L'EMERGENZA

Crisi dei chip: 14 milioni di veicoli in meno nei prossimi 3 anni. Tagli produttivi per tutti i big

Previsioni nere dall’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana, nonostante la filiera si attenda una ripresa. E il sottosegretario Della Vedova chiede autonomia strategica a livello Ue, ma senza protezionismi

Pubblicato il 22 Ott 2021

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Oltre 14 milioni di veicoli: 4,5 milioni quest’anno, 8,5 milioni nel 2022 con una coda di 1 milione nel 2023. A tanto gli analisti prevedono ammonterà il calo produttivo dell’automotive nei prossimi tre anni a causa della carenza dei semiconduttori. Il dato è emerso durante la presentazione dell’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana, indagine realizzata dalla Camera di commercio di Torino, dall’Anfia e dal Center for automotive and mobility innovation del Dipartimento di management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Secondo il report, le imprese della componentistica – 2.203 con sede legale in Italia, un fatturato 2020 in calo a 44,8 miliardi di euro a causa dell’epidemia, e 161.400 dipendenti – temono anche l’aumento dei prezzi delle materie prime (65,8%) e il rallentamento del quadro economico in Europa (62,7%). Tuttavia, la filiera si attende un anno di ripresa: oltre i due terzi delle imprese prevedono una crescita del fatturato, più del 55% aumenti di ordinativi interni, esportazioni e occupazione. Intanto quasi un’impresa su due si posiziona verso powertrain elettrici e ibridi.

“Lo shortage dei semiconduttori, che ha causato ritardi nella catena di fornitura e nelle consegne delle nuove auto, perdite produttive nonché aggravi dei costi, è destinato a normalizzarsi solo nel 2023, mettendo sotto i riflettori una dipendenza dai Paesi asiatici da cui la filiera europea dovrà cercare di affrancarsi – afferma Marco Stella, presidente del Gruppo Componenti Anfia -. Di fronte a queste sfide, è indispensabile che le istituzioni europee e italiane studino un percorso di accompagnamento della filiera automotive alla riconversione produttiva – con particolare riguardo verso la componentistica e le sue pmi”.

Tagli produttivi davanti alla crisi dei componenti

Il mercato dell’auto, intanto, resta costellato da notizie difficili: il gruppo Renault fa sapere di prevedere una perdita di produzione di “quasi 500.000 veicoli nel corso dell’anno” a causa proprio della crisi dei componenti, in particolare dei semiconduttori. Il gruppo ha comunque confermato la sua previsione di raggiungere un tasso di margine operativo per l’intero anno, al 2,8% del fatturato.

Altre longitudini, stessi trend: il quotidiano giapponese Nikkei ha riportato oggi indiscrezioni secondo cui Nissan Motor taglierà la produzione globale pianificata per i mesi di ottobre e novembre del 30%; che Honda Motor prevede di tagliare l’output del 10%, all’inizio di novembre, a ciascuno dei suoi impianti di assemblaggio dei veicoli situati in Giappone, e che Toyota Motor pianifica una riduzione della sua produzione globale di auto del 15% nel mese di novembre.

Della Vedova: “Autonomia rispetto alle filiere di approvvigionamento decisive”

Sul problema delle carenze di forniture, e in particolare di semiconduttori, si è soffermato anche il sottosegretario al Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Benedetto della Vedova, intervenendo al convegno per i 75 anni di Aice, l’associazione italiana per il commercio estero in corso a Milano. Della Vedova ha puntualizzato che “occorre un’autonomia strategica europea rispetto alle filiere degli approvvigionamenti strategici ed evitare l’idea di un ritorno al protezionismo”:  “Abbiamo recuperato una posizione sull’estero migliore di quella che avevamo nel 2019 – ha spiegato – ma ci sono delle criticità che riguardano la catena degli approvvigionamenti: c’è il tema dei semiconduttori: occorre impegnarsi su un’autonomia strategica europea che deve essere autonomia anche rispetto alle filiere di approvvigionamenti decivise”.

Della Vedova ha poi accennato alla necessità di evitare “un ritorno al protezionismo: nessuno vuole che siano i filibustieri a prevalere, è decisivo però in ambito europeo mantenere la barra dritta su una globalizzazione regolata e il rifiuto di un ritorno al protezionismo perché  l’Italia pagherebbe il costo maggiore”.

Intel: ricavi in rialzo, ma sotto le stime

Quanto, infine, ai principali protagonisti del comparto, arrivano i dati trimestrali di Intel, che rivelano un andamento sotto le attese con titolo in calo del 6% nell’afterhours (+1,14% ieri a Wall Street). La società tech, nei tre mesi a settembre, ha registrato un utile per azione di 1,71 dollari, contro stime per 1,11 dollari, ma i ricavi adjusted sono stati di 18,1 miliardi, contro attese per 18,24 miliardi. Ricavi in rialzo del 4,9% rispetto a un anno prima a 19,2 miliardi di dollari, per un utile netto di 6,8 miliardi. Sotto le stime anche i ricavi per il Data center group, 6,50 miliardi, in rialzo del 10% rispetto a un anno prima, contro stime per 6,65 miliardi. Soprattutto, ha pesato il calo del 2% a 9,7 miliardi di dollari del suo maggior segmento, il client computing, che include i processori per i personal computer.

Nell’ultimo anno, le vendite dei computer sono andate bene anche grazie alla pandemia, che ha costretto le persone a lavorare da casa, con conseguente richiesta di nuovi laptop e desktop. Intel ha dato la colpa al calo delle vendite proprio alla carenza di chip. Intel sta affrontando un periodo di grosse spese capitali: 20 miliardi, quest’anno, che serviranno, tra le altre cose, per la costruzione di una nuova fabbrica di semiconduttori in Arizona, negli Stati Uniti. Il margine lordo è stato del 56% e nel quarto trimestre è previsto in calo al 51,4%. A proposito del quarto trimestre, Intel prevede un eps adjusted di 90 centesimi su ricavi di 19,2 miliardi, contro i 19,4 miliardi attesi dagli esperti. Per l’anno, prevede un eps di 4,50 dollari, sotto le attese per 4,79 dollari, un eps adjusted di 5,28 dollari e ricavi per 77,7 miliardi di dollari, contro attese per 73,59 miliardi.

 

 

 

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