Tlc, la crisi si infittisce. Asstel: “Il governo agisca”

Parisi: “L’esecutivo attui subito quanto previsto dall’Agenda Digitale europea”. Rispetto ai grandi Paesi europei i ritardi dell’Italia non sono dovuti né a prezzi né a copertura né a tecnologia broadband. Scarseggia l’alfabetizzazione informatica

Pubblicato il 27 Ott 2010

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Una crisi strutturale che la difficile situazione economica ha
accentuato. I dati del
primo rapporto sulla filiera delle Tlc/Ict, condotto da
Analysys Mason per conto di Asstel, parlano chiaro: già nei primi
sei mesi del 2010 il mercato delle Tlc è sceso del 2,3% rispetto
allo stesso periodo del 2009, seguendo l'onda lunga negativa
degli ultimi quattro anni nei quali il comparto ha bruciato 3
miliardi (1,6 nel fisso e 1,4 nel mobile). E, come ancora di
salvataggio, non bastano nemmeno le buone performance della banda
larga mobile che traina la penetrazione nel Paese senza però
riuscire a compensare il calo di quella fissa.

“Il settore delle Tlc sta vivendo una fase di forte sofferenza in
termini di riduzione di ricavi e margini e di calo occupazionale,
ma ha davanti a sé anche la necessità ineludibile di realizzare
uno straordinario volume d’investimenti per tenere le proprie
reti tecnologiche al passo con il costante aumento dei volumi di
traffico e l’evoluzione dei servizi – spiega Stefano Parisi,
presidente di Asstel -. Ciò significa che anche in Italia, a
partire dal rilancio degli investimenti delle imprese di Tlc, si
sta creando una grande concreta occasione per realizzare un modello
virtuoso di sviluppo tecnologico, offerta di nuovi servizi,
espansione della domanda d’innovazione, apertura di nuovi
indotti. Un modello che può contribuire ad affrontare molti nodi
strutturali della nostra economia: la produttività del sistema
economico, l’efficienza dei servizi e delle amministrazioni
pubbliche, la trasparenza nelle transazioni economiche. Perciò,
oggi più che mai, è fondamentale che si comprenda la rilevanza
strategica delle Tlc per lo sviluppo del Paese, così come sta
accadendo in Ue e nei principali paesi industrializzati ”.

L’effetto più evidente delle crisi si è avuto sui fornitori di
apparati e servizi che hanno registrato una riduzione del margine
operativo lordo, che indica non tanto una contrazione di volumi, ma
soprattutto una forte pressione sui prezzi, dovuta alla
competizione straniera e alle pressioni degli operatori. Per quanto
riguarda gli operatori di call center, essi rappresentano un
settore in controtendenza rispetto al resto della filiera. Essi
beneficiano infatti dell’aumentata complessità dei servizi
offerti e di un rapporto sempre più di partnership con gli
operatori ed integrazione nei processi aziendali. Anche su questi
attori tuttavia si riscontra un elemento strutturale di
variabilità del portafoglio ordini, rispetto a costi del lavoro in
gran parte fissa. Ciò ha portato ad un aumento dell’incidenza
del costo del lavoro sui costi totali.

Asstel rileva infatti un aumento dell’incidenza dei costi del
personale sul fatturato (passata dal 10% al 12% negli ultimi 4
anni), nonostante una decrescita complessiva del numero degli
addetti. In particolare, gli addetti sono scesi dell’1% per anno,
nonostante il forte aumento degli addetti di call centre che sono
cresciuti da 10 a 16mila unità negli ultimi 4 anni. L’aumento
dell’incidenza dei costi del personale nelle Tlc è pertanto
dovuto ad un aumento dell’anzianità aziendale degli addetti, e
quindi dell’inquadramento, portando a un aumento del costo medio
del personale calcolato sulle retribuzioni globali di fatto di
tutte le categorie. L’aumento dell’età media degli addetti va
anche inquadrato in un contesto storico in cui le aziende Tlc, che
erano mediamente molto più giovani della media di mercato, stanno
seguendo un naturale processo di maturazione. Va notato che
nonostante le pressioni sul controllo dei costi, sono aumentati gli
sforzi verso la formazione, le cui ore sono aumentate di oltre il
6% negli ultimi 4 anni.

“Il settore ha fatto molto per il Paese e continuerà a farlo,
attraverso un mercato tra i più dinamici e concorrenziali, che ha
contribuito in modo consistente alla riduzione dell’inflazione,
ha attratto ingenti investimenti esteri e nazionali, assicurato un
forte contributo all’erario, sviluppato un nuovo indotto di
servizi in outsourcing Con il rinnovo del Ccnl, avvenuto a ottobre
dell’anno scorso, è stato introdotto un modello innovativo di
relazioni industriali negoziali e partecipative esteso all’intera
filiera delle Tlc, che ha già permesso di raggiungere importanti
risultati. Le imprese di Tlc sono pronte a fare la loro parte con
nuovi investimenti sullo sviluppo delle reti e dei nuovi servizi.
Al Governo non chiediamo soldi ma l’impegno a realizzare anche in
Italia l’Agenda Digitale per la modernizzazione del nostro
sistema economico.”

Ecco nel dettaglio i punti salienti del rapporto

La penetrazione della banda larga – In complesso
il numero totale di linee voce in Italia è cresciuto, ma la spinta
maggiore proviene dal mobile per circa 10 milioni di linee,
portando la penetrazione mobile al più alto livello in Europa,
pari al 150%. D’altro canto, le linee fisse sono calate di 5
milioni per effetto di sostituzione, portando l’Italia al più
basso livello di penetrazione in Europa: al 77%. Nell’ambito
della banda larga fissa, nonostante la crescita (confermata da un
aumento del 7.3% degli accessi tra giugno 2009 e giugno 2010),
l’Italia rimane ultimo paese fra i 5 principali dell’Unione
Europea. La penetrazione della banda larga mobile è però la più
alta in Europa, ma non è sufficiente a portare il livello totale
fisso più mobile in linea con gli altri paesi, che anzi con il 67%
rimane il più basso considerando gli accessi per famiglie.

L’adeguatezza dell’offerta – Il livello i
prezzi in Italia in proporzione sui consumi privati, non giustifica
la bassa penetrazione, e anzi sembrerebbe poter stimolare una
penetrazione molto maggiore. Per quanto riguarda l’offerta di
servizi a banda larga la copertura per servizi di prima generazione
è intorno all’88%, cioè sopra 1 Mbit/s. Questo valore è in
linea con l’esperienza in altri paesi europei, e quindi non tale
da avere un ruolo determinante sul mancato sviluppo della banda
larga. Va aggiunto che l’Italia ha anche il primato del più alto
livello di copertura e di linee attive in fibra in Europa. In
termini di velocità di accesso, in Italia le offerte oltre i 10
Mbit/s sono ampiamente disponibili, come negli altri paesi, e la
copertura dell’ADSL2+ è oltre il 67%. Inoltre, alcuni operatori
italiani hanno già cominciato a offrire collegamenti a 100Mbit/s,
seppure in aree limitate. Quindi, possiamo concludere che sul lato
dell’offerta non ci sono delle mancanze tali da giustificare un
così ampio ritardo di penetrazione.

I ritardi della domanda Ict – In termini di
alfabetizzazione informatica, l’Italia rimane indietro sia come
diffusione del computer che come uso degli strumenti informatici.
Le principali cause di mancato utilizzo di strumenti informatici
consistono in una scarsa capacità di utilizzo ed in uno scarso
interesse. Fondamentale, a questo proposito, appare il livello di
disponibilità di servizi pubblici on-line che in Italia risulta
inferiore non solo alla media dei 5 principali paesi, ma anche a
quella dei 27 membri dell’Unione.

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