Sul Digital networks act (Dna) arriva (dopo quello della CCIA) il commento dell’Ecta, che risponde alla “Call for evidence” della Commissione europea. Il parere è critico per quel che riguarda la regolamentazione dell’accesso – in particolare, il declassamento del regime normativo ex-ante Significant Market Power (SMP), definito dall’associazione delle telco competitive “da sempre una pietra angolare del quadro normativo pro-concorrenza per le Tlc dell’Ue”.
Secondo l’Ecta, le misure contenute nella proposta del Digital networks act si basano su “premesse errate e problematiche“, tra cui un’interpretazione selettiva di come sta andando la connettività digitale in Europa, in particolare per quanto riguarda l’implementazione della fibra e del 5G; e un’interpretazione parziale del ruolo e del raggio d’azione del Gigabit infrastructure act (Gia) – “uno strumento destinato a facilitare l’implementazione dell’infrastruttura”, ma “non adatto a sostituire la regolamentazione dell’accesso”.
“Il declassamento presentato dalla Commissione europea comporta seri rischi di smantellamento del quadro attentamente bilanciato che supporta l’accesso all’ingrosso, la concorrenza e il progresso tecnologico, mettendo a repentaglio lo sviluppo di servizi di nuova generazione come il cloud e l’edge computing, il 6G e l’intelligenza artificiale e minando la fiducia degli investitori, creando incertezza e aumentando il rischio”, si legge nel documento dell’Ecta sottoposto all’attenzione di Bruxelles.
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Ecta: preservare il regime normativo ex-ante Significant Market Power
Secondo l’Ecta, il report sullo “State of the Digital decade 2025” dimostra progressi significativi alla fine del 2024 nella copertura della rete ad altissima capacità (Vhcn, all’82,5% come media Ue), nella copertura in fibra (69,2% degli edifici, in costante crescita dal 2020), nella copertura complessiva del 5G (al 94%) e nella realizzazione del 5G nella banda 3,4-3,8 GHz (al 67,7% nel 2024, rispetto al 51% alla fine del 2023).
“Queste cifre riflettono l’impatto positivo dell’attuale quadro che ha sostenuto l’implementazione delle infrastrutture. Al contrario è il takeup delle reti ultraveloci, in particolare dell’Ftth, ad essere basso e disomogeneo nell’Ue”, prosegue l’Ecta. “Questo mette notevolmente a rischio gli investimenti effettuati per raggiungere gli obiettivi del decennio digitale”.
Questo scenario, argomenta l’associazione, non giustifica l’indebolimento del regime normativo basato sul SMP: “Non ci sono prove fattuali che suggeriscano che le modifiche proposte dalla Commissione nel Digital networks act produrrebbero risultati migliori. Al contrario, la stabilità normativa rimane un fattore chiave per la fiducia degli investitori ed è vitale per la salute del più ampio ecosistema digitale e per continuare a soddisfare le esigenze dei consumatori, delle imprese e delle istituzioni pubbliche”.
Discutibile dare priorità alle misure simmetriche
La Commissione propone nella bozza attuale del Digital markets act di relegare la regolamentazione basata sul SMP a “ultima risorsa”, applicabile solo dopo che sono state applicate misure simmetriche (il Gia o altre forme di accesso simmetrico già applicabili). “Ciò rappresenta un allontanamento radicale dai principi normativi sttabiliti da anni, sostituendo un intervento mirato e basato sull’evidenza per fronteggiare le posizioni di mercato dominanti con un approccio generale che si applicherebbe a tutti gli operatori, indipendentemente dal loro potere di mercato”, afferma l’Ecta.
Dare priorità alla regolamentazione simmetrica contraddice i principi fondamentali del diritto della concorrenza dell’Ue, che riconoscono che gli operatori con un potere di mercato significativo hanno la responsabilità speciale di non distorcere la concorrenza, prosegue l’associazione, sottolineando che il Gia è “inadeguato” come sostituto normativo.
Il Digital networks act rischia di rafforzare il potere degli incumbent?
“Il Gigabit infrastructure act è stato progettato come uno strumento di riduzione dei costi, destinato a supportare l’implementazione della rete, non come strumento per risolvere i problemi strutturali della concorrenza. La sua portata limitata e le sue esenzioni rischiano di consentire agli operatori dominanti di radicare le loro posizioni di mercato, piuttosto che garantire un accesso equo e aperto per tutti”, si legge nella risposta di Ecta alla Call for evidence.
Al contrario, il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche “fornisce un quadro normativo maturo, giuridicamente valido e mirato. Consente alle autorità nazionali di regolamentazione (Nra) di imporre obblighi basati su una rigorosa analisi di mercato, in particolare quando gli operatori hanno potere di mercato significativo”, prosegue l’associazione. Il codice, infatti, “si concentra sull’infrastruttura più importante, come condutture e pali, controllata principalmente da operatori di telecomunicazioni dominanti. Se questi attori dominanti sono autorizzati a limitare l’accesso a tali infrastrutture e a negare l’accesso passivo all’ingrosso fit-for-purpose, e sono liberi di adottare comportamenti anticoncorrenziali danneggiando attivamente i piani aziendali degli operatori alternativi, la concorrenza ne risentirà in modo significativo“.
Far valere il Codice delle comunicazioni elettroniche
Il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche “non è rigido – è tecnologicamente neutro e progettato per evolversi con le condizioni di mercato”, conclude l’Ecta. Il Digital networks act vorrebbe “sostituire questo regime efficace con un sistema non testato di regole simmetriche generalizzate”. Ciò modificherebbe le regole durante un ciclo di investimento, minando la certezza del diritto e la stabilità normativa e “danneggerebbe la reputazione dell’Ue come destinazione per investimenti infrastrutturali a lungo termine, in un momento in cui tale capitale è essenziale non solo per raggiungere gli obiettivi digitali dell’Europa, ma anche per sostenere gli investimenti tecnologici che sono alla base dello sviluppo di innovazioni di nuova generazione come il cloud e l’edge computing, il 6G e l’intelligenza artificiale”.
L’Ecta, dunque, invita la Commissione europea a ripensare alcuni elementi della proposta di Digital markets act e, in particolare, a preservare l’attuale quadro normativo ex-ante SMP nell’ambito del Codice delle comunicazioni elettroniche, senza indebolimenti o reinterpretazioni.
“La regolamentazione delle telecomunicazioni dell’Ue ha, per oltre tre decenni, fornito risultati migliori, prezzi più bassi e una maggiore qualità delle reti e dei servizi, investimenti sostenuti e innovazione continua”, conclude l’associazione. “L’Europa eccelle rispetto agli altri Paesi quando si tratta di combinare l’implementazione di reti gigabit, la loro adozione da parte di consumatori e utenti professionali, nonché l’accessibilità e l’inclusione per i consumatori e le imprese europee. L’Ue dovrebbe ora sostenere l’adozione dei servizi di connettività avanzati per promuovere gli investimenti privati e garantire una transizione equa e competitiva per i cittadini e le imprese dell’Ue. Il suo successo deriva da una miscela equilibrata di forze di mercato e regolamentazione proporzionata e basata sull’evidenza“.