La decisione di Agcom di applicare il regime di autorizzazione generale previsto dal Codice delle comunicazioni elettroniche alle Content delivery network (Cdn) scatena le critiche della Computer & Communications Industry Association (Ccia Europe), secondo la quale l’autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni italiana sta creando “un pericoloso precedente che dimostra come l’imminente Digital networks act della Commissione europea potrebbe introdurre tariffe di rete in tutta l’Ue in modo subdolo”.
Secondo Ccia, la decisione di Agcom contraddice anche la recente dichiarazione commerciale congiunta Ue-Usa, che escludeva esplicitamente le tariffe di rete, e rappresenta un chiaro pericolo per l’internet aperto in Europa.
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Content delivery network, Ccia contro Agcom
“Uno studio di Plum Consulting avverte che l’obbligo di risoluzione delle controversie nel mercato dell’interconnessione Ip – una conseguenza di vasta portata della decisione dell’Agcom e un aspetto nascosto del futuro Digital networks act – è esattamente ciò per cui stanno facendo pressioni gli amministratori delegati dei maggiori operatori di telecomunicazioni europei”, si legge nella nota di Ccia.
Prosegue l’associazione: “Riclassificando le Content delivery network (Cdn) come reti di comunicazione elettronica, l’Agcom le sottopone a un meccanismo di risoluzione delle controversie già esistente ai sensi della legge italiana. Ciò fornisce ai grandi operatori di telecomunicazioni un potente strumento per esigere pagamenti dalle Cdn e dai fornitori di contenuti, spingendoli a stipulare accordi a pagamento”.
Rischio peering a pagamento per le Cdn
Lo studio Plum afferma che questo modello porterà inevitabilmente a tariffe di rete su scala europea: innescando ripetute controversie con Cdn e fornitori di contenuti e applicazioni (Cap), le grandi telco creerebbero precedenti legali per accordi di peering a pagamento.
“Lungi dal risolvere un percepito fallimento del mercato, la risoluzione obbligatoria delle controversie integrerebbe le tariffe di rete nel diritto dell’Ue attraverso il Digital networks act (Dna)”, sostiene Ccia. “Ciò distorcerebbe un mercato già altamente funzionale, con meno di una dozzina di controversie nell’ultimo decennio. E quindi, il Dna smantellerebbe l’attuale modello Internet, in cui quasi il 100% del peering è gratuito”.
Tariffe di rete “passo falso dell’Italia“
“Quello che sta accadendo in Italia è il primo atto di un’opera che potrebbe presto estendersi a tutta l’Ue”, ha affermato Maria Teresa Stecher, Policy Manager di Ccia Europe. “Per mesi abbiamo sentito dalla Commissione europea che le tariffe di rete sono fuori discussione. Eppure la risoluzione obbligatoria delle controversie sulla proprietà intellettuale continua a riemergere sotto nomi diversi, e l’Italia ci mostra esattamente cosa ciò significhi nella pratica”.
Stecher prosegue: “La Commissione ha una scelta chiara: seguire l’Italia lungo un percorso che distruggerebbe internet o mantenere il suo impegno per un’economia digitale aperta. Esortiamo i responsabili politici dell’Ue a imparare dal passo falso dell’Italia e a garantire che il Digital networks act non includa alcun meccanismo che possa essere utilizzato per imporre tariffe di rete, direttamente o indirettamente”.
La delibera Agcom sulle Content delivery network (Cdn)
La delibera (207/25/Cons), approvata il 30 luglio con il voto contrario della commissaria Giomi, ha dato il via libera agli esiti della consultazione pubblica sulla ricognizione delle condizioni di applicabilità del regime di autorizzazione generale previsto dal Codice delle comunicazioni elettroniche alle Content delivery network (Cdn) per la distribuzione dei contenuti via Internet.
Si ricostruisce quindi il quadro normativo vigente nonché le modalità di distribuzione del traffico attraverso le diverse tipologie di Cdn, evidenziando le principali relazioni tra i Content and application provider, i Cdn provider e gli operatori di comunicazione elettronica, volte a ottimizzare la distribuzione dei contenuti. Tali relazioni assumono particolare rilevanza nel caso delle applicazioni che comportano un elevato carico di traffico simultaneo sulle reti, come nel caso del live streaming.
Per Asstel-Assotelecomunicazioni, la direzione intrapresa è quella giusta: “Asstel ritiene che la decisione dell’Autorità vada nella giusta direzione di costruire una necessaria parità di condizioni regolamentari tra tutti gli attori dell’ecosistema digitale, ed eliminare le asimmetrie a sfavore delle imprese Tlc, in linea, anche, con gli obiettivi indicati nel Libro Bianco della Commissione europea per lo sviluppo delle infrastrutture digitali europee. Includere le Cdn nell’ambito della disciplina autorizzatoria del Codice delle comunicazioni elettroniche risponde a un approccio proporzionato e identifica un requisito minimo utile anche ai fini dell’ottimale applicazione, nell’ordinamento nazionale, del Digital services act”.