Gentiloni: “Governo accecato dalla televisione”

L’affondo dell’ex ministro della Comunicazioni: “Dai giornali al Web, tutto viene sacrificato sull’altare delle Tv. E sull’innovazione ci muoviamo a passo lumaca”

Pubblicato il 21 Mar 2011

«L’Italia è l’unico grande Paese europeo a non avere
un’Agenda digitale condivisa, impegnativa per l’intero governo,
frutto di un lavoro d’insieme e non lasciata all’iniziativa
isolata di qualche ministro. Si è provato a farlo due anni fa,
affidando l’incarico a Francesco Caio: tutto è finito in un
nulla di fatto, e non per colpa di Caio. Degli investimenti
pubblici previsti da quel piano non si è visto un euro»: è
l’atto d’accusa di Paolo Gentiloni, ex
ministro delle Comunicazioni, oggi responsabile Forum Ict del
Pd.
Dice che l’Italia è ferma. Brunetta la smentirebbe
subito.

Non dico che l’Italia è ferma. Dico che si muove a passo di
lumaca. Imprese, PA, autorità di regolazione: vi sono iniziative
che colgono l’importanza del digitale. Manca però una
strategia-Paese, una cabina di regia sugli obiettivi da
raggiungere, un programma preciso di Agenda digitale. Ed è quello
che abbiamo voluto sollecitare lanciando nelle scorse settimane la
nostra proposta di Agenda digitale. Sollecitazioni simili sono
venute anche dal presidente degli Industriali Emma Marcegaglia e
dall’appello di importanti personalità pubblicato dal Corriere
della Sera. Si tratta di individuare un’occasione in cui le
migliori energie del governo, del Parlamento, delle imprese, della
tecnologie, delle università, del territorio, delle Regioni si
diano obiettivi di grande respiro e priorità realizzative.
Perché non si trova questa occasione?
Perché il governo è troppo dominato dalla visione del
broadcasting commerciale e generalista: è la sua priorità
assoluta. Il resto viene definanziato, che si tratti di carta
stampata, tv satellitare, editoria o Internet. Il piano Caio
prevedeva 800 milioni per il superamento del digital divide e una
società veicolo con Cdp per coprire in banda ultralarga il 50% del
territorio. Per il primo obiettivo non si è vista una lira. Un
mese fa c’è stato l’annuncio che siamo scesi a 100 milioni:
un’altra beffa visto che il Cipe non ha ancora deliberato nulla.
Sulla banda ultralarga a inizio novembre è stato firmato un
memorandum governo-operatori. È una base minima, ma consentirebbe
di partire, anche se è arrivata dopo due anni dal piano Caio.
Eppure, a 4 mesi dalla firma non c’è traccia di un programma
operativo che avrebbe dovuto essere varato in 90 giorni. Non vorrei
che passassero altri due anni prima di arrivare al programma. E mi
chiedo: c’è scarsa consapevolezza dell’urgenza del tema oppure
c’è la volontà di rallentare?
Ma è arrivata la crisi.
Non c’è dubbio. Infatti, nella nostra proposta di Agenda
digitale non insistiamo più di tanto in misure di finanziamento
statale diretto. Puntiamo ad aggregare diverse forze in campo,
Stato, imprese, istituzioni locali, Cdp proprio per fare fronte
alla scarsità di risorse pubbliche. Faccio notare che l’annuncio
del governo dello stanziamento di 800 milioni risale al marzo del
2009 e cioè al momento più acuto della crisi.
Risorse arriveranno dall’asta frequenze.
Che il governo non voleva fare: fino a pochi mesi fa eravamo
l’unico Paese europeo a non prevedere un dividendo per il
broadband mobile dal digitale terrestre. A luglio Tremonti e Romani
hanno bocciato le nostre proposte sull’asta degli 800Mhz: è
arrivata solo con la legge di stabilità. Meglio tardi che mai.
Tuttavia, se si continuano a regalare multiplex a Rai e Mediaset e
a umiliare le tv locali, sarà difficile avere a disposizione la
banda da mettere all’asta. E poi, non possiamo immaginare un
prelievo di 2,4 miliardi da un settore economico come quello delle
tlc mobili senza che almeno una parte delle risorse venga
reinvestita nel settore.
Rimborsare i gestori?
Non dico di dargli con la sinistra quel che è stato tolto con la
mano destra. Parlo di investimenti per promuovere la domanda
digitale, l’e-commerce, la digitalizzazione della PA, tutta una
serie di misure volte a fare dell’Italia un Paese digitale.
Brunetta ha presentato programmi molto
impegnativi.

Sono quasi sempre d’accordo con le cose che dice. Ma ha i fondi
per realizzarle? Ha il coordinamento con tutti i ministeri
interessati alla svolta digitale? Non mi pare. Al di là di singole
iniziative, non vedo un significativo livello strategico di
innovazione digitale nella PA. Manca, ad esempio, un programma vero
di switch-over dei servizi cartacei indicando date, modalità,
priorità partendo dai Comuni che non sono in digital divide.
La PA è un pezzo centrale di un’Agenda digitale Paese ma
non l’unico.

Ed infatti noi prevediamo tutta una serie articolata di misure. In
Francia il potente ministro Besson si definisce ministro
dell’Industria e dell’economia digitale, con una delega
trasversale. Negli Usa già nell’era Clinton il vicepresidente
Gore aveva il coordinamento delle autostrade informatiche. Al tempo
del governo Prodi c’era un Comitato interministeriale per la
banda larga. E adesso? Solo iniziative sparse. E tante promesse non
mantenute.

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