IL RINCARO DI IPHONE E IPAD

Apple provoca Franceschini, l’equo compenso a carico dei consumatori

Per l’iPhone 5s da 32 Gb rincaro di 4,76 euro, per l’iPad di 3,54 euro. Il ministro Franceschini si dice indignato ma l’industria Ict non ci sta. Catania (Confindustria Digitale): “Reazione prevedibile a un provvedimento ingiustificato”

Pubblicato il 23 Lug 2014

A.S.

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Chi comprerà un iPhone 5s da 32 Gb in Italia lo pagherà 4,76 euro in più rispetto al prezzo di riferimento. Per un iPad con la stessa memoria l’aumento imposto da Apple sul mercato italiano è invece in media di 3,54 euro. Così la casa di Cupertino ha risposto alla tassa sull’equo compenso entrata in vigore in Italia, mettendo in pratica le “minacce” che aveva ventilato per scongiurare la decisione del ministro per i Beni e le attività culturali e il turismo, Dario Franceschini. E ora che Apple ha aperto la strada, non è escluso che altri big del settore seguano il suo esempio, dando vita a un’ondata di rincari.

La decisione di Apple ha dato vita a una raffica di polemiche sui social network, e alla presa di posizione del ministro Dario Franceschini, “allibito per non dire indignato”.

Secondo Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, la decisione di Apple è una “prevedibile reazione da parte delle imprese a fronte di una imposizione del tutto ingiustificata”, mentre il ministro Franceschini ne parla come di un “aumento puramente ritorsivo nei confronti dei loro clienti italiani. L’aumento della copia privata non c’entra nulla – afferma – in Francia un iPhone 5s da 16 Gb costa 709 euro a fronte di un tariffa per copia privata di 8 euro, in Germania 699 con una copia privata di 36 euro, in Italia 732,78 euro (,78 per far pesare l’Iva!) ora che la copia privata è a 4 euro mentre era a 729 euro con la copia privata a 0,90. Scaricano sui soli consumatori italiani il legittimo compenso dovuto agli autori – commenta il ministro – pur di non ridurre lievemente il loro margine di guadagno. Che altro dire?”.

Dura anche la risposta dei sindacati, che parlano dell’aumento come di una “provocatoria iniziativa di Apple Italia. Un’operazione di pura mistificazione della realtà mirata a confondere i consumatori e a mantenere inalterati i propri ingenti profitti, spesso realizzati attraverso l’utilizzo di manodopera a basso costo”, affermano da Slc Cgil, FisTel Cisl, Uilpauil, Ugl Comunicazioni, ConfSAL Cida e Cisal .

Non ci voleva un genio per capire come sarebbe andata a finire – commenta Daniele Capezzone (Fi), presidente della commissione Finanze della Camera – ma bastava un briciolo di onestà intellettuale. E invece il ministro Franceschini si era detto certo che gli aumenti dell’equo compenso per copia privata non avrebbero determinato corrispettivi aumenti dei prezzi finali di vendita dei dispositivi, tra cui tablet e smartphone. Apple è il primo produttore a smentirlo e a rialzare i listini”.

Dura la reazione di Francesco Boccia (Pd), presidente della commissione Bilancio della Camera: “Vista la vergognosa reazione di Apple, se non ci sarà in Europa entro l’autunno una disciplina condivisa sulle imposte connesse all’economia digitale, l’unica strada percorribile per l’Italia in vista della legge di Stabilità 2015 sarà quella di inasprire le sanzioni, rafforzando ulteriormente il meccanismo introdotto con la cosiddetta ‘webtax’ 2014, attivando attraverso il ruling un recupero di risorse non inferiore al miliardo l’anno da riversare interamente ai consumatori italiani attraverso adeguati crediti d’imposta”. “Le multinazionali del web quando si tratta di pagare un contributo giusto nel Paese in cui si producono profitti alzano immediate barricate – conclude Boccia – forse perchè diminuiscono di qualche centesimo le risorse che finiscono nei loro conti offshore? Questi comportamenti non sono più tollerabili”.

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