 5G, seguita da Corea del Sud e Stati Uniti, entrambe oltre il 50%. In Europa, invece, i principali Paesi non superano il 35%, con picchi isolati in Germania, Regno Unito e Finlandia.
Il grafico allegato allo studio – “Expected 5G penetration in 2025” – è eloquente. La distanza tra Asia e Occidente è marcata, e non si limita alla quantità di connessioni: riguarda investimenti, strategia industriale, capacità produttiva e, soprattutto, visione politica del ruolo delle telecomunicazioni.
Cina, una rete pensata per il futuro (anche 6G)
La strategia di Pechino è di lungo periodo. Secondo il Miit, oltre il 90% delle aree urbane sono già coperte dal 5G, con una media di 26 stazioni base ogni 10.000 persone e una densità fino a 100 per km² in alcune province. Questo non solo abilita il mobile broadband di nuova generazione, ma crea la base infrastrutturale per il passaggio al 6G.
Il governo ha già avviato progetti pilota sulla sperimentazione 6G e punta a una leadership anche nella standardizzazione internazionale. Tutto questo mentre il settore privato (Huawei, Zte, China Mobile) lavora su architetture integrate tra 5G Advanced e reti satellitari, edge computing e intelligenza artificiale distribuita.
In questo quadro, il 5G non è un punto di arrivo, ma una tappa intermedia verso un ecosistema ultra-connesso basato su applicazioni a bassissima latenza, servizi in realtà aumentata, industria 4.0 e guida autonoma.
L’Europa in ritardo strutturale: frammentazione e investimenti insufficienti
Il confronto con l’Europa è impietoso. Nonostante il sostegno dell’Unione Europea e programmi come il Digital Decade 2030, la frammentazione normativa e industriale tra gli Stati membri ha rallentato il rollout delle reti 5G. In alcuni casi, i bandi per le frequenze sono arrivati in ritardo, in altri le infrastrutture faticano a essere implementate per vincoli regolatori o per l’opposizione delle comunità locali.
Secondo GSMA e altri osservatori internazionali, l’Europa rischia di essere un utilizzatore tardivo e passivo di tecnologie sviluppate altrove, con un impatto diretto sulla competitività industriale. Senza una rete 5G diffusa e interoperabile, infatti, sarà difficile abilitare applicazioni come la manifattura intelligente, la logistica automatizzata o la telemedicina avanzata.
Il timore è che il divario con Cina e Stati Uniti si trasformi presto in una dipendenza tecnologica, non solo nel 5G ma anche nel passaggio al 6G, dove si stanno già giocando le prime partite di standardizzazione e proprietà intellettuale.