L'Italia "resta l'anello debole della catena, quello
attraverso il quale si può affondare l'euro" e ora
"bisogna spegnere l'incendio che oggi brucia l'Italia
domani attaccherà la Francia e dopodomani la Germania". Lo
afferma in un'intervista a Il Corriere della Sera il presidente
di Telecom Italia Franco Bernabè, che elegia la decisione di Mario
Draghi di abbassare i tassi ma rileva come l'istituto centrale,
per "la normativa storicamente disegnata dalla Germania,
quando interviene sui mercati ad acquistare titoli per tamponare le
falle, lo fa con vincoli e limiti senza una vera determinazione,
quasi si dovesse scusare e così risulta debole e prevedibile di
fronte alla speculazione".
Per Bernabè poi non bisogna "inseguire i miti". "La
Germania non è il Regno Unito che ha sempre puntualmente
rimborsato le obbiglazioni di Sua Maestà". La Merkel e
Sarkozy credono di poter fare dell'Italia il loro capro
espiatorio. Ma sbagliano: fanno troppo poco, troppo tardi e troppo
maldestramente".
Bernabè rileva poi come l'Italia deve far ripartire la
crescita "non da ricette miracolose" ma da un "vasto
numero di riforme strutturali e dalla condivisione di questa fatica
tra le persone e i ceti sociali che il governo deve favorire"
sul modello di concertazione attuato da Ciampi.
Una ripresa, sottolinea, verrà solo "da una vasto numero di
riforme strutturali" e, quanto al quadro politico osserva:
"ci vuole un governo credibile almeno sul medio periodo
perché la crescita avrà bisogno di tempo, e capace di negoziare
autorevolmente con gli altri Paesi per convincere la Germania che
è necessario avere un vero prestatore di prima istanza che
assicuri la necessaria liquidita' ai debiti pubblici".
Alla domanda se sia meglio la concertazione alla Ciampi o le sfide
di Marchionne, Bernabè risponde: "Ciampi ha salvato
l'Italia e l'ha portata nell'euro. L'Italia non ha
bisogno di contrapposizioni ideologiche ma di un lavoro solidale di
tutte le forze sociali".
Il numero uno di Telecom invoca poi "una netta separazione tra
le banche commerciali e le banche di investimento" poichè
quest'ultime sono "gli incendiari che possono attingere al
risparmio diffuso attraverso i piu' diversi strumenti
finanziari", ha concluso.