Il dossier Open Fiber-Fibercop sulla gestione delle aree grigie da coprire nell’ambito del Piano Italia a 1 giga è ancora in stallo. La scorsa settimana sembrava esserci stata un’accelerazione rispetto alle trattative tra le due società, ma la riunione che si è tenuta ieri al Dipartimento per l’Innovazione digitale non ha prodotto alcuna novità significativa.
Stando a quanto riferisce il Sole 24Ore, l’incontro è stato infatti interlocutorio e le parti hanno già convocato per il 28 maggio un nuovo round. “Stiamo valutando quanto emerge dai tavoli tecnici”, è la posizione di Open Fiber mentre il governo, confermano alcune fonti, punta a una chiusura del dossier ravvicinata, al 30 giugno.
Indice degli argomenti
Il dossier sul tavolo e le ipotesi al vaglio
La questione riguarda in particolare la cessione di cinque lotti del Piano Italia a 1 giga nelle aree grigie, a semi fallimento di mercato, da Open Fiber (che se ne era aggiudicata in tutto otto) a Fibercop. Il passaggio è promosso dal governo, che ha l’obiettivo primario di centrare gli obiettivi del Pnrr per non incorrere in sanzioni. Tra le varie opzioni sul tavolo c’è quella che l’operazione passi attraverso la cessione di un ramo d’azienda. Un’altra ipotesi è quella di valutare lotto per lotto, individuando criteri di scorporo dei comuni. Si è anche proposto di andare avanti con l’operazione di cessione degli asset e procedere in un secondo momento alla valutazione economica.
L’operazione di cessione del ramo d’azienda, che peraltro comporterebbe il trasferimento dei dipendenti da una società all’altra, sarebbe decisamente più complessa, dovendo anche essere sottoposta al vaglio dell’Antitrust.
Ad avanzare l’ipotesi di cessione di cinque lotti è stato il Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio. In precedenza la stessa Fibercop, con la lettera inviata il 2 aprile dal presidente e ad Massimo Sarmi, si era offerta per subentrare a Open Fiber in tutti i lotti delle aree semi-concorrenziali assegnati al competitor.
Cosa frena il raggiungimento di un accordo
Superare l’impasse non sarà semplice: il nodo fondamentale è che Open Fiber ritiene impraticabile il passaggio di consegne entro il 30 giugno. La proposta di FiberCop del 2 aprile prevedeva il subentro sugli otto lotti aggiudicati a Open Fiber (per un totale di 2,2 milioni di civici), di cui 600mila a rischio ritardo, poi ridotti a 250mila. La scadenza per il passaggio coincide con la verifica di Infratel, è stata fissata proprio per il 30 giugno.
FiberCop è già impegnata a cablare 1,3 milioni di civici nei suoi sette lotti. Open Fiber ha segnalato che l’operazione richiederebbe la riscrittura del piano industriale, la riapertura dei negoziati con le banche, il coinvolgimento dei sindacati e l’autorizzazione dei soci (Macquarie al 40% e Cassa Depositi e Prestiti al 60%). FiberCop ha proposto un indennizzo iniziale, con saldo al termine della due diligence. L’eventuale acquisizione dei lotti da parte di FiberCop potrebbe attivare le condizioni per l’earn-out a favore di Tim legato all’accordo per la cessione di FiberCop.
L’analisi di Intermonte: earn-out possibile anche senza fusione
Commentando la situazione, gli analisti della banca d’investimento Intermonte ricordano “che il riconoscimento dell’earn-out potrebbe avvenire anche in assenza di una fusione societaria, tramite un accordo commerciale tra FiberCop e Open Fiber”.
Tuttavia, nel caso in cui si tratti della cessione di lotti nelle aree grigie – e non di un vero e proprio accordo di accesso reciproco all’infrastruttura – resta da capire se, e in quale misura, l’earn-out a favore di Tim verrà attivato.
Intermonte sottolinea che l’earn-out può arrivare fino a 2,5 miliardi di euro, pari al 75% delle sinergie effettivamente realizzate. “Nella nostra Sop (Statement of Profit or Loss, ndr) che ci porta ad un target di 0,45 euro per azione ordinaria, incorporiamo tale earnout ad una probabilità del 40%, circa 0,05 euro per azione”, si legge in una nota dell’istituto.
“Durante la recente call sui risultati del primo trimestre, il management si è detto comunque fiducioso nella possibilità di arrivare a un accordo entro fine 2026 e ha ribadito che mantenere due reti separate non ha alcun razionale strategico, sottolineando come anche FiberCop, qualora procedesse da sola, sarà comunque costretta a sostenere ingenti investimenti per evitare la perdita di clienti. Dal canto suo, il governo — azionista di entrambe le società, con il 16% di FiberCop tramite il Mef e il 60% di Open Fiber tramite Cdp — potrebbe spingere per accelerare il dossier sulla rete unica”.