Il 5G Standalone (SA) non è un semplice aggiornamento tecnologico, ma un cambio di paradigma. È una rete capace di garantire latenza minima, maggiore capacità in uplink e servizi personalizzati per industria, sanità, logistica, energia e trasporti. Andrea Missori, Presidente e Ad di Ericsson Italia, spiega come questa evoluzione può diventare una leva di competitività per il Paese e un’occasione per costruire un nuovo ecosistema digitale sostenibile e inclusivo.
Missori, il lancio del 5G Standalone rappresenta un passo decisivo per l’Italia verso una rete programmabile e ad alte prestazioni. Quali saranno gli impatti più immediati in termini di competitività industriale e attrazione di investimenti per il Paese?
Il 5G Standalone (SA) rappresenta, di fatto, l’arrivo del vero 5G in Italia. Per anni abbiamo parlato di questa tecnologia, ma senza aver completato il salto tecnologico. Ora si realizza finalmente la promessa fatta tempo fa: portare una rete realmente diversa e più evoluta rispetto al 4G. Il 5G SA consente di passare da un modello di rete “best effort”, cioè uguale per tutti, a un modello “sartoriale”, capace di adattarsi alle esigenze specifiche di ciascun servizio. Non si parla più soltanto di downlink, ma di bassa latenza, uplink potenziato, gestione dinamica degli oggetti in movimento, geolocalizzazione precisa, resilienza e sicurezza. Tutto questo apre la strada a nuovi scenari produttivi e industriali. Per il sistema Paese significa colmare il gap tecnologico che separa oggi l’Europa, e in particolare l’Italia, da Stati Uniti e Asia, dove queste reti sono già operative. Recuperare terreno è essenziale per consentire alle imprese italiane di accedere a servizi innovativi e di trasformarli in vantaggi competitivi concreti.
Una capacità, quella del 5G SA, che va ben oltre la semplice connettività…
Il 5G è una piattaforma industriale, non una semplice rete mobile. Abilita ecosistemi che spaziano dalle ferrovie alla logistica, dalla pubblica sicurezza ai porti, fino all’industria 4.0 e al mondo consumer con gaming, streaming, applicazioni immersive e banda larga mobile. Costruire questi ecosistemi in Italia, anziché lasciarli sviluppare altrove, è la partita chiave. Se i nostri “campioni nazionali” diventeranno più evoluti digitalmente, potranno generare valore economico, produttività e attrazione di investimenti. Il 5G, al pari di cloud e intelligenza artificiale, è una leva di competitività nazionale e va trattato come tale.
Il 5G Standalone abilita servizi avanzati come il network slicing e offre una latenza ultra-bassat, aprendo scenari per smart manufacturing, logistica, sanità e trasporti. Come state lavorando con operatori e imprese per creare un ecosistema che trasformi queste potenzialità in valore concreto per il Paese?
Perché il 5G diventi un motore industriale servono tre pilastri: regole chiare, ecosistema collaborativo e tecnologia avanzata. Sul piano regolatorio, è necessario rendere più semplice “fare le cose” nel Paese. Alcune regole, come la net neutrality così com’è oggi, rischiano di frenare l’innovazione. Andrebbe aggiornata per permettere la differenziazione dei servizi, così da incentivare investimenti mirati. Lo stesso vale per il tema delle frequenze: in Italia sono state pagate più che altrove. Ora è il momento di spostare l’attenzione con meccanismi che premiano gli sinvestimenti in tecnologia, che sono quelli che realmente abilitano competitività e nuovi servizi. Sul piano industriale, il 5G SA non è più una partita che giocano solo gli operatori o i vendor tecnologici. È una partita di sistema, che coinvolge imprese, istituzioni, università e pubblica amministrazione. Ericsson, grazie alla sua presenza globale, porta in Italia esperienze internazionali – successi e anche fallimenti – per accelerare l’apprendimento e ridurre il rischio. Collaboriamo con tutti i principali operatori (TIM, Fastweb + Vodafone, WindTre, Iliad) e con grandi imprese come Ferrovie dello Stato, Leonardo, e in contesti come Milano-Cortina 2026, per individuare use case realmente monetizzabili. Il 5G deve produrre valore economico, non essere solo un esercizio tecnologico. Oggi in Italia il costo della connettività è talmente basso da risultare insostenibile. Serve un modello in cui gli investimenti vengano remunerati attraverso i servizi, riconoscendo il valore aggiunto che la rete è in grado di generare.
Ma gli operatori sono pronti?
Questo riguarda il terzo fronte, quello tecnologico: gli operatori devono completare il salto e lanciare il 5G SA. Nel mondo ci sono oltre 80 reti già attive e circa 160 in arrivo: l’Italia deve accelerare. È necessario investire nella sulle bande medie e in una Core Network 5G, per abilitare capacità, efficienza e intelligenza di rete. Solo così si possono creare slice dedicate e servizi “tailor -made” per ogni settore. Per esempio, seguire un treno che viaggia a 300 km/h richiede una rete capace di gestire oggetti in movimento; per i servizi di emergenza serve priorità di connettività e non solo larghezza di banda; per il gaming e la realtà virtuale è indispensabile una latenza bassissima che permetta interazioni in tempo reale. Inoltre, dobbiamo integrare nella rete automazione e intelligenza artificiale. Il 5G SA è il primo passo verso una rete cognitiva, capace di adattarsi dinamicamente a ogni esigenza industriale.
A livello mondiale stiamo assistendo a un incremento esponenziale del traffico uplink generato non solo dagli utenti, ma anche da robot, sensori e agenti AI. Ericsson sta adattando la propria visione tecnologica a questa nuova realtà, dove la capacità di inviare dati diventa strategica quanto quella di riceverli?
È un cambiamento profondo, che non appartiene al “dopodomani”, ma al “domani”. Ericsson lavora per anticipare la direzione che la tecnologia prenderà nei prossimi anni. Nei Paesi dove il 5G SA è operativo da tempo si vedono use case prima impensabili. A San Francisco, ad esempio, si può già prendere un taxi a guida autonoma: il veicolo utilizza videocamere a 360° che inviano in tempo reale immagini alla rete, le quali vengono elaborate da algoritmi di intelligenza artificiale e restituiscono le istruzioni al mezzo in pochi millisecondi. Tutto questo è possibile solo grazie alla bassa latenza e alla computazione distribuita. Lo stesso vale per i robot umanoidi sviluppati da aziende come Tesla o Neo, dotati di videocamere e sensori che generano enormi quantità di dati in uplink per ricevere comandi in tempo reale. Anche nel mondo consumer, i nuovi visori di realtà aumentata e mista producono flussi continui di dati bidirezionali. L’intelligenza artificiale distribuita farà sì che ogni dispositivo — smartphone, auto, robot, sensore — diventi un nodo intelligente della rete. Ciò comporterà una crescita “spaventosa” del traffico in uplink, molto superiore a quello in downlink. Le nostre reti non sono ancora pronte per questo scenario: sarà necessario ripensare l’architettura, investire in nuove capacità e soprattutto monetizzare queste esigenze. Chi richiede più uplink dovrà pagare per un servizio con caratteristiche diverse, più performanti e affidabili.
In questo contesto che ruolo svolgono le API?
Le API di rete aperte rappresentano una leva strategica. Consentiranno a sviluppatori, aziende e provider di accedere direttamente alle funzioni avanzate della rete — latenza, localizzazione, priorità del traffico — trasformando un’infrastruttura locale in un ecosistema globale. Attraverso la piattaforma Aduna, Ericsson lavora con gli operatori per federare le capacità delle reti mobili a livello mondiale, rendendo possibile la nascita di un mercato globale dei servizi di rete intelligenti, in cui le caratteristiche del 5G possano essere condivise e utilizzate in modo uniforme da imprese e sviluppatori in tutto il mondo.
Con l’arrivo di reti sempre più autonome e intelligenti, basate su intelligenza artificiale e automazione, quale sarà il ruolo di Ericsson nel garantire che questa trasformazione avvenga in modo sostenibile, sia dal punto di vista ambientale sia economico?
La sostenibilità per Ericsson non è un tema nuovo: fa parte del nostro DNA da sempre. Sul piano ambientale, lavoriamo da anni al programma Breaking the Energy Curve, che punta a ridurre drasticamente i consumi energetici grazie al 5G. Le nostre stazioni radio di nuova generazione consumano fino a dieci volte meno energia rispetto al 4G, a parità di dati trasmessi. Questo si traduce in minori emissioni, maggiore efficienza operativa e risparmio economico per gli operatori. In un momento storico in cui il costo dell’energia è altissimo, questa efficienza diventa un fattore competitivo essenziale. Il nostro obiettivo è diventare un’azienda net-zero in tutta la sua value chain entro il 2040 contribuento agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, e guidare l’intera filiera verso modelli produttivi più sostenibili.
E per la sostenibilità economica?
Se il traffico cresce ma il valore rimane nullo, il sistema non regge. Le telecomunicazioni sono forse l’unico settore che non cresce con l’inflazione: tutti accettano di pagare di più se passano da 3 a 6 kW di potenza elettrica, ma non se aumentano da 50 a 200 GB di traffico dati. È una contraddizione che va superata. Il 5G può e deve essere l’occasione per riscrivere le regole del gioco: offrire servizi nuovi, più avanzati, che riconoscano il valore dell’investimento tecnologico e premino chi porta innovazione e sostenibilità. Solo così l’intero ecosistema potrà essere realmente sostenibile — dal punto di vista ambientale, economico e industriale — e contribuire alla crescita del Paese in modo duraturo.



































































