L’appello

Frequenze 5G, Galli: “Sì al dialogo, ma nel rispetto dei patti”



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Il numero uno di Inwit è favorevole a soluzioni che supportino la sostenibilità dell’industria e quindi a una riallocazione delle risorse orientata allo sviluppo infrastrutturale. Però avverte: “I Master Service Agreement possono essere riconsiderati soltanto sulle condizioni dei nuovi investimenti”

Pubblicato il 30 dic 2025



2021,  INWIT
2021, INWIT

“Rispetto alle tante partite aperte il 2026 sarà un anno decisivo per il settore Telco”. A dirlo è Diego Galli, direttore generale di Inwit, che in un’intervista al Sole 24 Ore ha tracciato un bilancio dell’anno che sta per finire, confermando che la sfida principale per i prossimi 12 mesi, anche in vista del rinnovo delle frequenze 5G del 2029, avrà a che fare col rilancio delle infrastrutture.

Secondo Galli, infatti, rispetto alla crescita del 5G “l’Italia è rimasta indietro, c’è un gran bisogno di densificazione e sviluppo, sia outdoor sia indoor, ed è necessaria la ripartenza del ciclo degli investimenti. Siamo pertanto favorevoli a soluzioni che supportino la sostenibilità dell’industria e quindi a una riallocazione delle frequenze che sia guidata non solo da un approccio di cassa, ma che sia anche orientata allo sviluppo infrastrutturale.

Il tema dei Master Service Agreement

In questo contesto, per Inwit “la disponibilità al dialogo c’è, ma non si traduce in una riapertura dei patti che hanno sostenuto la nascita del modello italiano delle torri. I Master Service Agreement possono essere riconsiderati soltanto sulle condizioni dei nuovi investimenti”.

Galli sottolinea che i Master Service Agreement siglati dal gruppo “sono parte di un’operazione complessiva fatta nel 2020: Inwit ha investito circa 10 miliardi per l’acquisizione delle torri da Tim e Vodafone, un investimento che prevede ritorni di lungo termine. Inoltre, a seguito del cambio di controllo del 2022, la scadenza dei contratti Msa si è automaticamente estesa al 2038. Creare incertezza intorno a questo modello di business significa limitare anche l’attrattività degli investimenti infrastrutturali sul mercato”, puntualizza il manager, secondo cui i Msa di Inwit “presentano condizioni in linea o migliori dei benchmark di mercato, anche grazie al modello di business e a un’efficienza che garantisce benefici strutturali ai nostri clienti”. Quindi il gruppo resta aperto “al dialogo con gli operatori e siamo molto sensibili alla loro esigenza di continuare a creare efficienza. Questa è la nostra missione”.

Le ipotesi al vaglio per l’assegnazione delle frequenze

Anche nell’ottica di ridurre l’incertezza rispetto a una scadenza sempre più vicina, Agcom ha avviato una consultazione che prevede un confronto tra le parti imperniato su due alternative. Il primo modello implica il rinnovo integrale delle frequenze in scadenza senza esborso, ma a fronte di investimenti. Il secondo è invece un modello “misto”, nel quale la maggior parte delle risorse verrebbe rinnovata mentre una quota residua confluirebbe in una procedura competitiva.
La novità che sposta l’asse del dibattito è arrivata dopo la seconda consultazione pubblica: le licenze per le frequenze 5G in scadenza nel 2029 potrebbero essere prorogate fino al 31 dicembre 2037, perché per gli operatori Tlc è arrivato un primo via libera dell’Agcom al rinnovo dei diritti d’uso a fronte degli investimenti. L’effetto pratico sarebbe quello di evitare una nuova gara, un esito auspicato da tempo dalle telco, che chiedono il rinnovo gratuito o comunque a costi molto contenuti delle licenze attuali. La ratio industriale è immediata: se non si apre un’asta onerosa, la liquidità può essere indirizzata al potenziamento delle reti, anziché essere assorbita dal costo di acquisizione delle frequenze.
In questo quadro, l’Autorità si è orientata verso il primo modello, rafforzando l’indirizzo del rinnovo dei diritti d’uso nelle bande 800, 900, 1400, 1800, 2100, 2600 e 3400-3600 MHz, oltre alla proroga della banda 28 GHz, fino al 31 dicembre 2037. L’architettura regolatoria, tuttavia, non si esaurisce nella scelta della proroga: il rinnovo verrebbe subordinato a obblighi di copertura tecnicamente evoluti, che incorporino parametri di qualità come latenza e densità di connessioni, e dovrebbe essere accompagnato da un obbligo di accesso wholesale rafforzato, comprensivo di strumenti come spectrum sharing e network slicing, con oneri maggiori per chi dispone di più spettro a beneficio dei soggetti con minore dotazione e degli Mvno.

Un tema di politica industriale

La scadenza dei diritti d’uso delle frequenze è di fatto un tema di politica industriale, perché riguarda una porzione maggioritaria delle risorse frequenziali impiegate per i servizi mobili e, insieme, incide su continuità di servizio, qualità della copertura, capacità di assorbire traffico e competitività degli operatori.
Il punto, quindi, non è scegliere tra “rinnovo” e “gara” in astratto: è costruire un meccanismo che preservi gli incentivi agli investimenti e, allo stesso tempo, impedisca che la stabilità regolatoria diventi una rendita. In questo senso, come spiega a CorCom Davide Di Labio, partner di Kpmg, “il rinnovo delle frequenze mobili è, prima che un dossier telco, una decisione di politica economica: stabilisce se lo spettro viene trattato come leva di cassa di breve periodo o come leva di produttività di medio periodo. Nel dibattito sta prendendo forma l’idea di un approccio più orientato alla continuità e alla prevedibilità del quadro d’uso, potenzialmente con meccanismi che leghino la durata e le condizioni dei diritti a impegni verificabili e a correttivi pro-concorrenza. Un impianto del genere può reggere solo se diventa un contratto pubblico misurabile: KPI, scadenze, enforcement, ecc. Serve anche un contrappeso liberale: lo spettro è un bene pubblico scarso, quindi ogni scelta deve restare neutrale, proporzionata e non discriminatoria, preservando la contendibilità del mercato”, chiosa Di Labio.

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