IL REPORT

La sanità nel mirino del cybercrime: danni fino a 7,3 milioni in un colpo solo

Secondo le rilevazioni del Ponemon Institute è il settore più esposto e quello in cui i costi di ripristino dell’operatività sono fra i più elevati in assoluto. Ma non è solo “colpa” degli hacker: il 23% delle disfunzioni causato da errori umani

Pubblicato il 25 Set 2020

Antonio Dini

CORONAVIRUS

Le violazioni dei dati nel settore sanitario costano più care che nel resto dei settori industriali. Secondo i risultati del report Cost of a Data Breach Report 2020 commissionato da Ibm al Ponemon Institute il costo medio di un data breach nel settore Healthcare nel 2020 è arrivato a costare 7,13 milioni di dollari all’azienda violata. È circa l’84% in più rispetto alla media mondiale per questo tipo di violazioni, pari a 3,86 milioni di dollari.

Negli ultimi anni il fenomeno dei data breach è aumentato in maniera notevole. E adesso, con milioni di persone che lavorano da casa a causa del coronavirus e utilizzano sistemi di videoconferenza e applicazioni cloud, il rischio è diventato molto più alto, aumentando il numero di attacchi tentati e quelli di successo.  Secondo il Ponemon Institute il settore della sanità ha anche un altro record: è quello in cui ci vuole più tempo per scoprire che c’è stata una violazione. Se in media in 17 settori ci vogliono 254 giorni e i costi si attestano sui 6,39 milioni di dollari, nel settore sanitario occorrono 329 giorni.

Da un punto di vista geografico, il costo negli Usa è di circa 8,64 milioni (+5,5% anno su anno). In generale il costo medio in sette anni è aumentato del 60%. Il costo maggiore per i data breach aziendali in Europa è in Germania, che è comunque in calo del 7% anno su anno. Il 52% dei data breach è causato da attacchi volontari di hacker o malintenzionati, mentre il 23% è causato da errori umani e il 25% da un mix delle due cause. Il 20% circa delle aziende analizzate sono state vittima di un data breach.

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