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Abeltino: “Copyright, follow-the-money contro l’illegalità”

La responsabile Relazioni Istituzionali e Affari Regolamentari di Google Italy spiega le straRifiutare di collocare pubblicità sui siti pirata

Pubblicato il 18 Giu 2013

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“Tutela del copyright online e Internet non sono in antitesi, al contrario sono due facce della stessa medaglia e possono agire in sinergia”: ne è convinta Giorgia Abeltino, responsabile Relazioni Istituzionali e Affari Regolamentari di Google Italy.
Come può lo sviluppo di Internet diventare un alleato nella lotta alla pirateria?
Essenzialmente in due modi. Innanzitutto sviluppando l’offerta legale online. In Svezia, Paese considerato più tollerante in tema di pirateria – basti pensare che ha dato i natali al famigerato sito illegale di file-sharing PirateBay -, si è verificato un calo del 25% di questo tipo di attività nel corso di 2 anni quando ha cominciato a svilupparsi l’offerta legale, per esempio con il servizio di musica digitale Spotify. Offerta legale e pirateria sono inversamente proporzionali. L’altro modo di incrementare l’offerta legale avviene attraverso risposte di tipo tecnologico. Per esempio Google ha introdotto già dal 2006 Content-Id, strumento per la tutela del copyright su YouTube sul quale ha investito oltre 30 milioni di dollari.
Come funziona esattamente questa tecnologia?
È una tecnologia di identificazione del contenuto caricato dagli utenti. Il titolare dei diritti fornisce una copia criptata; ogni volta che un utente prova a caricare quello stesso contenuto, scatta il confronto automatico tra le due versioni. A quel punto YouTube chiede al content-owner se intende bloccare l’inserimento del contenuto caricato o preferisce lasciarlo online sfruttando la possibilità di monetizzarlo, ovvero consentendo che vi appaia la pubblicità. I ricavi pubblicitari vengono poi distribuiti con un sistema di revenue-share che vede parte della quota andare al content-owner e il resto a YouTube. A livello mondiale i partner di Content-Id sono oltre 4000, in Italia sono i principali broadcaster, le principali case discografiche, case di produzione indipendenti e altri ancora. A nostro parere è un utilizzo virtuoso dei contenuti online e un chiaro esempio di sinergia.
E cosa fare quando scatta la violazione? Le azioni devono concentrarsi maggiormente sulle grandi piattaforme responsabili di massicce violazioni, sugli end-user o su entrambi?
È ampiamente riconosciuto che l’approccio verso gli end-user non è particolarmente virtuoso, anche perché, come ha riconosciuto la stessa Corte costituzionale francese, ha un impatto molto forte sulle libertà personali. Ci si deve concentrare piuttosto sulle società e sui soggetti che ricavano proventi dall’attività di pirateria. Un approccio innovativo efficace è il cosiddetto ‘follow the money’, che mira a chiudere il rubinetto dei flussi di ricavi alle piattaforme illegali e richiede lo sforzo collaborativo di piattaforme di advertising come Google, così come delle società di carte di credito. In pratica si strangola il mercato illegale rifiutando di collocare pubblicità sui siti pirata. Nel Regno Unito lo stanno sviluppando con efficacia, è un impegno di autoregolamentazione del mercato.
Eppure molti accusano gli Ott di favorire indirettamente le violazioni di copyright. Qual è il suo parere a proposito?
Google non solo rispetta il copyright ma investe massicciamente in strumenti tecnologici che contribuiscono a questo obiettivo come il già citato Content-Id, mentre sul motore di ricerca, solo nel 2012, abbiamo chiuso più di 82.000 account AdWords che cercavano di pubblicizzare merci contraffatte.

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