Dopo il Tar del Lazio, anche il Consiglio di Stato ha respinto la
richiesta di Fastweb di sospendere la delibera con cui
l'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni ha fissato le
nuove regole per il cambio di gestore telefonico su rete fissa in 5
giorni, equiparando la pozione di Telecom a quella degli altri
operatori. La delibera prevede che, entro il primo marzo del 2010,
tutti gli operatori dovranno consentire ai clienti la
portabilita' del numero fisso presso un altro gestore entro
cinque giorni dal momento in cui ricevono la richiesta del
cliente. La delibera Agcom ha modificato la norma in base alla
quale per passare da un operatore alternativo a un altro o per
ritornare a Telecom ci volevano venti giorni, mentre per passare
dall'ex monopolista agli altri operatori il tempo previsto era
gia' di cinque giorni.
Come previsto dal provvedimento dell'Autorità, dal primo
novembre i tempi di migrazione da un operatore fisso alternativo a
Telecom sono scesi da venti giorni a dieci. La delibera stabilisce
che entro il primo marzo 2010 i giorni per il passaggio del cliente
ad un altro operatore scendano per tutti a cinque. Per contrastare
il fenomeno dei codici autogenerati (le richieste di passaggio ad
altro gestore avanzate dagli operatori senza la effettiva richiesta
del cliente), il provvedimento prevede inoltre che dal primo marzo
2010 ai clienti sia affidato un codice pin personale per richiedere
in sicurezza il cambio di operatore. Ai primi di ottobre Fastweb ha
impugnato al Tar la delibera, chiedendone l'annullamento,
previa sospensione, perchè ritiene ingiustificata
l'equiparazione dei tempi necessari per passare a un altro
operatore telefonico in quanto non tutelerebbe gli operatori
alternativi rispetto a Telecom, operatore ritenuto dominante.
Una argomentazione non condivisa dal Tar del Lazio che il 30
ottobre ha respinto la richiesta di congelare il provvedimento, in
attesa della discussione di merito del ricorso di Fastweb. Per i
giudici amministrativi di primo grado, nell'adottare la
delibera "l'Autorità ha correttamente tenuto conto del
lungo tempo a disposizione degli operatori (alternativi, ndr) per
organizzarsi e che avrebbe dovuto essere da essi impiegato tenendo
conto che le misure asimmetriche non sono una rendita di posizione
di cui si possa godere senza limiti temporali". Una decisione
ribadita anche dai giudici della VI sezione del Consiglio di Stato,
secondo i quali "non emergono ragioni per discostarsi dalla
decisione cautelare del primo giudice, motivata con il richiamo ai
principi ed ai valori giuridici condivisi". In ogni caso,
secondo il collegio, "sotto il profilo della tutela cautelare
prevale, sotto il profilo della irreparabilita' del danno,
quello degli utenti che vedono ostacolato il proprio diritto di
scelta del gestore telefonico".