DATA PROTECTION

Privacy, il Garante vuole più informazioni da Google

L’authority chiede “maggiori e più puntuali dettagli” sul trattamento dei dati degli utenti italiani. La replica di Mountain View: “Rispettiamo la legge europea”. Intanto la Francia lancia l’ultimatum: il motore ha tre mesi per mettersi in regola, dopodiché via alle sanzioni

Pubblicato il 20 Giu 2013

Paolo Anastasio

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Dopo l’allarme privacy lanciato dai garanti mondiali sui Google Glass, e dopo la dura reprimenda di Antonello Soro nei confronti di Mountain View durante la relazione annuale dell’Authority, prosegue l’azione del Garante italiano, intrapresa nei confronti dell’azienda di Mountain View nell’aprile scorso con l’avvio di un’istruttoria per verificare il rispetto della normativa italiana delle nuove regole privacy adottate dalla società statunitense. L’Autorità, si legge in una nota, “ha deciso di richiedere a Mountain View maggiori e più puntuali dettagli su specifici aspetti delle modalità di trattamento dei dati degli utenti italiani: in particolare, riguardo all’informativa e al consenso all’uso dei dati, alla loro conservazione e al loro possibile incrocio, anche tra prodotti e servizi diversi. Gli ulteriori elementi che verranno forniti da Google al Garante saranno oggetto di valutazione per l’eventuale adozione dei provvedimenti ritenuti più opportuni, inclusi, qualora dovessero ricorrerne i presupposti, quelli a carattere prescrittivo o sanzionatorio”. Insomma, Google rischia sanzioni in Italia per violazione del codice in materia di informativa sul trattamento dei dati personali e sul consenso all’uso degli stessi.

Pronta la replica di Google: “La nostra normativa sulla privacy rispetta la legge europea e ci permette di creare servizi più semplici e più efficaci – si legge in una nota del motore di ricerca – Siamo stati costantemente in contatto con le diverse autorità coinvolte nel corso di questa vicenda e continueremo a esserlo in futuro”.

Intanto, il Garante francese (Cnil) passa direttamente alle vie di fatto nei confronti del motore di ricerca Usa, concendendo a Mountain View 3 mesi di tempo per mettersi in regola con la legislazione locale, pena l’imposizione di sanzioni pecuniarie, comprese fra 150mila e 300mila euro al giorno secondo Le Monde.

Nell’aprile scorso, esaurita la fase di indagine a livello europeo da parte del Gruppo che riunisce i Garanti privacy dei 27 Paesi dell’Ue, le Autorità di protezione dati italiana, francese, tedesca, olandese, spagnola e inglese riunite in una apposita task force avevano avviato, con un’azione congiunta, procedimenti nei confronti di Google.

Il procedimento avviato dall’Autorità per la privacy francese ha confermato la violazione delle disposizioni in materia di protezione dati: a Google sono state date indicazioni sui principi da rispettare e sulle misure da adottare per rendere i trattamenti conformi alla normativa nazionale. Nei Paesi Bassi,
l’Autorità si appresta a chiedere a Google di fornire chiarimenti, elementi e documenti, che una volta raccolti, confluiranno in un documento finale che potrebbe avere come esito anche l’eventuale irrogazione di sanzioni.

Un’istruttoria è in corso anche nel Regno Unito, dove il Garante è in procinto di rendere noti a Google i risultati dell’analisi preliminare condotta. L’Autorità di protezione dati di Amburgo ha instaurato un procedimento nei confronti di Google che potrebbe dar luogo a un provvedimento a carattere prescrittivo che imponga alla società l’adozione di specifiche misure per conformare i trattamenti alle norme nazionali. Anche in Spagna l’istruttoria aperta nei confronti della società di Mountain View è in corso di svolgimento. L’Autorità di protezione dati spagnola ha notificato a Google la propria decisione di avviare una procedura a carattere sanzionatorio per violazione dei principi cardine della normativa nazionale.

Infine, sul fronte della pubblicità sul motore di ricerca, il Tribunale di Palermo ha assolto Google dall’accusa di pubblicità ingannevole in un caso che vedeva contrapposti due noelggiatori auto: da una parte Maggiore Rent e dall’altra SicilyByCar, un noleggiatore locale condannato per pubblicità ingannevole, avendo utilizzato il servizio AdWords di Google tentando di assimilarsi alla Maggiore tramite una keyword identica a quella del marchio concorrente. Ebbene, il Tribunale di Palermo ha sentenziato che Google non è responsabile della pubblicità ingannevole che venga caricata dai clienti sul web.

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