Si allungano i tempi per la restituzione del canone concessorio del 1998 a Tim. La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio contro la sentenza della Corte di Appello che impone il rimborso di circa 1 miliardo di euro all’operatore telefonico, ha sollevato d’ufficio una questione procedurale che potrebbe riaprire il contenzioso e ritardarne ulteriormente la conclusione.
In particolare, i giudici della Suprema Corte hanno ritenuto necessario accertare se Tim, dopo la sentenza di primo grado che spostava la competenza da Roma a Perugia, abbia seguito l’iter corretto impugnando la decisione in appello – come effettivamente avvenuto – oppure se avrebbe dovuto attivare un regolamento di competenza. Per questo motivo, la Corte ha concesso 30 giorni di tempo alle parti e al pubblico ministero per depositare le proprie osservazioni.
Una questione tecnica, ma non secondaria, che potrebbe rimettere in discussione la sentenza con cui, il 3 aprile 2024, la Corte d’Appello di Roma ha condannato la Presidenza del Consiglio al pagamento di 528,7 milioni di euro, oltre a rivalutazione e interessi, portando l’importo complessivo a quasi 995 milioni. A ogni anno di ritardo corrisponderebbero inoltre quasi 25 milioni di euro di interessi aggiuntivi.
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Il mancato accordo e la richiesta di sospensiva
A nulla è valso il tentativo di raggiungere un accordo transattivo prima dell’udienza del 20 gennaio scorso. Tim aveva proposto uno sconto di 150 milioni di euro e un piano di pagamento rateizzato, ma la proposta non è stata accolta né formalmente controbattuta dallo Stato.
Nel frattempo, la Presidenza del Consiglio aveva chiesto alla stessa Corte d’Appello la sospensione dell’efficacia della sentenza, motivando la richiesta con l’impatto potenzialmente grave per i conti pubblici. Secondo l’Avvocatura dello Stato, il pagamento immediato della somma condannata avrebbe inciso per il 2,8% della manovra economica da 28 miliardi di euro prevista dalla legge di bilancio 2024, rendendo necessaria una revisione delle previsioni di cassa tramite un intervento normativo ad hoc.
Ma i giudici romani hanno respinto la richiesta di sospensiva, sottolineando che la Presidenza del Consiglio non ha dimostrato né una reale incapacità patrimoniale, né il pericolo di un danno grave e irreparabile. Inoltre, è stato rilevato come lo Stato non abbia dato seguito alla proposta di composizione bonaria avanzata da Tim, e che la stessa Tim dispone oggi di una solidità finanziaria sufficiente, come attestato dai dati del bilancio aggiornato al 30 settembre 2024.
Reazione in Borsa
L’incertezza sull’esito della vicenda e il rischio di un allungamento dell’iter giudiziario hanno pesato anche sui mercati: in giornata il titolo Tim è sceso fino al 3,7% a 0,3770 euro, dopo un iniziale rialzo in apertura. Un segnale di nervosismo da parte degli investitori, che temono un rallentamento nell’incasso del maxi rimborso e un nuovo scenario di instabilità giudiziaria.
Il pronunciamento definitivo spetta ora alla Cassazione, che dopo aver raccolto le osservazioni delle parti, sarà chiamata a decidere se la procedura seguita da Tim sia stata conforme o meno. Una scelta che potrebbe incidere sulla validità dell’intero percorso processuale e sulla tempistica – già lunga – della vicenda.
Le tappe del contenzioso Tim – Canone 1998
- 1998 – Tim versa allo Stato il canone concessorio oggetto del contenzioso, pari a circa 528 milioni di euro.
- 2003 – Tim presenta ricorso al Tar chiedendo la restituzione del canone.
- Primi anni 2000 – Questione di competenza territoriale: il Tribunale di Roma si dichiara incompetente a favore di Perugia; Tim impugna in appello e ottiene che la competenza resti a Roma.
- 3 aprile 2024 – La Corte d’Appello di Roma condanna la Presidenza del Consiglio a rimborsare 528,7 milioni di euro, oltre a rivalutazione e interessi. Il totale supera 995 milioni.
- 20 gennaio 2025 – Il tentativo di accordo transattivo tra le parti (proposta di Tim: sconto di 150 milioni con pagamento rateizzato) non va a buon fine.
- Marzo 2025 – La Corte d’Appello respinge la richiesta di sospensiva dello Stato, dichiarando provvisoriamente esecutiva la sentenza.
- Maggio 2025 – La Corte di Cassazione solleva d’ufficio una questione procedurale sulla correttezza dell’appello originario di Tim, aprendo un nuovo capitolo giudiziario. Le parti hanno 30 giorni per le osservazioni.