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5G, Agcom approva il piano frequenze: “Ma ora intervenga il legislatore”

Approvato dal Consiglio il nuovo assetto dello spettro radio in vista delle grandi manovre per far posto al nuovo standard. Due nodi potrebbero però cambiare il quadro: la stessa authority segnala al governo “criticità”, Nicita: “Serve intervento legislativo”. Mentre le emittenti affilano le armi per impugnare la delibera. Nel mirino la norma che assegna un terzo delle frequenze alle Tv locali. L’asta di autunno varrà sempre 2,5 miliardi?

Pubblicato il 27 Giu 2018

R. C.

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Ancora uno step verso il 5G. Ma è uno step che potrebbe rivelarsi carico di rischi per temistica e incassi. Il Consiglio Agcom ha approvato oggi il piano nazionale frequenze (Pnaf 2018), secondo quanto è stato stabilito dalla Legge di Bilancio 2018: passo decisivo in vista della gara che dovrà fruttare allo Stato almeno 2,5 miliardi. Due però gli elementi critici in ballo: gli avvocati dei broadcaster italiani – in prima linea Mediaset e le TV di Cairo oltre a raggruppamenti di locali – stanno preparandosi a impugnare il documento che sarà reso noto la settimana prossima. E ancora, la stessa Agcom si premunisce di mettere sul tavolo le “criticità riscontrate sull’attuazione della legge di bilancio”: parallelamente all’approvazione del Pnaf ha inviato una “segnalazione al governo”.

“Il Piano – si legge nella nota di Agcom – prevede 15 nuove reti digitali terrestri in tecnologia Dvb-T2, così ripartite: 10 reti nazionali in banda UHF, 4 reti locali in banda UHF e una rete su base regionale in banda III VHF destinata, secondo la normativa vigente, alla trasmissione di programmi televisivi in ambito locale nonché di programmi di servizio pubblico contenenti l’informazione a livello regionale”.

Le “criticità” fanno perno sulla riduzione delle frequenze a disposizione delle emittenti televisive, necessaria per far posto al 5G, in particolare sulla fascia 470-694 Mhz dello spettro radio (la banda 700 Mhz). Qui i broadcaster dovranno “stringersi” abbandonando entro il 2022 circa la metà dei multiplex che avevano a disposizione per spostarsi sulla banda “sub-700”. Percorso complicato al termine del quale le emittenti potranno contare solo su una parte delle “vecchie” frequenze (alcune andranno condivise).

L’operazione “dimagrimento frequenze” non va giù ai broadcaster italiani. Nel mirino ora potrebbe finire la norma italiana in base alla quale un terzo delle frequenze complessive devono essere riservate alle Tv locali: uno spazio prezioso che, con un’adeguata “rottamazione” della norma, potrebbe ipoteticamente essere “ridistribuito” a Mediaset, Cairo e Rai. Certo, un’operazione non a costo zero che sottrarrebbe risorse al Paese nonché all’atteso “incasso” dell’asta.

“L’attuale ripartizione del piano tra reti nazionali e reti locali è il risultato dell’applicazione della riserva di un terzo dello spettro alle emittenti locali – spiega il Commissario Antonio Nicita -, un vincolo normativo che non è il risultato di un’analisi di effettivo fabbisogno e che potrebbe quindi inficiare l’allocazione efficiente dello spettro nel nuovo contesto di refarming”.

E’ per questo che l’Autorità, “contestualmente all’approvazione del Piano – dice il Commissario – ha segnalato oggi a Governo e Parlamento le possibili distorsioni derivanti dall’attuale quadro normativo e la necessità di superarlo in tempi rapidi per consentire una revisione del Piano che tenga conto di effettivi fabbisogni in vista di un’allocazione efficiente delle risorse spettrali”.

“Analoghe criticità – prosegue Nicita – sono state riscontrate in relazione ai criteri di conversione. Un pronto intervento legislativo potrà permettere il superamento di queste criticità con una conseguente ridefinizione della tempistica dei vari adempimenti da parte di Agcom e Mise, pur nel rispetto dei tempi complessivi previsti dalla Legge di Bilancio 2018 per la liberazione e riassegnazione delle risorse spettrali”.

Secondo la Legge di Bilancio la partita finale si giocherà alla fine dell’estate, quando il ministero dello Sviluppo darà il via alle procedure di gara per le assegnazioni delle licenze. Le frequenze che andranno a gara sono state identificate seguendo le indicazioni della Commissione Ue (“5G Action Plan”): saranno infatti assegnati i lotti di frequenze inclusi nelle cosiddette bande pioniere: le bande a 700 MHz, 3.400–3.800 MHz e 24,5–27,5 GHz. Lo Stato prevede di incassare almeno 2,4 miliardi: i primi 1,25 dovranno essere versati subito dopo la gara, entro il 31 dicembre 2018.

L’approvazione del piano si inserisce nel processo disciplinato e scadenzato dalla Legge di Bilancio che, nel quadriennio 2018-2022, porterà a riassegnare le frequenze della banda 700 MHz, attualmente in uso per il servizio broadcasting, ai sistemi terrestri in grado di fornire servizi di comunicazione elettronica in banda larga senza fili (5G). In questa prospettiva il Consiglio ha ritenuto poi di rivolgere, ai sensi dell’art. 1, comma 6, lettera c), n.1, della legge 31 luglio 1997, n.249, una segnalazione al Governo finalizzata a rappresentare alcuni elementi di criticità connessi all’applicazione delle disposizioni della Legge di Bilancio, emersi nel corso degli approfondimenti istruttori condotti dall’Autorità anche ai fini dell’approvazione del PNAF 2018.

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