LO STUDIO

Pmi alla prova post Covid-19: solo 3 su 10 pronte al salto nell’innovazione

Secondo un report Intesa Sanpaolo-Piccola Industria Confindustria-Deloitte, internazionalizzazione e rimodulazione dell’offerta saranno le chiavi di volta. Ma il gap di competenze resta profondo. Partnership e collaborazioni la leva per accelerare

Pubblicato il 07 Ott 2020

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Lo shock Covid detta la nuova agenda alle Pmi italiane. Il 60% si dichiara propensa ad investire in innovazione, il 90% punta a una crescita dimensionale, il 50% sull’espansione geografica. Emerge dall’indagine “I bisogni delle PMI post-Covid” condotta da Intesa Sanpaolo in collaborazione con Piccola Industria Confindustria, Monitor Deloitte e Deloitte Private, che identifica nella capacità di innovazione, espansione geografica e crescita dimensionale le principali direttrici per la ripresa delle aziende nazionali a seguito dell’emergenza sanitaria.

Dallo studio emerge come il segmento delle Pmi mostri un’elevata propensione al cambiamento pur essendo stato il più colpito dalla pandemia con il 90% delle aziende che dichiara di aver subito rallentamenti o sospensioni delle attività produttive al termine della fase 1 e il 70% delle imprese che si trovava in difficoltà finanziarie.

Obiettivi delle Pmi

Nel dettaglio, 6 aziende su 10 dichiarano di dover rimodulare la propria offerta sul mercato e adeguare il proprio modello operativo, 1 azienda su 2 intende puntare sull’internazionalizzazione per ampliare la copertura geografica e avviare percorsi di ingresso nei mercati esteri di maggiore interesse, più di 9 aziende su 10 riconoscono la necessità di rafforzare la componente patrimoniale, ribilanciando la propria esposizione verso terzi ma anche attraverso operazioni di finanza straordinaria. Per finire, 1 azienda su 4 ha già avviato la riconversione delle proprie linee di produzione per prodotti oggi considerati strategici (dispositivi di protezione individuale).

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Integrare il gap di competenze

La ricerca prosegue mettendo in luce come, in un contesto di profonda trasformazione, le Pmi abbiano bisogno di pianificazione strutturata e partner consolidati che siano in grado di integrare il gap di competenze specifiche nella gestione del new-normal.

“La nostra attività come Piccola Industria Confindustria si concentra nel supportare le Pmi in preparazione all’incertezza – dice Carlo Robiglio, presidente di Piccola Industria Confindustria -. Da imprenditori sappiamo che non siamo nella Fortezza Bastiani di Buzzati, che l’evento ostile arriva e a volte può decidere il destino di un’impresa, specie se piccola. Oggi siamo convinti che digitale, green, resilienza e business continuity siano le principali sfide che abbiamo davanti. A questo si accompagna il rafforzamento patrimoniale dell’impresa, elementi capaci di portare a una crescita sostenibile e strutturata. Per farlo occorre passare dalla cultura dell’emergenza a quella della prevenzione, oltre che comprendere che il digitale è ormai una condizione per esistere”.

“Come le precedenti crisi insegnano, per affrontare con successo una situazione emergenziale e di forte volatilità serve una chiara visione strategica combinata ad un piano di medio-lungo termine definito valutando le alternative strategiche perseguibili – dice Manuel Pincetti, partner Monitor Deloitte responsabile per i servizi di Strategic Transformation & Growth di Deloitte in Italia -. In un contesto di incertezza, pianificare ed analizzare i possibili scenari che si prospettano consente di determinare dove giocare e come vincere nel mercato, gestendo la “paura dell’ignoto” ed evitando il rischio di immobilismo che darebbe origine ad un “circolo vizioso” da cui difficilmente si potrebbe uscire”.

Dalla ricerca, spiega Pincetti, “emerge tuttavia nel segmento Pmi ancora un gap: solo 3 aziende su 10 si stanno attrezzando in tal senso, preparandosi ad affrontare la ripresa con piani di rilancio strutturati”.

Cercasi partner per la trasformazione

Si rafforza, quindi, la necessità di trovare i giusti partner con cui avviare il percorso di trasformazione: più di 1 azienda su 2 richiederebbe un supporto diretto alle istituzioni bancarie su ambiti non solo finanziari ma anche operativi.

In questo quadro, fa sapere una nota, “si inserisce e prosegue lo storico impegno di Intesa Sanpaolo a sostegno delle piccole e medie imprese, affiancandole nei percorsi di crescita e internazionalizzazione anche attraverso la sua rete estera capillare in circa 40 paesi costituita da filiali, uffici di rappresentanza e banche controllate”.

“L’emergenza sanitaria e le sue conseguenze sulle attività produttive hanno imposto al sistema delle Pmi di rimodulare i propri modelli di business in un contesto di incertezza – dice Anna Roscio, responsabile Direzione Sales & Marketing Imprese Intesa Sanpaolo -. Ciò nonostante nel primo semestre di quest’anno, con grande impegno e vicinanza a circa un milione di imprese e microimprese nostre clienti, di cui circa 250mila Pmi, abbiamo riportato in bonis circa 4.300 aziende italiane. L’iniziativa presentata oggi è un passo ulteriore verso le imprese che fanno rete per fornire loro gli strumenti utili, anche oltre il credito, per favorire la ripresa e la crescita su nuovi mercati. Come Gruppo, siamo fortemente impegnati ad accelerare la transizione verso la sostenibilità e l’internazionalizzazione, stimolando una nuova cultura d’impresa attraverso webinar e anche investimenti favoriti dal meccanismo del nuovo credito d’imposta”.

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