Un forte segnale arriva dal ministro Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei, il Pnrr e la coesione territoriale, intervenuto in Parlamento per sottolineare la necessità di uno sforzo immediato e concreto da parte delle società che stanno implementando il Piano Italia a 1 Giga, progetto chiave per la diffusione della banda larga nelle aree interne italiane.
Nel suo discorso alla Camera, Foti ha esplicitamente ventilato la possibilità di esercitare il potere di revoca per i lotti che non raggiungeranno gli obiettivi prefissati entro il 30 giugno 2026. “Dobbiamo fare tutti il tifo perché le due società destinatarie dell’incarico (Open Fiber e FiberCop, ndr) comprendano, con uno sforzo di responsabilità, che vi è un obiettivo necessario e qualificante per questo Paese”, ha detto.
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Banda larga: attacco alle Regioni al ralenti
Il ministro ha attaccato le Regioni, di destra e sinistra, che hanno rallentato l’implementazione, con solo 46 case di comunità ultimate sulle mille previste, ma ha escluso l’ipotesi di commissariamenti. Foti ha denunciato uno “scadimento del confronto politico che io personalmente non accetto” nel dibattito intorno al Pnrr e alle sue richieste di correzione.
Ha ricordato che nei primi mesi del 2025 sono stati spesi soltanto 6 miliardi dei fondi Pnrr, una cifra nettamente insufficiente rispetto alle ambizioni del Piano, e ha chiesto un’accelerazione per evitare che i ritardi compromettano l’intero progetto.
Foti ha inoltre sottolineato che “non c’è un cantiere che si fermi, non c’è tratta che non vada avanti, non c’è un intervento che sia sospeso”, nemmeno nel capitolo delle ferrovie, settore che con l’ambiente concentra le principali questioni della rimodulazione tecnica approvata dalla Cabina di regia.
Banda larga sul tavolo Italia-Ue
L’intervento nasce da un negoziato con la Commissione europea avviato due mesi fa, mirato ad affrontare “le situazioni che non possono essere risolte entro il 30 giugno 2026, non per inerzia ma per fatti che sono successi”, come imprevisti gestionali, sorprese geologiche e performance inferiori alle attese.
Uno degli snodi più delicati è proprio il Piano banda larga nelle aree grigie, lontane dai grandi centri, dove gli operatori competono per quote di mercato nelle connessioni. Foti ha chiesto alle due società attuatrici di trovare una soluzione condivisa, evitando conflitti, poiché “esistendo il potere di revoca in casi di inadempienza, il governo potrà valutare anche questo”. Sul fronte finanziario, Foti ha evidenziato che i censimenti ufficiali della piattaforma ReGis arrivano a circa 70 miliardi di spesa, appena 6 miliardi in più rispetto alla fine del 2024, troppo pochi rispetto ai 194,4 miliardi complessivi previsti entro il 2026.
Al termine del dibattito, la maggioranza ha chiesto al Governo di “proseguire il confronto con la Ue” per una nuova rimodulazione straordinaria del Piano.
Banda larga: a rilento i lavori del Piano Italia 1 Giga
Foti ha inoltre ricordato che nei primi mesi del 2025 sono stati spesi solo 6 miliardi di euro sui fondi Pnrr, una cifra che deve necessariamente accelerare per non compromettere gli obiettivi fissati entro il 30 giugno 2026. “Non c’è un cantiere che si fermi, non c’è un’azione che non vada avanti, ma è fondamentale superare i problemi tecnici, gestionali e normativi che rallentano l’avanzamento”, ha detto. La posta in gioco è alta, perché il Piano Italia a 1 Giga rappresenta uno degli interventi più ambiziosi di infrastrutturazione digitale in Europa, e la sua buona riuscita è cruciale per la competitività del Paese.
Open Fiber sotto pressione: possibile revoca di quattro lotti
In questo contesto di grande tensione si inserisce la situazione di Open Fiber, che rischierebbe la revoca di quattro lotti Pnrr nelle aree grigie a causa del mancato raggiungimento della soglia del 70% del target intermedio fissato per il cablaggio entro il 30 giugno 2025. Open Fiber gestisce otto lotti per un totale di circa 2,2 milioni di civici da cablare, mentre FiberCop ne gestisce sette per circa 1,3 milioni.
Le aree più in sofferenza per Open Fiber sono la Toscana, il Lazio, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e l’Emilia-Romagna, regioni in cui i ritardi accumulati potrebbero causare una revoca che segnerebbe una battuta d’arresto per l’intero progetto di banda larga nel Paese. La Lombardia, invece, sembra essere l’unica regione in cui i target sono rispettati.
Lotti banda larga critici a FiberCop?
Il consiglio di amministrazione di Open Fiber è chiamato a decidere entro il 28 maggio se avviare il trasferimento dei lotti in difficoltà a FiberCop, che si è dichiarata disponibile a prenderne in carico solo fino al 30 giugno. L’ad Gola, però, non ha ancora ricevuto mandato dal board per trattare una tale operazione, lasciando aperto il rischio di un’impasse che potrebbe aggravare la situazione. Questa dinamica si intreccia con il progetto più ampio di integrazione tra Open Fiber e FiberCop, un processo che vede coinvolti Cdp e Macquarie, principali azionisti di Open Fiber, e che rischia di complicarsi per le divergenze sulle cosiddette “aree nere” della rete, quelle più concorrenziali e ad alto valore strategico.
Tensioni tra Cdp e Macquarie e impatto sulla rete unica
Le differenze tra i due azionisti di Open Fiber si concentrano proprio sul futuro delle aree nere. Cdp, che detiene il 60% della società, spinge per mantenerle all’interno della rete unica nazionale, ritenendo che una gestione integrata possa massimizzare le sinergie e gli investimenti, con un valore stimato tra i 4 e i 6 miliardi di euro.
Macquarie, al contrario, preferirebbe separare queste aree, dichiarandosi disponibile anche a rilevarle direttamente. Questa posizione rischia di rallentare il processo di fusione e lascia aperto un punto interrogativo sul modello di governance che potrà emergere per la rete unica di banda larga in Italia.
Intermonte: sinergie industriali e sfide regolatorie
Da un punto di vista finanziario e di mercato, l’analisi di Intermonte evidenzia che un accordo tra FiberCop e Open Fiber, anche limitato alle sole aree bianche e grigie, potrebbe consentire a Tim di incassare un earnout fino a 2,5 miliardi di euro, pari al 75% delle sinergie industriali attese. La probabilità di realizzazione di questo scenario è stimata intorno al 40%, con un impatto positivo sul target price delle azioni Tim.
Dal punto di vista regolatorio, una integrazione parziale limitata alle aree bianche e grigie non dovrebbe sollevare particolari problemi antitrust. Inoltre, se Macquarie sarà disponibile a gestire la cessione o la rilevazione delle aree nere, queste ultime potrebbero essere affidate ad altri operatori come Fastweb o Vodafone, assicurando così una pluralità di player nel mercato.
L’analisi sottolinea anche che, in futuro, la rete unica potrebbe adottare un regime regolatorio incentivante di tipo Rab (Regulatory Asset Base), capace di attrarre investimenti ma con il possibile effetto collaterale di aumentare le tariffe wholesale. Questi aumenti potrebbero essere trasferiti agli utenti finali, modificando la dinamica competitiva sul mercato retail della banda larga.
Una scadenza decisiva per la banda larga italiana
La scadenza del 30 giugno 2025 rappresenta un momento cruciale per il Piano Italia a 1 Giga e per il futuro della banda larga in Italia. Il ministro Foti ha messo in chiaro che il Governo non esiterà a esercitare il potere di revoca per garantire l’efficacia degli investimenti pubblici e il raggiungimento degli obiettivi infrastrutturali.
Open Fiber si trova dunque sotto pressione, chiamata a rispettare target stringenti in un contesto di grande complessità tecnica e gestionale, mentre il dibattito sull’integrazione con FiberCop e la governance della rete unica è tutt’altro che risolto. L’esito di questa partita avrà effetti profondi non solo sull’avanzamento della banda larga, ma anche sulla competitività del settore delle telecomunicazioni e sulla capacità dell’Italia di colmare il digital divide, uno dei nodi centrali per la ripresa e la crescita economica del Paese.